4 Settembre 2019 - 20.50

Ciambetti “L’Italia non si rispecchia in questo governo”

“Un governo in cui il Veneto, motore assieme ad Emilia e Lombardia, dell’economia e dell’export italiano, è rappresento da un ministro marginale, come il pentastellato bellunese Federico d’Incà, lascia alquanto perplessi.  Chi sperava in una svolta innovatrice è servito: siamo al ritorno al passato on una singolarissima attenzione al manuale Cencelli. 0, e una calibrata rappresentanza delle correnti e sottocorrenti delle forze politiche” Scettico il presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti, dopo le nomine del nuovo esecutivo. “Nella composizione del governo mi sembra vengano riproposte vecchie logiche, tipiche di una classe dirigente che nel passato non seppe guidare la transizione del Paese verso la modernità e che ha basato molto del suo consenso nelle politiche assistenzialiste e non certo innovative, subalterna ai desiderata dell’asse franco-tedesco e degli interessi forti europei, succube della casta burocratica. Un governo non scelto dagli elettori, ma studiato a tavolino per assicurare le correnti dei partiti e tranquillizzare banche, Bruxelles, Berlino e Parigi”. “Preoccupante la nomina di Francesco Boccia agli Affari regionali,  uomo dal curriculum con qualche vuoto singolare ma comunque tale da tranquillizzare chi temeva il processo autonomista con il terrore di perdere le proprie rendite di posizione, il consenso, e il proprio potere.  Siamo davanti a un esecutivo reazionario, di restaurazione gattopardesca: cambiar tutto affinché nulla cambi, altro che rendere l’Italia migliore. Il timore è che l’Italia migliore non si specchi, invece, in questa strana alleanza. Spero onestamente di sbagliarmi.  Nota positiva? Non ci sono più dei ministri che in questi mesi hanno ostacolato ogni investimento infrastrutturale e che s’erano impuntati testardamente nel sostenere tesi insostenibili, che hanno ritardato azioni che potevano essere avviate con grandi ricadute per la società e l’economia. Ma è una magra consolazione, che spiega tuttavia in che quadro difficile ci eravamo trovati, una palude che il Pd, vista l’esperienza pagata dalla Lega, ha voluto evitare. Timori? Da quello che leggo nella stampa vedo che sono nel mirino le leggi e le innovazioni pretese dalla Lega, da quota Cento, tutela dei pensionati e dei lavoratori al decreto Sicurezza. Se penso che tra i contributi parlamentari del neo ministro agli Affari regionali c’è uno studio dal titolo “Immigrazione, un’opportunità economica” vien da rabbrividire. E non solo perché “l’opportunità economica” fu, per molti,  quell’indegno business che Salvini aveva iniziato a smantellare con forti risparmi per le casse pubbliche e maggiore sicurezza per i cittadini”

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