26 Maggio 2025 - 11.28

Garlasco reloaded: tuttologi scatenati


di Alessandro Cammarano

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Come la gita fuori porta a Ferragosto o le chiacchiere sull’Eurovision Song Contest, il delitto di Garlasco è tornato; ma non nei tribunali – dove tutto sembrava già archiviato – ma nei bar, nei saloni dei parrucchieri, nelle palestre, e soprattutto sui social.

Un ritorno in grande stile, condito da nuove indagini, vecchie ossessioni, e un’umanità che, come sempre, si è fatta trovare preparatissima: l’esercito dei tuttologi del nulla.

Per chi avesse trascorso gli ultimi vent’anni su Marte o, peggio, lontano da Rete 4, facciamo un passo indietro.
Era il 2007 quando Chiara Poggi, 26 anni, veniva trovata senza vita nella villetta di famiglia a Garlasco, in provincia di Pavia. Un omicidio domestico, borghese, senza sangue in piazza ma con tanto sangue nelle scale: la cronaca, da quel momento, non ha più mollato l’osso. E nemmeno gli italiani.

Alberto Stasi, fidanzato e imputato, è diventato il volto del sospetto, poi quello dell’assoluzione, poi di nuovo della condanna definitiva.

Ma non importa: per una nazione che ha il cuore a metà tra il Commissario Montalbano e Quarto Grado, la verità processuale è solo un’ipotesi tra le tante, e spesso la meno interessante.

Ma che cosa è successo perché il clamore mediatico si riaccendesse prepotente?

La Procura di Pavia ha riaperto le indagini focalizzandosi su tracce di DNA rinvenute sotto le unghie di Chiara. Oltre al profilo genetico di Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, è emerso un secondo profilo maschile non identificato, denominato “Ignoto 2”.

Gli inquirenti ritengono che queste tracce non siano frutto di un contatto indiretto, ma di un’interazione diretta con la vittima poco prima del delitto.

Andrea Sempio, già indagato e archiviato in passato, è nuovamente al centro dell’inchiesta, accusato di omicidio in concorso con ignoti o con Alberto Stasi.

Il 9 aprile 2025 è stato fissato un incidente probatorio per confrontare i profili genetici di Sempio, Stasi e altri soggetti maschili che frequentavano la villetta di via Pascoli.

Per identificare “Ignoto 2”, la Procura ha disposto nuovi prelievi di DNA su reperti mai esaminati o precedentemente considerati non idonei. Tra questi, oggetti ritrovati nella spazzatura di un parente di Sempio, come uno stuzzicadenti, mozziconi di sigarette e fazzoletti usati.

Inoltre, sono stati prelevati campioni di DNA da Marco Poggi, fratello della vittima, e da due suoi amici, sebbene non indagati, per escludere la loro compatibilità con le tracce rinvenute.

Ora che una nuova pista investigativa è emersa – si parla di approfondimenti su un profilo genetico maschile mai identificato, raccolto sulla scena del crimine – l’Italia si è ributtata nel caso con l’entusiasmo di chi ha finalmente trovato una serie nuova da bingewatchare. Il problema è che il binge lo fanno sulla vita altrui, e le puntate se le scrivono da soli.

Così, mentre gli inquirenti tornano a cercare un ago nel pagliaio, fuori dal tribunale la giuria popolare ha già emesso la sua sentenza.

E lo ha fatto con il metodo rigoroso del “sentito dire”, del “l’ho letto su una pagina Instagram affidabile” o, ancora peggio della “mia cugina che fa le pulizie in Tribunale”.

Nel meraviglioso mondo parallelo dei commentatori fai da te, il caso è chiaro come l’acqua sdi una sorgente alpina.
Il salumiere di via Verdi, tra una fetta di crudo e una fetta di gorgonzola, spiega con sicurezza che “è stato un delitto d’impeto, si capisce dal modo in cui hanno lasciato il corpo”; il podologo, invece, dopo aver osservato un fotogramma sgranato del cadavere, propone un’analisi biomeccanica della scena del crimine, mentre il dietologo di fiducia della signora Cesira elabora un profilo psicologico dell’assassino sulla base della colazione di Chiara.
E l’analfabeta funzionale, immancabile, chiude la discussione con un “io non ci credo alla scienza, tanto i DNA li possono falsificare”, e ha a suo modo ragione, perché, in fondo, perché fidarsi della genetica forense quando hai TikTok?

Non possono mancare i criminologi da talk show pomeridiano, gli influencer pregiudicati e gli youtuber tuttologi che sciacallano su Garlasco come avvoltoi dell’informazione per analfabeti funzionali: sparano sentenze, fabbricano teorie usa e getta e trasformano un omicidio in show business. La giustizia? Solo la scenografia.

Ogni nuova ipotesi, ogni residuo biologico, ogni margine di dubbio è occasione per alimentare una narrazione nazionale fatta di paranoia e popcorn.
C’è chi ha riaperto gruppi Facebook chiusi dal 2015, chi ha riesumato forum da archeologia digitale, e chi, come sempre, sospetta che dietro ci sia “qualcosa che non ci dicono”; che poi, detta così, suona più come una certezza che come un dubbio.

Nel frattempo, gli investigatori proseguono con il loro lavoro, sobrio e silenzioso, mentre attorno a loro si muove un circo mediatico che pare orchestrato da David Lynch e commentato nelle sempre più stucchevoli trasmissioni televisive, votate più al pettegolezzo che alla verità, dove ogni nuovo test viene scansionato al microscopio – non da scienziati, ma da opinionisti casalinghi con la licenza media e l’abbonamento a True Crime Italia.

Garlasco, ancora una volta, è diventato il palcoscenico dove l’Italia recita se stessa: un Paese dove la passione per il mistero si mescola con l’arte antica del parlare a vanvera e dove, nel dubbio, si è tutti colpevoli e tutti innocenti. A seconda del turno al supermercato.

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