21 Marzo 2022 - 11.26

Ucraina e propaganda – TikTok e Telegram: campo quasi libero per le fake news no-vax e pro-Putin

La propaganda è la più potente delle armi; capace di assoggettare non solo le menti di chi è meno acculturato ma anche di “convincere” una vasta fetta di pubblico che credendo di accedere ad un’informazione “libera” si trova proiettato in un mondo di menzogne alle quali disgraziatamente troppo spesso è facile credere.

Quelle che oggi si chiamano fake-news – altrimenti dette bufale – fanno da sempre parte della narrazione dei potenti che se ne servono per alimentare l’orgoglio nazionale attraverso la costante ricerca di un “cattivo” da combattere e al quale dare la colpa per le presunte sfortune di questo o quel popolo il tutto a beneficio di gruppi di potere ristretti che sull’ignoranza e le debolezze altrui fondano i propri imperi.

Il primo bufalaro di cui si abbia ricordo fu Ramses Secondo il Grande – il più longevo tra i faraoni – che nel 1274 a.C. si intestò una vittoria schiacciante sugli Ittiti nell’epica battaglia di Kadesh o Quadeš che dir si voglia. La storia ci dice in realtà lo scontro armato si concluse con un sostanziale pareggio ma Ramses celebrò il suo trionfo erigendo edifici sacri riccamente decorati con le storie della battaglia e fece pure scrivere il Poema di Quadeš, anch’esso scolpito sulle colonne dei templi in cui campeggiavano statue colossali del “vincitore”.

Poi seguirono, tra le altre, le menzogne di Nerone che dette la colpa ai Cristiani per l’incendio di Roma de 64 d.C. e giù fino al Malleus Maleficarum responsabile della tortura e della morte sul rogo di migliaia di persone “diverse” rispetto al sentire comune dell’epoca.

E che dire dell’abominevole Protocollo dei Savi di Sion? Clamoroso falso realizzato in Russia, ma guarda tu un po’, intorno al 1903 e preso a pretesto da qualunque movimento antisemita successivo – i pogrom zaristi tanto per cominciare – fino all’orrore nazista e che ancora oggi trovano disgraziatamente ampio credito tra i complottisti della porta accanto.

La propaganda ha da sempre bisogno di un nemico di cui nutrirsi, di qualcuno che minaccia la sicurezza o il benessere di qualcun altro, il tutto ovviamente costruendo una narrazione basata non tanto su menzogne palesi ma, ed è assai peggio, su mezze verità plausibili.

La gente ci casca, lo fa da sempre, perché la comunicazione distorta fa leva sui sentimenti peggiori di ciascuno: dal razzismo all’omofobia passando per l’invidia.

Su questo, da sempre, si poggiano i tiranni non solo per tenere assoggettati i propri sudditi ma anche per conquistarsi mercati nuovi.

Non è un caso che in Italia i filorussi siano al momento assai attivi sui social, soprattutto Tiktok e più ancora nei canali Telegram, sui quali rilanciano e diffondono tonnellate di fake news scioccamente poi rilanciate anche da chi le condanna ma che condividendole, sia pure per stigmatizzarle, non fa altro che renderle virali.

Stranamente, ma mica poi tanto, la gran parte dei canali Telegram fieramente noVax – “Basta dittatura”, per citarne uno – già qualche giorno prima dell’invasione russa dell’Ucraina aveva assunto posizioni dichiaratamente filoputiniane riprendendo ed esaltando l’impegno russo nella “liberazione” del Donbass russofono e russofilo dalla tirannide ucraina.

A questo si aggiunga l’enormità di termini come “denazificazione dell’Ucraina”, nazione dove il partito filonazista – che in ogni caso fa ribrezzo e non dovrebbe esistere – alle ultime elezioni ha preso poco più del 2% non eleggendo nessun deputato al parlamento e il cui presidente è di religione ebraica.

Alla gente, a “quelli che si informano” non interessa nulla: loro “sanno” perché l’informazione di Telegram e Tiktok è “libera” e “viene dal basso”, esattamente come quella sui vaccini cattivi, sul grafene e i microchip.

Non stupisca la presa di posizione direttamente contro il nostro paese da parte di Alexei Paramonov, direttore del dipartimento europeo del ministero degli esteri russo, che ha definito il nostro ministro della difesa Lorenzo Guerini “uno dei principali ‘falchi’ e ispiratori della campagna antirussa nel governo italiano”: da anni l’establishment russo – stavo per scrivere sovietico ma

sarebbe andato benissimo anche zarista – fa proseliti tra gli italiani, non solo quelli di rango e ricevuti negli alberghi moscoviti, ma anche tra la gente comune abbagliata dagli yacht degli oligarchi, dai rotoli di contante, dall’idea di nazione vincente sulla divisione dell’Occidente.

Adesso Paramonov ci dà degli ingrati, e in qualche maniera dal suo punto di vista di largitore di benefici ha pure ragione, perché nonostante tutto quello che i russi hanno “dato” abbiamo preso posizione – per fortuna – contro il loro atto rivoltante ai danni di uno stato sovrano. Ci ha rinfacciato pure gli aiuti al tempo della prima ondata pandemica: grazie mille, ci mancherebbe, peccato che insieme ai medici e agli infermieri abbiamo aperto le porte a carovane di spie accogliendoli alla base di Pratica di Mare e permettendogli di sequenziare, in quel di una Bergamo in ginocchio, la prima variante del Covid in modo da cercare di battere tutti sul tempo col vaccino Sputnik. A nessuno è venuto in mente che già dalla denominazione della missione – From Russia with love – qualcosa non girasse per il verso giusto? Nessuno aveva visto il film di 007?

Chiudiamo con l’agghiacciante show “patriottico” dell’altro giorno allo stadio Luzhniki’ di Mosca in cui, tra folle di giovani festanti che richiamavano quelli altrettanto garruli dei famigerati raduni di Norimberga dal 1927 al 1939 ma qui molto più colorati, Putin in affanno sulla comunicazione rispetto al nemico Zelensky ha parlato di Sacre Scritture e della Santa Madre Russia, di Operazione Speciale e di soldati che “si aiutano come fratelli”, il tutto tra esibizioni di glorie locali e padri di soldati morti e soprattutto tante, ma tante Z simbolo dell’invasione e che richiamano rappresentazioni abominevoli di un passato che sembra da molti dimenticato.

Sorvoliamo sul giaccone, valore sui tredicimila euro, indossato dal satrapo pietroburghese posto a coprire il giubbotto antiproiettile e ascrivibile ad un noto marchio italiano e che nella narrazione popolare avrebbe dovuto farlo sembrare “informale” dopo i tavoloni da curling e i completi stile politburo delle scorse settimane; peccato che sembrasse più un cumènda in vacanza a Garmisch che non un amico del popolo, ma questo chi lo spiega ai Tiktoker e ai Telegrammer?

Alessandro Cammarano

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

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