2 Giugno 2015 - 10.48

VENETO- Il trionfo di Zaia crocevia politico del Paese

zaia biglietto unico veneto

di Marco Osti

Zaia non ha vinto le elezioni Regionali del Veneto.
Ha dominato e sbaragliato completamente tutti gli avversari.
E’ finito 50,08% a 22,74% il confronto con Alessandra Moretti,
candidata Pd del centro sinistra, con il Movimento 5 Stelle che ha raggiunto solo l’11,87%.
Se fosse stato un Gran Premio, il pilota vincente avrebbe dato più di un giro di distacco al secondo e oltre tre al terzo.
Un dominio, che rende le elezioni in Veneto anomale per la portata dei risultati, ma un caso da valutare con attenzione nelle sue peculiarità, per i risvolti che potrebbe avere in chiave nazionale.
Il dato complessivo delle elezioni regionali dimostra, aldilà della vittoria del centro sinistra in 5 regioni su 7, un arretramento del Partito Democratico, che rimane però primo partito del Paese, la crescita netta e consistente delle Lega Nord, una sostanziale tenuta, seppur con qualche calo, del Movimento 5 Stelle e il crollo complessivo di Forza Italia.
In Veneto la caduta del centro sinistra è invece stata rovinosa, mentre la vittoria di Zaia superiore a quella della Lega.
Sotto questo profilo va segnalato che quindi il tentativo del Pd di portare una candidata di Renzi in regione, per provare a intercettare l’elettorato di centro, anche sacrificando quello di sinistra, non ha funzionato, perché gli elettori orfani di Forza Italia o non hanno votato o hanno scelto Zaia.
Infatti il confermato governatore si è sempre distinto, in questi anni e anche negli ultimi tempi, per le capacità di gestione della regione e per non avere mai usato i toni populisti ed eccessivi del leader della Lega Nord Matteo Salvini.
Va in questo senso evidenziato che il voto alla lista di Zaia ha preso quasi 5 punti percentuali in più rispetto a quella del suo partito, di cui lui non ha mai cavalcato le politiche anti euro e anti immigrazione, arrivando a dichiarare in piazza del Popolo a Roma, alla manifestazione voluta da Salvini, di fronte alle bandiere di Fratelli d’Italia e di Casa Pound, che in Veneto gli immigrati contribuiscono a sostenere l’economia del territorio e lui non intende privarsene.
Questa connotazione ha consentito a Zaia di raccogliere il voto del centro destra moderato ed europeista, che nel Paese, orfano di un riferimento di centro destra credibile, non è andato a votare perché non trova un candidato credibile e non si riconosce nelle posizioni populiste del Movimento 5 Stelle e integraliste della Lega Nord.
Di fatto Zaia ha dimostrato di poter attrarre quell’elettorato acui guardava il sindaco di Verona Flavio Tosi, quando si proponeva come sua alternativa nella Lega Nord e ne fu cacciato, ed è riuscito a convincerlo di poter essere un riferimento moderato, seppur esponente dell’attuale Lega Nord.
Sotto questo profilo la sua vittoria può essere un segnale in chiave nazionale, perché dimostra che senza un elettorato conservatore, ma comunque contrario a spinte nazionaliste e fascistoidi, il centro destra non vince.
Salvini oggi, dopo il successo elettorale della Lega Nord, sgomita per essere considerato il leader del centro destra che si candida a guidare il Paese, ma lui non potrà essere il successore di Berlusconi se non assumerà posizioni rassicuranti per un elettorato che, pur non essendo di sinistra, non vuole uscire dall’euro, non vuole passarecon le ruspe sopra i campi nomadi, non teorizza l’abbandono in mare di barconi carichi di migranti.
Il centro destra, con la liquefazione di Forza Italia, oggi ha
inevitabilmente bisogno di allearsi con la Lega Nord, e dove lo ha fatto, come in Veneto e in Liguria, ha prevalso, ma il suo leader dovrà assomigliare più a Zaia che a Salvini, perché il primo raccoglie i consensi leghisti e dei moderati, il secondo solo del suo partito e dei partiti di estrema destra.
Potremmo certo assistere a un cambiamento di Salvini in ottica più moderata, ma sarebbe in realtà poco credibile, considerando la connotazione molto marcata che ha assunto, e comunque gli altri partiti, a cominciare da Forza Italia, allora chiederebbero come leader una figura che da sempre occupa quelle posizioni e non se ne veste per apparire quello che non è.
Tutto ciò senza dimenticare comunque che il risultato del Veneto è stato determinato anche dalla disfatta di Alessandra Moretti e del Pd.
La candidata del centro sinistra, pur vincendo le primarie, era stata imposta di fatto da Matteo Renzi, ma in realtà nella sua regione non ha mai avuto un consenso tale da far immaginare che avrebbe potuto prevalere su un avversario popolare come Zaia.
Sarebbe però oggi ingeneroso addebitare tutte le responsabilità della sconfitta alla Moretti, che non ha certo brillato in simpatia e per proposte convincenti, ma allo stesso tempo è stata proiettata in una contesa in cui avrebbe avuto qualche chance solo se il suo leader e il suo partito avessero replicato il successo clamoroso delle ultime
elezioni europee.
Invece tutti i problemi emersi a livello nazionale nel Pd, che non ha saputo raccogliere consensi al centro e ha perso l’appoggio degli elettori di sinistra, per le politiche filo imprenditoriali e gli atteggiamenti contrari ai sindacati e ai lavoratori assunti dal Governo, hanno inevitabilmente affossato una Moretti già debole di suo.
Renzi poi ha favorito il crollo con la sua brillante uscita, a una decina di giorni dal voto, sulla soddisfazione di una possibile vittoria per 6 regioni a 1, dove tutti hanno indicato nel Veneto quella in cui avrebbe accettato la sconfitta.
A recuperare non è servito il filmato in cui faceva un giro in
macchina per le strade del Veneto con la Moretti, a significare che comunque lui era la guida e la candidata la sua emanazione.
E questo è il dato che deve preoccupare Renzi, perché se è disposto a sacrificare il legame con la sinistra del Pd deve raccogliere consensi tra i moderati, ma queste elezioni, in particolare in Veneto, hanno dimostrato che se c’è un’alleanza nel centro destra e un candidato credibile, diversamente da quanto accadde alle europee, ancora oggi gli elettori di quello schieramento scelgono l’originale e non il segretario del Partito Democratico che prova a spostare, spesso anche con forzatore autoritarie, il suo schieramento verso posizioni che non gli dovrebbero appartenere.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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