Territorio che si spopola: la sfida politica dei candidati alle regionali contro l’abbandono dei paesi

La chiusura progressiva delle filiali bancarie e delle attività commerciali e artigianali nelle aree interne e nei piccoli comuni italiani non è solo una questione economica, ma il sintomo di un Paese che abbandona lentamente le sue parti più fragili e marginali. La cosiddetta “desertificazione bancaria” e quella delle attività è ormai un fenomeno strutturale, come certificano diversi studi e convegni condotti da organizzazioni sindacali del settore, tra cui la Uilca, la prima a sottolineare il problema con una campagna a livello nazionale, che da tempo lancia l’allarme su una situazione sempre più preoccupante.
Negli ultimi anni, migliaia di sportelli hanno abbassato le saracinesche in nome della digitalizzazione e della razionalizzazione dei costi. Tuttavia, dietro le cifre fredde delle statistiche ci sono persone, famiglie e intere comunità che perdono un punto di riferimento essenziale. Per molti cittadini anziani o residenti in zone rurali e montane, la filiale bancaria non era solo un luogo dove ritirare contanti o pagare bollette, ma un presidio di fiducia, un legame diretto con le istituzioni, un segno concreto della presenza dello Stato.
Oggi, invece, ampie aree del Paese sono costrette a fare decine di chilometri per accedere a un servizio bancario di base. Una condizione che penalizza non solo i cittadini, ma anche le piccole imprese, gli artigiani e gli agricoltori, ossatura economica dei territori interni. La mancanza di servizi finanziari di prossimità accentua il divario tra l’Italia dei grandi centri urbani e quella delle aree periferiche, alimentando lo spopolamento e la perdita di vitalità economica e sociale. Dove chiude la banca, spesso chiude anche il negozio, il bar, l’ufficio postale, e alla fine se ne vanno i giovani.
La politica non può restare indifferente di fronte a questo scenario. È necessario che le istituzioni elaborino strategie concrete per invertire la rotta, con politiche di riequilibrio territoriale e incentivi che favoriscano la presenza di sportelli anche nei comuni più piccoli. Allo stesso tempo, va promosso lo sviluppo di modelli alternativi, come le banche di comunità o i servizi mobili, capaci di garantire l’accesso ai servizi finanziari anche dove il mercato tradizionale non trova convenienza.
Contrastare la desertificazione bancaria non significa opporsi al progresso tecnologico, ma governarlo in modo equo e responsabile. La digitalizzazione è una risorsa preziosa, ma non può diventare un ostacolo per chi non ha dimestichezza con la tecnologia o vive in zone dove la connessione è scarsa. Il diritto all’accesso ai servizi bancari, al credito e alla consulenza finanziaria deve essere riconosciuto come parte integrante del diritto di cittadinanza.
In vista delle prossime elezioni regionali, questo tema deve entrare con forza nelle agende programmatiche dei candidati. Le aree interne e i piccoli centri meritano risposte concrete, non slogan. La tutela dei servizi essenziali, tra cui quelli bancari, deve diventare una priorità per chi ambisce a governare le regioni italiane, perché senza una strategia di presidio territoriale il rischio è di vedere intere comunità svanire nel silenzio dell’abbandono.
La desertificazione bancaria non è un destino inevitabile, ma il risultato di scelte che possono essere corrette. È tempo che lo Stato e il sistema bancario si assumano la responsabilità di garantire presidi economici e sociali anche nei territori più isolati. Solo così l’Italia potrà definirsi un Paese davvero coeso, capace di prendersi cura delle sue comunità più piccole e di valorizzare le risorse umane, culturali ed economiche delle aree interne.
L.F.













