Spiagge vuote e portafogli leggeri: cronache balneari dalla decadenza italiana

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Estate. Il sole picchia, il termometro straborda, i meteorologi annunciano “anticicloni africani” con un tono a metà tra l’apocalisse e la réclame turistica. È il momento in cui gli italiani dovrebbero gettarsi a milioni verso le coste.
E invece, le spiagge sono mezze vuote, No non è uno scherzo.
Tranquilli, oggi non tornerò sull’eterna questione della Bolkestein e delle gare; ma lo farò a breve perché sembra ci siano novità da Bruxelles, nel senso che i “ristori” per i concessionari eventualmente uscenti, pensati dal Governo dei patrioti, pare non siano compatibili con il diritto comunitario, per cui sarà necessario rimettere le mani al decreto, a meno di non voler incorrere in multe, che per favorire una categoria finirebbero per gravare su tutti i cittadini.
No, oggi ritorno sul tema di cui vi ho già parlato (https://www.tviweb.it/turismo-alle-stelle-o-solo-titoloni-con-numeri-tirati-ai-dadi/ ) qualche giorno fa, evidenziando che ci sarebbe molto da discutere, e da eccepire, sui dati forniti da varie fonti sulle presenze effettive dei “vacanzieri”.
Lo faccio sulla scia di un articolo pubblicato dal più storico quotidiano del Veneto, dal titolo emblematico: “Turismo, spiagge vuote: mancano già 30mila presenze. La crisi si fa sentire. Oltre 30mila turisti in meno dello scorso anno e località balneari semi deserte”.
E chi frequenta certe spiagge dell’Alto Adriatico da anni, come il sottoscritto, lo conferma: il calo è evidente, sempre più evidente anno dopo anno.
Domanda inevitabile: cos’è successo?
Siamo diventati improvvisamente un popolo di montanari o di appassionati di terme tibetane?
No, è che il mare costa. Tanto. Troppo.
E l’italiano medio, quello vero, non quello inventato dai talk show del pomeriggio, non se lo può più permettere.
Altro che 8000 chilometri di coste! Abbiamo 8000 chilometri di stabilimenti balneari a pagamento, dove l’unico essere vivente che può ancora crogiolarsi sulla sabbia gratis è il granchio.
Un indizio mi era arrivato di recente da mio nipote, in vacanza a Corfù: “Zio, qui i greci dicono che gli italiani sono sempre più rari”.
E Corfù, per chi non lo sapesse, è un paradiso. Quindi non è una questione di bellezza, ma di… portafogli.
E allora parliamo di “schei”.
Lo sappiamo: quando arriva la crisi, a soffrire per primi sono i redditi fissi medio-bassi.
Quelli che non evadono, che pagano tutto, che tirano la carretta.
I famosi “kulaki” italiani: 35mila euro lordi all’anno, che corrispondono a 1900 euro netti al mese. Il ceto medio, per intenderci. Quello che i Governi di ogni colore trattano come se fosse l’élite da tassare a sangue.
Certo, chi bazzica Versilia, Costa Smeralda, Taormina, non ha questo problema.
Mille euro per un lettino? Nessun problema. Anzi, è uno status symbol. Ma quelli sono pochi. E non rappresentano l’Italia reale.
E allora Facciamo due conti.
Papà (reddito 1900 euro netti al mese, non pochi, ma c’è chi lavora per 800) mamma, due bambini.
Un giorno al mare?
Carburante: 20 euro, Parcheggio: 12; Ombrellone e lettini: 30; Gelati e bibite: 20; Pranzo o cena: 100 euro.
Totale: 182 euro.
Diciamo 150 se si stringe la cinghia, o si portano i panini da casa.
Ora, moltiplicate per due volte in un mese, e capite bene che anche la gita al mare non è più un diritto, ma un lusso.
Il risultato? Le famiglie normali vanno al mare in giornata, magari solo due o tre volte per tutta l’estate, spesso in spiagge libere, con la borsa frigo e le sdraio portate da casa.
E se vi dicono che “la domenica c’è troppa gente!”, non fatevi ingannare: lunedì torna il deserto, gli ombrelloni sono chiusi, gli operatori balneari incrociano le braccia e guardano l’orizzonte con sguardo preoccupato.
È il paradosso di un sistema che spreme chi lavora, che non tutela i salari, che fa schizzare i prezzi (in certi settori ben più dell’inflazione reale), e poi si stupisce se la gente rinuncia al mare.
Ma davvero c’è da stupirsi?
Nel frattempo, chi gestisce stabilimenti continua a sperare nel colpo di genio: eventi, attrazioni, musica, beach party.
Funziona? Un po’, sì. Le serate sono affollate, i giovani arrivano per la movida.
Ma la vacanza tradizionale – quella delle famiglie, dei 15 giorni in pensione completa, delle sdraio fisse e delle partite a carte – quella è in crisi nera.
E forse, diciamolo, per qualcuno è arrivato il momento di capire che tre mesi di apertura non bastano più a garantire un reddito annuale.
Del resto, il vero imprenditore è quello che sa leggere il mercato, non quello che pretende di congelarlo a proprio uso e consumo.
Il mare, insomma, continua a bagnare le nostre coste, ma sempre meno i portafogli degli italiani.













