IL VENETO si candida per le Olimpiadi: ecco l’asse con Milano

Era il 2009 quando Venezia si candidava per organizzare le Olimpiadi del 2020.
Nel progetto ci credeva l’allora sindaco della città lagunare Massimo Cacciari, ma anche la Regione Veneto guidata da Giancarlo Galan.
Posizioni politiche opposte si erano ritrovate in questa idea comune, che puntava a sfruttare un evento mondiale come i Giochi, per valorizzare ulteriormente un territorio già meta di turismo da tutto il mondo.
La sfida fu persa, perché il Coni allora guidato da Giovanni Petrucci e il mondo politico nazionale si schierarono a favore della candidatura di Roma.
Del resto l’ipotesi che a rappresentare l’Italia come Paese organizzatore sia la Capitale, inevitabilmente pone le altre proposte in secondo piano.
Così, eravamo nel maggio 2010, Roma divenne la città che si sarebbe candidata per organizzare i Giochi previsti dieci anni dopo.
Non se ne fece nulla.
Perché nel frattempo il Paese fu travolto dalla crisi economica partita nel 2008 e si avviluppò in una spirale che lo portò al limite del tracollo.
A un passo dal baratro, quando la speculazione finanziaria internazionale stava banchettando sulla credibilità del Governo guidato da Silvio Berlusconi, portando lo spread dei nostri titoli di Stato con quelli tedeschi oltre limiti sopportabili, e la situazione dei conti pubblici assunse dimensioni negative prossime a essere fuori controllo, arrivò Mario Monti.
Tutti ricordiamo la drammatica conferenza stampa in cui venne presentata agli italiani una cura pesantissima per risollevare il bilancio pubblico, con le lacrime tante volte criticate e dileggiate versate dalla ministra Elsa Fornero mentre spiegava la riforma delle pensioni, peraltro poi sempre osteggiata e demonizzata, ma ancora oggi in vigore, seppure sia in corso ora un tentativo di mitigarne gli effetti con la formula del pensionamento anticipato, che non deve però gravare sulla finanza pubblica.
Insomma, nel mezzo delle misure proposte dal Governo Monti e del suo programma, poi votati dal Parlamento, vi fu la rinuncia all’organizzazione delle Olimpiadi di Roma, quale impegno organizzativo ed economico troppo gravoso da sopportare per un Paese e un’economia al centro di una crisi devastante, che sarebbe durata anni.
Le difficoltà vissute dagli italiani, e in generale dall’Europa negli ultimi tre anni testimoniano che la decisione di Monti aveva un fondamento di verità.
Oggi però l’Italia non è più in quella condizione, l’economia continua a vedere la ripresa solo come un lontano luccichio, ma la crisi è finita e servirebbe proprio una spinta per uscire dall’attuale stato di stallo.
É chiaro a tutti che non è certo con misure sul mercato del lavoro o con la riforma della Costituzione che si può far ripartire il Paese, ma solo con un nuovo impulso in termini di investimenti pubblici e privati.
Oggi la città che più sta marciando verso una direzione di sviluppo è Milano, dove Expo ha rappresentato il culmine di un processo complessivo di diverse iniziative cittadine realizzate sotto l’amministrazione Pisapia, tra cui ad esempio la riqualificazione della Darsena, che oggi proseguono con l’amministrazione di Giuseppe Sala.
Non è un caso se oggi il capoluogo lombardo ha superato Roma per presenza di turismo di provenienza italiana e internazionale.
L’Olimpiade era quindi l’occasione per Roma di affrontare la sfida del cambiamento e della rinascita. Così, tramontato il progetto del 2020, il Coni, e questa volta anche il Governo di Renzi, avevano sostenuto la candidatura per il 2024.
Sappiamo tutti come è andata.
La vittoria di Virginia Raggi e del Movimento 5 Stelle nella corsa a sindaco della Capitale, i ritardi e le colpevoli incapacità di formare subito una squadra di assessori efficiente e credibile, una visione provinciale della politica, concentrata sulla censura etica e morale degli avversari, senza alcun progetto di ampio respiro, a lungo termine.
Tra i limiti peggiori di questa impostazione la convinzione che un evento di tale portata possa produrre corruzione e malaffare, con una logica che si adagia sulla gestione dell’ordinario per non rischiare, invece che su un’idea alta della politica, quale motore a sostegno dello sviluppo e di una rinascita, prima morale che economica.
L’Italia merita di meglio e Milano ha colto subito questa esigenza, proponendosi per sostituire Roma quale città italiana candidata a ospitare una delle prossime Olimpiadi.
Si parla naturalmente del 2028 o del 2032.
Ecco allora che dai cassetti è riemersa anche quella proposta di Venezia, nata oltre 7 anni fa, ma ancora attuale, nella sua logica di valorizzazione del territorio, del turismo e di proiettare lo sguardo oltre i nostri confini, peraltro tipica della storia della città lagunare.
Mancano 12 o 16 anni a quelle edizioni dei Giochi a cui si potrebbe ambire, ma nell’ottica di preparare una candidatura e successivamente di realizzare le opere necessarie a sostenerla il tempo non è poi molto.
Serve un po’ di coraggio, creatività e impulso politico.
Magari anche quello che potrebbe vedere unire le due proposte e avanzare una candidatura di Milano e Venezia insieme, in un connubio che potrebbe competere con qualsiasi altra proposta al mondo.













