Regionali venete: il rito dell’incenso romano

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Se qualcuno è convinto che i rituali romani, quelli che prevedono la riunione al vertice dei Grandi Capi impegnati a sciogliere i nodi gordiani delle candidature per le prossime regionali, siano risolutivi, ma soprattutto vengano supinamente accettati dalle rappresentanze locali dei rispettivi Partiti, credo si sbagli di grosso.
Basta scorrere le cronache, dalla Puglia alla Campania alla Toscana, per rendersi conto che, sia a destra che a sinistra, quelle riunioni da molti militanti sono percepite come “fumisterie”, dove si cerca la quadratura del cerchio, fregandosene altamente dei sentimenti e dei desideri di iscritti ed elettori.
Io da veneto respiro più il clima della mia Regione, e onestamente se dovessi dire qualcosa a Salvini sul tema, gli sussurrerei un bell’ ”Auguri!”.
Per quel poco che conta, colloquiando con amici e conoscenti di antica fede leghista, la mia sensazione è che la base della Liga veneta mal sopporti la Lega lombarda ed il leader Matteo Salvini, “reo” a loro dire di aver trasformato il Carroccio in un partito dell’estrema destra sovranista a trazione vannacciana.
Ho sentito qualcuno lamentare che: «in tv quelli di Salvini mandano sempre i lombardi, mai i nostri, e questo a noi non va giù».
Tanto che ormai i salviniani vengono svillaneggiati e definiti come «i romani», ovvero nordici che si sono adattati al modo di comandare dei meridionali e non hanno più antenne e radici sul territorio.
“Ma a un veneto cosa può fregare del ponte sullo stretto di Messina? Non è un argomento che ci porta voti, se poi lo sommiamo al disastro dei ritardi ferroviari e alla situazione dei trasporti, Salvini non ci fa fare certo una bella figura», è lo sfogo di qualche veneto duro e puro.
Che rincara la dose: «Per i risultati che produce il nostro territorio, Marcato dovrebbe stare ogni giorno in televisione”.
E così arriviamo ad un primo nome “alternativo” al candidato che, a quanto sembra, il Capitano avrebbe designato per la guida del Veneto.
Al quale Capitano, sotto sotto, viene addebitato di non aver portato alle estreme conseguenze la battaglia per il terzo mandato, che avrebbe consentito a Luca Zaia di tornare a Palazzo balbi in carrozza.
Piaccia o non piaccia a Roma e a Salvini, questi sono militanti o simpatizzanti convinti che la Lega, per storia, cultura, presenza sul territorio, sia ancora il perno fondamentale del centrodestra in Veneto.
Gente convinta che la base della “Lega del Leòn” sia costituita da migliaia di sostenitori e militanti, non sostituibili né replicabili, che ha vissuto la vicenda sullo stop al terzo mandato come una sceneggiata per niente rispettosa di una storia che è parte integrante di questo Veneto e del suo popolo.
Non a caso prima ho accennato a Marcato, perché, per quanto ho potuto constatare, se poni la domanda “Mi chi vorresti come candidato a Governatore del Veneto?”, molti, ma veramente molti, ti rispondono appunto “Roberto Marcato”.
Francamente la cosa non mi stupisce assolutamente, perché “bolldog”, soprannome del nostro, a mio avviso rappresenta quello che resta della vecchia Liga “originaria”.
Il personaggio immagino lo conosciate: un osso duro, che non ha mai nascosto l’ambizione di diventare un giorno il Governatore della Regione.
Uno da sempre considerato un fedelissimo di Luca Zaia, ma in realtà da anni entrato in rotta di collisione con il Doge veneto, che non ha appoggiato la sua corsa al congresso della Liga, sostenendo invece il salviniano Stefani, nel giugno del 2023 (tanto che l’assessore poi annunciò il ritiro della sua candidatura prima della celebrazione dell’assise).
Marcato, nella grammatica leghista un bossiano di ferro, è uno che il cursus honorum se lo è ciucciato tutto: consigliere e assessore comunale, poi consigliere e assessore in Provincia, poi consigliere e assessore in Regione.
Un “duro e puro” che ha dichiarato di aver rifiutato un seggio sicuro in Senato, e di aver anche rinunciato alla candidatura alle Europee nel 2019, quando la Lega era al 33 per cento, per rimanere in Veneto e continuare a far politica al servizio dei veneti.
Uno che non si limita a parlare, ma anche macina numeri, tanto che alle ultime regionali venete è stato il politico più votato in tutti gli schieramenti.
Certo Marcato è, come dire, un politico un po’ antisistema, un elemento forse difficile da gestire per Capi abituati solo ad essere obbediti senza se e senza ma.
Ma resta uno che, almeno a quanto io percepisco dalla gente, non viene visto come un “politico da salotto”, quanto un uomo che crede nel federalismo della Liga delle origini, che è convinto che l’Italia non sia una sommatoria di differenze, che quindi non debbano essere appiattite, bensì valorizzate.
Dovendolo etichettare, lo definirei come un politico sicuramente “non centralista, non nazionalista, e neanche sovranista”.
D’altronde lo ha detto lui stesso quando di recente ha lanciato la sua candidatura a Governatore: “El me paron xe el Veneto. Io mi candido. Non posso accettare che Roma mortifichi il nostro popolo”.
Bene, in tutto questo guazzabuglio cosa fa Luca Zaia?
Si muove con i suoi tempi: enigmatico, felpato, pronto a sganciare la bomba della “Lista Zaia”, che i sondaggi danno al 40-45%.
La minaccia è velata ma chiarissima: “Vedremo se i partiti sapranno valorizzare questa risorsa. Altrimenti, ognuno si regolerà”.
Capite bene il peso di quel “ognuno si regolerà”!
E ancora: “Aspetteremo le indicazioni del tavolo romano, poi ognuno capirà se sono sostenibili o meno. E il territorio valuterà se essere presente o assente all’appello”. Per adesso però, “non è ancora arrivato il momento di esprimersi: in questa fase siamo in una stanza buia, tutti cercano l’interruttore…bisogna capire chi lo trova”.
Come accennato, uno Zaia in questa fase sibillino, ermetico, oracolare.
E un po’ sornione: ma come dare la corrente elettrica lui sa benissimo come si fa.
Non è facile capire cosa abbia in mente Zaia, ma le mie sensazioni mi suggeriscono che il suo interlocutore privilegiato a questo punto non sarà certo Salvini.
Per due ragioni: la finestra del dialogo – congresso federale, sblocco del terzo mandato – si è chiusa. Il Capitano non ha in mano più nulla da offrire in cambio, e rischia quindi di essere ridotto a spettatore in un Veneto che sente sempre meno suo.
Quindi logica vorrebbe che la controparte del Doge a questo punto non possa che essere Giorgia Meloni, la quale da politica intelligente sa bene che l’eventuale Lista Zaia sarebbe una garanzia di vittoria, e per di più un bel serbatoio di voti, perché si sa che Zaia finora ha intercettato anche parte di quei veneti che di solito non votano a destra.
Cosa voglia Luca Zaia, e cosa possa offrire Giorgia Meloni, non è dato sapere.
Io, per quel che conta, consiglio sempre di “non vendere mai la pelle dell’orso…….”; perché alle elezioni, chissà, ci potrebbe magari essere anche una “lista Marcato”, e le altissime aspettative elettorali per la lista Zaia, ad urne aperte, potrebbero risultare sopravvalutate.













