Il trionfo dell’apparenza: la maturità come spettacolo per adulti immaturi

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Umberto Baldo
Ai miei tempi – e lo dico senza nostalgia, ma con la sobrietà dell’era analogica – alla maturità ci si arrivava con l’ansia, il vocabolario sotto il braccio e la convinzione che anche un sei strappato valesse più di una coppa del mondo.
Altro che foto, post e “orgoglio di mamma”.
L’unica cosa che si condivideva era il panino con la mortadella al bar di fronte al Liceo Oggi invece pare che ogni studente diplomato debba essere celebrato come se avesse risolto l’enigma della fusione a freddo.
Era il 1970, avevo 18 anni e un senso di responsabilità che oggi si direbbe fuori moda.
La maturità si chiamava ancora “esame di Stato”, ma per noi era “l’Esame”, con la E maiuscola ed il cuore in gola.
Lo si affrontava da soli, senza foto, senza genitori appollaiati sui marciapiedi ad immortalare l’uscita. Nessuno ci aspettava con i fiori. Anzi, saremmo morti di vergogna a farci vedere con mamma e papà all’ingresso del Liceo.
Al di là di tutto l’esame era duro, e le bocciature erano reali, con percentuali importanti.
Non lo 0,2% del 2024: il che vuol dire che oggi essere bocciati è difficile quanto perdere a carte contro un ubriaco bendato.
Studiavi, sudavi, speravi. E quando finivi, tornavi a casa.
Io dissi “fatto”, i miei genitori risposero “bene”, e ci si mise a tavola.
Nessuno sentì il bisogno di stappare bottiglie, né di raccontarlo al mondo.
Bastava guardarci negli occhi: capivamo tutto.
Oggi la Maturità è un evento, un contenuto, una fiera del vanesio.
Niente più tensione, niente più silenzi d’attesa, solo urletti, palloncini, fiori e genitori in tenuta da red carpet.
Perché ormai non è più il ragazzo che prende la maturità: è la famiglia che si diploma.
Con foto, post e magari anche una diretta streaming del figlio che esce dall’orale. “Ecco il nostro eroe!” – annuncia mamma. Ha salvato il mondo? No, ha detto due banalità su Pirandello.
E così intorno alle scuole superiori, a fine giugno, si scatena una vera e propria sagra del trionfo inutile: festoni come se piovesse, bottiglie di prosecco più che al matrimonio di un calciatore, e regali che vanno dal MacBook al viaggio a Bali.
Perché, si sa, oggi bisogna premiare tutto: hai fatto il tuo dovere? Bravissimo! Meriti la luna! E se non ti danno almeno un iPhone 16 Pro Max o una vacanza a Mikonos ti senti anche trascurato.
Senza badare a spese. Feste da mille euro in su. Cene con parenti che non si vedevano dai tempi del battesimo.
Siamo passati dalla pagella con le margherite sul tavolo al Rolex!
Un messaggio educativo impeccabile: ogni volta che fai il tuo dovere… tac!, premio deluxe.
Con questo criterio, uno si aspetta lo yacht al primo giorno di lavoro.
C’è chi lo chiama “rinforzo positivo”.
Ma in realtà è marketing familiare: si costruisce una narrazione su misura, dove ogni traguardo diventa un Everest scalato.
L’esame è la scusa. Il vero obiettivo è postare, raccattare like, apparire come il genitore perfetto del figlio perfetto.
Morale? Mentre i figli maturano, i genitori regrediscono. E non verso l’adolescenza. Peggio: verso l’influenceraggio.
A ben guardare io penso che i ragazzi siano più soli di quanto sembri, e i genitori più presenti di quanto serva.
E forse proprio per questo si attaccano ai riti collettivi, trasformando un momento intimo in uno spettacolo.
Ma più che amore, a volte sembra ansia travestita da festa. Si stappa il prosecco non per brindare al figlio, ma per dire agli altri: guardate quanto siamo bravi.
Eppure io credo, e lo spero, che nel cuore di molti ragazzi, rimanga qualcosa di antico.
Quel bisogno silenzioso di essere riconosciuti, sì, ma con misura.
Non con i fuochi d’artificio, ma con uno sguardo che dice: “Sono fiero di te”.
Perché la vera maturità, quella che conta, non si misura con un voto, ma con il modo in cui si affronta la vita. Anche senza coriandoli.
E allora ringrazio ancora la mia mamma ed il mio papà per quel “bene” sussurrato, ma con gli occhi umidi.
Umberto Baldo
PS: mi sono diplomato lo stesso anno e allo stesso Liceo di Paolo Crepet. Sono certo che sui fiori e champagne la pensa come me.













