$TRUMP-$MELANIA-$LIBRA Le criptovalute (truffaldine) degli autocrati

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Umberto Baldo
Secondo me uno dei mali della moderna comunicazione è quello di non andare a controllare come vanno a finire le vicende legate ad una notizia.
Il meccanismo è ormai noto e rodato. Giornali e media “sparano” una news, la rilanciano, la cavalcano il tempo che serve, e poi tutto cade nel dimenticatoio.
Si tratta di una prassi piuttosto nota ai politici, e non solo a loro, che incappano in qualche inchiesta giudiziaria.
Non per colpa dei magistrati, che per definizione dovrebbero essere imparziali e quasi asettici nelle loro decisioni, ma è innegabile che dopo il clamore dell’avviso di garanzia (trasformato dai media da strumento di tutela dell’indagato in una vera e propria gogna) l’interesse cala, e quasi nessuno si perita di andare a vedere come si sia sviluppata la vicenda processuale, che spesso si risolve in un nulla di fatto, con il totale proscioglimento dell’accusato.
E quando proprio non se ne può fare a meno, la caduta delle accuse la si relega nelle pagine interne, ovviamente senza il clamore ed i titoli riservati agli inizi della vicenda.
Detto questo, poiché a me piace invece andare a controllare come siano finite certe storie di cui vi ho riferito, oggi ritorno sull’argomento delle valute virtuali targate “Trump”.
Forse qualcuno ricorderà che lo scorso 26 gennaio scrissi un editoriale (https://www.tviweb.it/donald-e-melanie-la-prima-coppia-presidenziale-cripto/) in cui parlavo del “meme coin”, che è in realtà un token, cioè una criptovaluta ispirata a meme o tendenze popolari su Internet, spesso creata per scopi ludici o speculativi più che per avere un valore intrinseco od una tecnologia innovativa alle spalle.
E mi addentrai in questa materia perché appena eletto Donald Trump ha lanciato un “meme coin presidenziale”, denominato guarda caso “$TRUMP”, un tipo di moneta digitale che trae valore principalmente dalla popolarità del personaggio, e del fenomeno che rappresenta.
Il suo simbolo è il volto del Presidente degli Stati Uniti, il pugno alzato, e la sua invocazione «Fight, Fight, Fight» del giorno del fallito attentato contro di lui a Bethel Park, Pennsylvania, il 13 luglio scorso.
In questo caso, il “brand” Trump è stato sfruttato per creare un prodotto finanziario destinato a celebrare l’immagine del Tycoon, e a rafforzare il legame con i suoi fedelissimi, e non a caso il Tycoon la “spinse” dichiarando che “$TRUMP non è solo una criptovaluta. È un simbolo della nostra vittoria, della nostra libertà economica e del nostro futuro brillante”.
Si dice “la mamma degli stupidi è sempre incinta”, ma è anche vero che uno i propri soldi può spenderli come vuole.
E così, nell’entusiasmo del ritorno al potere del “Capo”, centinaia di migliaia di americani, dai sostenitori politici agli speculatori professionisti, gli $TRUMP li hanno sottoscritti, tanto che dai soli 18 centesimi di dollaro di valore di lancio, nel giro di poche ore la quotazione di mercato raggiunse un massimo di 75 dollari (un guadagno del 41.600%).
Ma per non essere da meno, anche Melania Trump, a pochi giorni di distanza dal marito, lanciò un suo meme-coin, denominato $STEFANIA, le cui quotazioni in poche ore schizzarono di oltre il 15mila per cento.
Questi i fatti.
Adesso la domanda è la seguente: cosa valgono adesso gli $TRUMP e gli $MELANIA?
La quotazione di $TRUMP dopo aver quasi subito raggiunto i 75 dollari a pezzo, ed una capitalizzazione di oltre 10 miliardi di dollari, è precipitata, ed ora giace sul fondo da un paio di settimane.
Ieri il valore si aggirava sui 13 dollari.
Ciò non deve meravigliare assolutamente, e alla base c’è il motivo che rende instabili e spesso fa precipitare tutte le criptovalute: non hanno valore intrinseco, non rappresentano alcuna realtà economica sottostante, non sono sostenute da alcun deposito; sono solo un segno digitale del valore che chi la compra decide di attribuirgli.
