Il tuo collega incompetente ha ottenuto il lavoro che desideravi? C’è un motivo

Nel mondo del lavoro vincono i più visibili, non i più competenti: il paradosso dell’incompetenza secondo la psicologa Claire Pétin
«Mentre alcuni lavorano sodo senza cercare i riflettori, altri sanno come farsi notare, parlano più forte e si prendono i meriti… anche quando non li hanno guadagnati», scrive la nota psicologa Claire Pétin sul suo account Instagram.
Un meccanismo tanto ingiusto quanto diffuso. Nel mondo professionale, non sempre il merito viene riconosciuto: a volte sono proprio i meno preparati a ottenere promozioni e riconoscimenti, mentre i più capaci restano nell’ombra.
Perché succede questo?
Secondo Pétin, le persone competenti spesso si sottovalutano, mentre quelle meno esperte tendono a sovrastimare le proprie capacità. «Gli incompetenti si sanno vendere meglio, mentre chi ha davvero le competenze spera che il suo lavoro parli per sé», afferma.
Questa dinamica è legata a un fenomeno noto come effetto Dunning-Kruger, teorizzato da due psicologi americani e anticipato già da Charles Darwin, che osservava: «L’ignoranza genera più frequentemente fiducia in sé stessi rispetto alla conoscenza». In altre parole, meno sappiamo, più siamo convinti di sapere. È la stessa sicurezza con cui alcune persone credono di poter atterrare un aereo senza alcuna esperienza di volo.
La conseguenza è che chi ha meno competenze si impone con più sicurezza, spesso prendendosi il merito del lavoro altrui, mentre chi ha realmente padronanza di un tema è più cauto e dubitativo.
Il lavoro come regno dell’incompetenza?
C’è di più: le persone meno qualificate tendono a dire la propria anche su argomenti che non conoscono affatto. Questo atteggiamento ha un nome preciso: ultracrepidarianismo. È l’abitudine a parlare con sicurezza di ciò che non si padroneggia, creando una illusione di competenza.
Secondo la psicologa, questi individui evitano attivamente i compiti più complessi, una strategia definita incompetenza strategica, ben visibile anche nella vita privata: ad esempio, in molte coppie eterosessuali gli uomini si sottraggono alle responsabilità domestiche e organizzative, contribuendo così al carico mentale che grava sulle donne.
In ambito lavorativo, questa dinamica porta a una distorsione del merito: chi è più capace finisce per essere sovraccaricato, mentre i meno capaci mantengono un profilo alto con il minimo sforzo. Il risultato, spiega Pétin, è una vera e propria cachistocrazia: il potere dell’incompetenza.
«Le promozioni – denuncia – si basano più sulla visibilità e sul networking che sulle reali competenze. E chi arriva al vertice tende a circondarsi di persone simili».
Invertire la rotta è possibile, conclude la psicologa, ma richiede un cambio di atteggiamento:
«Chi lavora bene deve smettere di aspettare di essere notato. È tempo di valorizzare le proprie competenze, di parlare apertamente dei propri risultati. Smetti di sottovalutarti. Sei legittima, prendi il posto che ti spetta».













