22 Luglio 2025 - 15.32

Crisi climatica, il grido muto dei ghiacciai: “Non c’è più tempo, il clima italiano fuori controllo”


Il nuovo rapporto Italy for Climate: fusione record sulle Alpi, fiumi ai minimi, caldo estremo. “Il ghiaccio si scioglie, e basta”

Mentre l’Italia affronta un luglio infuocato, con temperature oltre i 38 °C, notti tropicali, incendi fuori controllo in Sardegna e Sicilia, e fiumi ridotti a rivoli, i segnali più inquietanti della crisi climatica non arrivano dalle città arroventate ma dalle montagne, silenziose e fragili.

Secondo il nuovo rapporto pubblicato da Italy for Climate, è proprio nei ghiacciai alpini che si legge con maggiore chiarezza la traiettoria di un Paese travolto da un riscaldamento ormai fuori scala. A metà luglio, il livello dello zero termico ha toccato i 5.400 metri, ben oltre la vetta del Monte Bianco: un record assoluto che, di fatto, ha esposto l’intera catena alpina alla fusione, nessun ghiacciaio escluso. La montagna, come nel caso tragico del crollo del seracco della Marmolada nel 2022, non regge più: quel ghiacciaio ha perso il 70% della superficie in poco più di un secolo e potrebbe scomparire entro il 2040.

Ma la crisi non si misura solo in metri e gradi. Secondo l’Inventario Glaciologico Italiano, oggi rimangono 872 ghiacciai nel nostro Paese, piccoli e frammentati. La superficie è scesa sotto i 360 km², con una perdita del 30% in 70 anni. Solo negli ultimi 20 anni, sono evaporati 50 km³ d’acqua: l’equivalente di una città di ghiaccio alta otto piani e grande due volte Roma.

Una perdita non solo ambientale, ma strutturale. I ghiacciai rappresentano serbatoi naturali d’acqua dolce che alimentano agricoltura, centrali idroelettriche e biodiversità. La loro fusione precoce, ormai anticipata già ad aprile, e gli inverni sempre più asciutti hanno generato un deficit idrico cronico. Il bacino del Po, da cui dipendono 8 regioni e 20 milioni di persone, è in sofferenza crescente. La riserva nevosa del 2024 è calata del 36% rispetto alla media del decennio precedente, secondo il Centro Studi CIMA.

E i numeri raccontano una crisi più rapida qui che altrove. Nel 2024, le temperature medie in Italia sono aumentate di 1,52 °C rispetto al periodo 1991-2010, più del doppio rispetto alla media globale (+0,72 °C, dati ISPRA e Copernicus).

Con la fusione dei ghiacciai diminuisce anche l’albedo, cioè la capacità della superficie terrestre di riflettere la luce solare. Il risultato è un circolo vizioso: meno ghiaccio significa più calore assorbito, quindi più fusione, quindi ancora più caldo. Un effetto domino che riguarda l’Italia, l’Europa e il mondo intero.

A livello globale, il 2023 è stato l’anno con la maggiore perdita di ghiaccio mai registrata dal 1950, con un volume pari a cinque volte il Mar Morto. L’innalzamento dei mari è ormai innescato, mentre l’aumento medio delle temperature ha già superato stabilmente il limite simbolico di +1,5 °C rispetto all’era preindustriale.

“Pensare di poter fare le cose con calma è un lusso che non possiamo più permetterci”, commenta Andrea Barbabella, coordinatore di Italy for Climate. “Il ghiaccio non ha ideologie: si scioglie e basta. I dati parlano chiaro. I ghiacciai sono il segnale inequivocabile di un sistema fuori equilibrio. Rimandare ancora la transizione ecologica è irresponsabile”.

Nel dibattito pubblico, troppo spesso ridotto a slogan e semplificazioni, i ghiacciai offrono una prova concreta, visibile e fotografabile. Non sono solo patrimonio paesaggistico: sono termometri naturali che indicano una febbre già altissima. E che, come ammonisce il rapporto, ci stanno avvisando: il punto di non ritorno è più vicino di quanto vogliamo ammettere.

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