E oggi quel valore è precipitato rispetto a quello del debutto, solo un mese fa.
Va rimarcato che diversi osservatori avevano segnalatol’opacità di tutta l’operazione $TRUMP, che sembrava poco meno di una truffa, concepita a beneficiodi pochi “insider”.
Cosa che, al momento, sembra essere esattamente ciò che è accaduto.
Semplicemente perché le meme coin non sono monete, non possono essere spese in alcun modo, ed in definitiva sono più simili ad una carta Pokemon che a una banconota.
Ma se qualcuno ha perso, ed in questo caso si stima che con quella cripto siano 813.294 i “portafogli” (dunque probabilmente circa 800 mila gli investitori) che hanno cumulato perdite per 2 miliardi di dollari (gli investitori avrebbero perso 20 dollari per ogni dollaro guadagnato dagli sviluppatori), ovviamente c’è qualcuno che ci ha guadagnato.
Una parte dei guadagni è andata in primis ai più furbi ed accorti che, più rapidi, hanno monetizzato in dollari veri, dopo i primi rialzi degli $TRUMP.
Ma ad aver incassato è anche l’entità che ha messo sul mercato questa criptovaluta: la Trump Organization (di proprietà del Presidente) ed i suoi partner.
Secondo Chainalysis, a loro sarebbero andati circa 100 milioni di dollari di sole commissioni per il traffico di acquisti e vendite sull’ $TRUMP.
In parole semplici il Presidente avrebbe guadagnato decine di milioni di dollari in un mese solo per aver prestato il suo nome ed il suo volto a questa «moneta» messa in circolazione mentre giurava di servire gli americani.
Va detto a onore di cronaca che la stessa parabola del STRUMP ha avuto anche $MELANIA.
Immaginate se un qualcosa di simile fosse successo in Europa o in Italia quale vespaio politico avrebbe suscitato!
Negli Stati Uniti non è successo nulla.
Nessuna indagine sarà fatta, per il semplice motivo che “nessuno può più farne”.
Infatti il Dodd-Frank Act, approvato negli Stati Uniti dopo la crisi del 2008, che aveva creato il «Consumer financial protection bureau» (Cfpb) per proteggere le persone comuni dalle frodi finanziarie, è stato subito smantellato da Trump.
In altre parole il Cfpb era l’ente che cercava di impedire condizioni di usura sulle carte di credito, sugli scoperti bancari, o sui mutui alle persone più vulnerabili
Così dopo l’avvento di Trump il Cfpb di fatto non esiste più, caduto sotto i colpi della «motosega» di Elon Musk, dei suoi tagli di spesa.
Trump ha licenziato il suo direttore Rohit Chopra e ha nominato un «facente funzione», Russell Vought, il quale ha ordinato la chiusura dell’Agenzia e chiesto ai dipendenti di non presentarsi più al lavoro (senz’altro in attesa di licenziamento).
Pensate che quando al Congresso qualcuno ha chiesto a Jerome Powell, Presidente della Fed, chi eserciterà ora la vigilanza contro le frodi finanziarie ai danni dei consumatori, il presidente della Fed ha risposto: «Nessun altro regolatore federale».
E ciò semplicemente perché nel mondo di “King Donald” i vigilantes ed i regolatori proprio non servono.
God bless America.
Tanto per restare sul tema “scivoloso” del rapporto Leader politici-criptovalute, credo vada segnalato che il presidente argentino Javier Milei ha subito una serie di denunce per aver sostenuto sul social media X (ex Twitter) una cripto, $LIBRA, che poco dopo il lancio è crollata del 90%. Ci sarebbero perdite per quasi 300 milioni di dollari per quasi 75 mila conti.
Peraltro, $LIBRA sembra avere gli stessi architetti digitali della criptovaluta di Melania Trump (anch’essa carta straccia digitale a poche settimane dal lancio).
Quindi ragazzi, attenzione, non fatevi ammaliare dalle “lire” di certi politicanti quando inneggiano a certe criptovalute; perché siate certi che il rischio “inc…..ta” è dietro l’angolo.
Umberto Baldo













