11 Ottobre 2023 - 8.36

Nucleare?   Parliamone!

Ieri Tviweb ha riportato la notizia che il reattore della centrale nucleare di Krsko in Slovenia è stato fermato a causa di un guasto, più precisamente una perdita localizzata nel sistema primario all’interno dell’edificio di protezione.

Vista la guerra in atto fra Israele e Gaza, la news non ha “bucato” i giornali ed i media, come sarebbe certamente avvenuto in tempi normali.

Già perché il nucleare è un argomento che da sempre genera ampie discussioni nell’opinione pubblica italiana,   e a maggior ragione in questo caso, visto che l’impianto di Krsko si trova  a circa 120 chilometri da Trieste.

Le autorità slovene hanno precisato che la perdita in oggetto, rivelata giovedì scorso, in base alle misurazioni eseguite è risultata comunque inferiore ai parametri stabiliti ai sensi delle specificazioni tecniche limite dell’impianto.

Lo so bene che la distanza delle centrali dai nostri confini è sempre stata oggetto di contestazione da parte delle associazioni ambientaliste, ma purtroppo per loro è sempre difficile entrare negli affari interni di Stati sovrani qual’ è la Slovenia. E la riprova la si trova nel fatto che, pur essendo Krsko un impianto datato (1983), e per di più costruito in zona sismica, lo Stato sloveno intende prolungarne le funzionalità di altri 20 anni, fino al 2043. 

Ma, nonostante tutte le chiacchiere, sappiamo bene che la distanza in caso di incidente o disastro non è poi così importante, per il semplice motivo che eventuali nubi nucleari si spostano con i venti, e non si fermano certo alle frontiere.

Per curiosità andate a vedere sulla carta geografica dove sono ubicate le località diCruas, Saint Alban, Bugey e Tricastin, tutti comuni francesi dove ci sono centrali nucleari, e vedrete che il ricorrente “non in casa mia” con l’atomo è addirittura ridicolo. 

E lo si è visto bene in occasione del disastro di Cernobyl, quando ci venne raccomandato di non consumare i prodotti dei nostri orti, nonostante la centrale esplosa si trovasse a circa 2000 chilometri di distanza. 

Il problema del “Nucleare Sì, Nucleare NO” è ridiventato centrale dopo la guerra in Ucraina, con il conseguente sconquasso nella filiera degli approvvigionamenti di petrolio e gas.

Non intendo certo mettere in discussione la volontà espressa dall’Europa di procedere alla cosiddetta riconversione ecologica in tempi ragionevolmente contenuti.

Chi può essere favorevole a continuare a bruciare carbone e gas per produrre l’elettricità di cui ormai non possiamo fare più a meno?

Il problema non è l’obiettivo, bensì come ci si debba muovere “nel frattempo”, che non sarà sicuramente breve (tanto per dirne una la Cina sta autorizzando due nuove centrali a carbone ogni settimana, e sembra che si possa arrivare a 300 nuovi impianti).

Come sottolineavo, la questione, ammesso che da qui in avanti tutti gli Stati intendano rispettare l’accordo sul clima di Glasgow (e abbiamo visto che ad esempio la Cina non lo è), sta tutta in quel “nel frattempo, perché è evidente che chi immagina che con uno schiocco di dita improvvisamente il mondo sia in grado di funzionare con pale eoliche e panelli solari è decisamente fuori strada. 

Ecco perché inevitabilmente torna di attualità il tema delle centrali nucleari, e credo di non bestemmiare se dico che il problema dovrebbe essere almeno “rianalizzato” alla luce della maggiore sicurezza garantita dagli impianti di ultima generazione rispetto a quelli di alcune decine di anni  or sono.

Mi sembra quasi di vedere molti di voi alzarsi in piedi indignati al grido di “ma questo è pazzo!”. 

Può anche essere, ma comincio ad essere in buona compagnia.

Conosco già tutte le obiezioni e le critiche che potrebbero essere riversate su un’eventuale proposta di “rianalizzare” gli impianti nucleari alla luce delle più recenti tecnologie.

