27 Febbraio 2020 - 9.49

E ora… che sia il caso di ‘liberare’ Vo’ Euganeo?

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Man mano che si conteggiano i casi del Coronavirus in molti cominciano a farsi qualche domanda e a guardare con una diversa prospettiva la giornata di venerdì 21 febbraio, quella dell’annuncio choc che due persone erano state contagiate e, purtroppo, in serata una era morta. Quell ‘una’ persona, lo ricordiamo, era Adriano Trevisan, padre di famiglia di un piccolo comune che fino a pochi giorni prima viveva una vita tranquilla.

Ma veniamo alle domande e alle considerazioni, che molti cominciano a fare, non solo dei social, ma anche ai più alti livelli istituzionali, visto che le direttive cambiano quotidianamente.

Allo scoppio del Coronavirus il contagio cinese era qualcosa di esotico, sconosciuto. Si poteva immaginare una sua diffusione, ma forse molti erroneamente pensavano che sarebbe avanzata in un modo più visibile, percettibile e non comparisse di colpo nel mezzo di un piccolo e bellissimo paese dei Colli Euganei, noto, lo ricordiamo, soprattutto per il vino e gli agriturismi. Mezzo Veneto conosce questa località ai confini fra Padova e Vicenza perché a Vo’ si va a mangiare, passeggiare o comprare vino.

I quel giorno a molti apparve comprensibile la preoccupazione, il terrore delle istituzioni e la comunità locale, che si trovarono all’improvviso una ‘cosa aliena’ nel proprio territorio, senza conoscenza e mezzi per affrontarla. Subito si è annunciato ‘tamponi’ a tutti e ‘cordone sanitario’ attorno al Comune.

Ma ora appare evidente che la blindatura di Vo’ oltre che ad essere surreale, lascia il tempo che trova.

Senza contare del tremendo, disastroso, impatto mediatico planetario di accerchiare una comunità italiana del Veneto, principale regione turistica italiana, con l’esercito e le Forze dell’Ordine. Qualcuno ha pensato al danno economico di questa scelta? Costa più il danno economico subito dal tessuto economico di un Comune o di una regione o investire soldi sul sistema sanitario per accogliere gli eventuali contagiati (posti di terapia intensiva)?

Decine e decine di contagi in Veneto, la metà di Vo’. E’ evidente ormai che questo dipende dal fatto che nel paese viene fatto uno screening a tappeto sulla popolazione. Queste cose le impariamo man mano che si conoscono i dati sull’epidemia e la sua diffusione geografica. Ci sono Venezia, Mestre, Treviso… che facciamo? Mandiamo l’esercito?

Stranamente negli altri Paesi europei aumentano i casi perché sono iniziati gli screening sui cittadini che hanno transitato nel Nord Italia. E prima? Solo noi avevamo rapporti commerciali con la Cina?

Vogliamo parlare dell’infernale sistema sanitario degli Stati Uniti? Dove la gente senza assicurazione sanitaria  muore per strada e dove un test per il coronavirus costa al cittadino anche migliaia di euro?

Vogliamo parlare del fatto che Vo’ non è una località sperduta o isolata dell’Oregon, ma un paese con stretti, continui e frequenti rapporti economico-sociali con i paesi e le città vicine? Agugliaro, Noventa, Lozzo Atestino, Este, Monselice, Teolo, Rovolon, Padova, Vicenza… Molti abitanti di Vo’ lavorano e vanno a scuola in queste località, molti da questi paesi vanno a Vo’. Sono un unico grande Comune con tante frazioni. Che senso ha isolare solo Vo’? Serve proprio adesso un lazzaretto universale? Ma soprattutto, se si continua a dire che il tempo di incubazione del virus può durare settimane, come si può pensare di contenere un contagio a Vo’ e come si può razionalmente dire che Vo’ sia il vero focolaio?

Tornando al Nord Italia. Come qualcuno ha fatto rilevare, a Milano sono stati rilevati pochi casi, ma tutti i Paesi che hanno rilevato i primi casi di coronavirus, lo hanno individuato in pazienti di ritorno da Milano. Non serve un matematico per capire che la situazione è estesa a tutta la zona metropolitana e che probabilmente molti sono stati contagiati senza saperlo e forse sono già guariti. Gli infetti vengono trovati dove si fa il tampone.

Forse è arrivato il momento di ‘liberare’ Vo’, continuare certamente con l’individuazione e la cura di chi può essere ammalato, ma togliere esercito e forze dell’ordine. Permettere agli imprenditori (quelli asintomatici per carità) di fare il loro lavoro, alle aziende di evadere gli ordini di altre aziende che non sono di Vo’. Mantenere in sicurezza gli anziani, aiutandoli ‘a casa loro’ con servizi assistenziali come la distribuzione della spesa e medicine ed evitando che possano frequentare luoghi affollati. Concentrarsi sui malati sintomatici e aspettare che passi quella che per molti è una lieve influenza. Non si vuole sottovalutare l’epidemia ma semplicemente uniformare Vo’ al resto del mondo. Mondo dal quale ricordiamo, è arrivata l’epidemia, risultando assai improbabile che possa essere stata generata dall’interno del paese.

Non si vuole attaccare né l’operato della Regione, né del Governo. E’ chiaro che in Veneto, in fatto di prontezza, forse non siamo secondi a nessuno. Ma nessuno conosceva la reale situazione fino a una settimana fa, adesso le cose sono cambiate.

C’è da augurarsi che il marketing negativo su Vo’ e sugli Euganei si converta, a breve, in semplice marketing e quando sarà chiaro che ormai il coronavirus è un problema di tutti, molte persone decidano di conoscere meglio queste zone.

C’è da augurarsi che, finita questa epidemia, l’Italia si ricordi di Vo’, che i Veneti vadano in massa nella località euganea, nel suo splendido territorio, nei suoi agriturismi, anche nei suoi bar, non solo perché Vo’ è bella ma anche per fare ammenda! Per riparare un errore di calcolo e previsione, fatto in un momento di panico a tutti i livelli. (P.U.)

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