11 Novembre 2015 - 16.55

Rossi, il biscotto ed i Ladrones spagnoli

rossi

di Marco Osti 

Alla fine è andata esattamente come Valentino Rossi se lo immaginava e molti addetti ai lavori non volevano credere che sarebbe potuto accadere.

Nel gran premio di Valencia decisivo per le sorti del Motomondiale 2015 Marc Marquez ha scortato Jorge Lorenzo fino all’arrivo e gli ha consentito di vincere il suo quinto titolo di campione del mondo, il terzo in Moto Gp, portando a termine il suo obiettivo di farlo perdere al pilota italiano.

Quando Rossi, dopo la gara in Australia dichiarò che il giovane campione uscente, non potendo vincere il campionato, stava gareggiando contro di lui e a favore di Lorenzo la maggior parte degli addetti ai lavori e del pubblico non avvalorò la sua tesi.

Poi si cominciò a guardare i tempi sul giro di Marquez e Lorenzo in Australia e qualche dubbio venne a molti.

Poi arrivò la gara in Malesia, con Marquez che si batteva allo spasimo per sorpassare Rossi e poi non lo staccava, come avrebbe potuto, ma sembrava attenderlo per farsi sorpassare nuovamente e poi poterlo risuperare.

Un gioco che portò Valentino all’esasperazione e alla ormai famosa scena in cui rallenta e porta lo spagnolo fuori traiettoria, fino alla caduta di quest’ultimo, che inizialmente sembrò dovuta a un calcio dell’italiano e poi le immagini dimostrarono che avvenne perché Marquez urtò con il casco il ginocchio di Rossi.

Dopo quella vicenda per quasi tutti ormai non esistevano dubbi sulla veridicità della teoria di Rossi, ma ancora molti rifiutavano l’idea che Marquez avrebbe lavorato per Lorenzo anche nell’ultima gara, durante la quale avrebbe avuto addosso gli occhi di tutti.

Invece il ragazzino spagnolo, imperterrito, ha perseverato nel suo intento, fino ad arrivare a lottare veramente solo per non essere superato dal compagno di squadra Pedrosa, per scongiurare qualsiasi rischio che Lorenzo potesse perdere il mondiale, che avrebbe vinto anche arrivando secondo, ma nel motociclismo il rischio è sempre dietro l’angolo e qualche evento imponderabile avrebbe potuto portare Rossi al titolo iridato.

Marquez quel rischio non ha voluto correrlo, per questo non ha mai passato Lorenzo e non ha voluto che Pedrosa gli si avvicinasse.

Questa è la storia di quello che è ormai famoso come il Biscottone spagnolo.

La storia come l’ha vista Rossi e che anche noi sosteniamo, per l’evidenza dei fatti e non per tifo cieco nei suoi confronti, considerando che in passato non sempre si è apprezzato il suo comportamento, quando fu lui troppo aggressivo, a parole e in pista, con certi avversari, però sempre suoi diretti concorrenti per una vittoria, e per quel fattaccio brutto dell’evasione fiscale, per il quale comunque ha saldato i suoi conti.

Al netto di quanto avvenuto, del tifo e dell’indignazione dei tifosi di Rossi, della soddisfazione di quelli di Lorenzo e delle difese di quelli di Marquez, compresa quella della scuderia Honda, che evidentemente ha la necessità di salvaguardare interessi economici di enorme rilievo, questa storia comunque si presta ad alcune altre valutazioni.

In primo luogo una considerazione rispetto allo stupore che molti esprimono per quanto successo.

In realtà poco c’è di strano, perché è una storia umana e di sport, che come tutte le storie umane e di sport ha le sue grandezze e le sue vergogne.

Del resto, lo sport, a qualsiasi livello, porta le persone a confrontarsi con i propri limiti e con i limiti degli altri e proprio in queste situazioni emergono e si esasperano gli aspetti umani individuali e quelli che governano i rapporti interpersonali.

In questo senso lo sport ha un carattere formativo ed educativo enorme e indispensabile, soprattutto per i più giovani, che si trovano, in ragione della competizione condotta all’interno di regole chiare e condivise, a scontrarsi con i più bravi e i meno bravi, ad avere compagni da aiutare e da cui devono essere aiutati, ad avere avversari onesti, ma magari impietosi, e altri scorretti e vendicativi.

Imparare a gestire tutte queste dinamiche, a sapere come essere di supporto e come riceverlo, come vincere senza spocchia e a perdere riconoscendo il valore degli avversari, i propri demeriti, i torti subiti e i vantaggi ricevuti aiuta a diventare persone capaci di affrontare attrezzati il mondo reale.

Solo lo sport riesce in questo senso a essere quanto di più simile alla vita di tutti i giorni, a riprodurre le logiche che regolano i rapporti sociali pubblici e privati, che si vivono nei confronti dei colleghi di lavoro, del vicino di casa o all’interno della famiglia, con i parenti più stretti e quelli più lontani.

C’è poi un aspetto umano che emerge nel comportamento di Rossi che deve fare riflettere.

Lui ha dimostrato di essere il pilota più grande, ma si è rivelato anche umanamente vulnerabile, e non è necessariamente una colpa, da parte di chi lo stava provocando.

Nel momento in cui in Malesia ha smesso di correre e ha allargato la traiettoria per guardare in faccia Marquez e dirgli di smetterla, non era il pluricampione del mondo osannato da milioni di fan, ma il Valentino di Tavullia, il ragazzo che sfida il mondo con la sua impertinenza e reagisce a quello che ritiene un sopruso protestando e arrabbiandosi.

In quel momento ha perso il Mondiale, perché per quell’episodio è poi partito ultimo sullo schieramento di Valencia.

Per molti lui quel gesto non lo doveva fare ed è stato un errore imperdonabile per un campione.

Hanno ragione, ma lui in quel momento stava smettendo di essere Rossi per diventare Valentino, con la sua umanità straripante e imprudenza del ragazzino.

Non sapeva che l’esito sarebbe stato quello che abbiamo visto, anzi protestava proprio perché non dovesse essere quello, ma era comunque consapevole che stava uscendo dagli schemi della gara, sapeva che

In quel gesto c’è la sua dimensione di uomo che prevale su quella di pilota, la stessa che forse Marquez ha scordato di avere o perso del tutto, per trasformarsi da ragazzo appassionato delle moto in un freddo e cinico calcolatore.

E’ anche questo aspetto, questa fragilità umana del grande campione che non ha perso la sua voglia di lottare fino allo stremo, ma ad armi pari, che oggi sta facendo amare ulteriormente Valentino, anche da chi prima non lo apprezzava.

E certamente l’amore delle persone e la dignità valgono più di un biscotto indigesto.

Sono però anche un patrimonio che attribuisce una responsabilità da non disperdere per inseguire inutili vendette, da cui invece trarre la forza per riprovarci l’anno prossimo, come fanno i campioni che non hanno smesso di essere uomini.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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