Le conosco bene perché, avendo molte primavere sulle spalle, ed essendo allora impegnato in politica, ho vissuto non da spettatore la campagna per il referendum sul nucleare del 1987, e ricordo bene il clima surriscaldato conseguente all’incidente alla centrale di Cernobyl. 

Ricordo bene i cortei delle mamme con i figli in braccio, i manifesti di quasi tutti i Partiti di allora, le manifestazioni ed i convegni al grido di “Stop atomo”.

Il tutto sfociato nel referendum del 1987. 

Anche se l’Unione Europea lo scorso giugno ha deciso di inserire il nucleare fra le fonti indispensabili alla transizione ecologica, so bene che questa “riconsiderazione” in Italia sarà difficile, perché il nostro è un Paese umorale, che ama sempre decidere con la “pancia” anziché con la ”testa”, e quindi preferisce cullarsi nel sogno di un’Italia alimentata dal sole e dal vento, salvo poi opporsi all’installazione di parchi eolici o solari “nei pressi di casa nostra”. 

Ribadisco il concetto: l’Italia è un Paese “emotivo”, “ansioso”, “ipersensibile”, che difficilmente riesce a ragionare con pacatezza su temi sia pure divisivi, ma che, a mio avviso, non si possono eludere. 

Noi preferiamo azzannarci sui dettagli, sulle ideologie, alimentando le paure, piuttosto che dibattere sul futuro del Paese e delle nuove generazioni, fra l’altro con la “spocchia” di essere sempre dalla parte dal giusto. 

E così in quel “nel frattempo”, grazie ai nostri ecologisti da operetta, continueremo a produrre energia bruciando metano (a prezzi da usura!) incuranti del fatto che il gas inquina sicuramente meno del carbone e del petrolio, ma inquina, e secondo recenti studi più di quanto si immaginasse. 

Continueremo cioè a fare da spettatori mentre altrove si decide, anche il nostro futuro. 

Continueremo a cullarci nell’idea che si possa riempire l’Italia di pale eoliche e pannelli solari, ben sapendo che, per quanti ne istalleremo, non saranno mai sufficienti a sostituire completamente le centrali a gas. 

Oltre a tutto facendo finta di non vedere che mulini a vento e pannelli fotovoltaici non è poi neanche facile istallarli, dato  che i vincoli delle Sovrintendenze, e le ordinanze regionali sull’uso dei terreni, stanno rallentando i 70 miliardi di investimenti nelle energie rinnovabili previsti dal Pnrr. 

Nonostante tutto io non perdo la speranza di una resipiscenza, perché stando ai sondaggi gli italiani stanno cambiando atteggiamento.

Secondo una recente rilevazione Swg la percentuale di italiani favorevoli ai reattori di ultima generazione oscilla fra il 49 ed il 55%, con un’ accettazione da parte dei giovanidi 16 punti superiore a quella degli over 55 (63% contro il 47%).

Come sempre però, i vecchi vezzi sono duri a morire. 

Infatti la maggioranza della popolazione (54%) è sì aperta a valutare la possibilitàdi fruire di queste tecnologie se saranno in grado di portare un reale risparmio in bolletta (nell’ipotesi di un dimezzamento della bolletta elettrica, infatti, i favorevoli salgono al 68%), ma purché le centrali siano costruite a una distanza significativa dalla propria abitazione.

Cosa volete, la sindrome del Nimby (Not in My Back Yard – Non nel mio cortile), sempre presente, a mio avviso rappresenterebbe il vero ostacolo ad eventuali nuovi impianti.

Ma alla fin fine l’importante è che il cittadino medio cominci a considerare che oggi il tema energetico rappresenta un vero e proprio trilemma: nel senso che  occorre rispettare l’ambiente, ma contemporaneamente è necessario ridurre la nostra dipendenza strategica e geopolitica dall’estero, e trovare soluzioni economicamente e finanziariamente percorribili, perché l’impatto dell’aumento dei costi energetici è violento non solo sulle industrie ma anche sul carrello della spesa.

Potrà non piacere, ma il nucleare concorre a rispondere a tutte tre queste esigenze.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

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