22 Aprile 2021 - 16.23

“Rimettiamo in salute il nostro pianeta”: l’Earth Day ci ricorda che la terra non può più aspettare

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di Anna Roscini

Oggi si festeggia la giornata mondiale della Terra: un’occasione per celebrare il nostro pianeta e promuoverne la salvaguardia e conservazione attraverso uno sviluppo sostenibile basato su un uso razionale delle risorse naturali e rispettoso degli equilibri ecologici. Nata nel 1970, la giornata della Terra ci ricorda che il pianeta non può più aspettare. Con il tema “Rimettiamo in salute il nostro pianeta”, l’Earth Day 2021 ci invita infatti a riflettere sul bisogno urgente di ridurre il nostro impatto ambientale e sulla necessità di agire tempestivamente per affrontare il cambiamento climatico e per risanare l’ecosistema mondiale.

I dati elaborati da uno dei più recenti studi in materia sono preoccupanti: secondo la ricerca “Where might we find ecologically intact communities?”, pubblicata su Frontiers in Forests and Global Change, solo il 3% degli ecosistemi sarebbe infatti rimasto incontaminato. Ciò significa che solo il 3% delle terre emerse presenta una biodiversità non alterata, mentre nel resto del pianeta gli ambienti naturali sono stati distrutti, depredati e contaminati dalle azioni dell’uomo o a causa di specie e malattie invasive.

A fare emergere questa situazione drammatica è stato un gruppo di scienziati del Dipartimento di Zoologia dell’Università di Cambridge e dell’organizzazione BirdLife International. Allo studio hanno contribuito diversi centri di ricerca specializzati in scienze biologiche, ecologiche e ambientali; tra cui The Wilderness Society di Bozeman, l’Università nazionale autonoma del Messico, l’Università di Goteborg, l’International Livestock Research Institute di Nairobi e il Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia. Gli scienziati, coordinati dal professor Andrew J. Plumptre, sono giunti a questa triste conclusione dopo avere confrontato numerose mappe e avere combinato un’infinità di dati relativi all’impatto dell’uomo sul pianeta, con particolare riferimento all’eradicazione delle specie autoctone e all’introduzione di quelle aliene. Si tratta di una stima allarmante e più conservativa rispetto a quella precedentemente accettata dalla comunità scientifica, che considera le zone dove l’impatto antropico è estremamente limitato (circa il 20-30% degli ecosistemi) basandosi su immagini satellitari che non possono però misurare la popolazione delle specie animali presenti.

Secondo questo studio, le aree rimaste incontaminate, denominate aree di “biodiversità chiave”, sono localizzate nelle foreste tropicali dell’Amazzonia e del Congo, nel Sahara, nella Siberia orientale e nel Canada settentrionale. Se l’11% di queste zone fa parte di aree protette; il restante 89% rischia purtroppo di essere deteriorato.

Emergono, per fortuna, anche delle notizie più rassicuranti: con la reintroduzione di alcune specie animali importanti in alcune aree danneggiate, l’estensione delle aree incontaminate del pianeta potrebbe infatti aumentare del 20%. Un numero ridotto di specie sarebbe in grado di avere un impatto profondo e positivo sull’intero habitat: basti pensare agli elefanti, essenziali per diffondere semi, oppure ai lupi, in grado di controllare la popolazione delle specie da lui predate.

Per far fronte alla devastante riduzione degli ecosistemi non ci resta che imparare a celebrare, e rispettare, la terra ogni giorno.

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