Medici no vax: siamo su scherzi a parte? Il ministro Schillaci caccia i terrapiattisti dalla sanità

Immaginate una Commissione mondiale di geografi incaricata di misurare la distanza tra Polo Nord e Polo Sud.
Per spirito di pluralismo, qualcuno ci infila due terrapiattisti convinti: quelli che guardano le foto satellitari e vedono… Photoshop.
E allora che si fa? Si mette ai voti la misura della Terra? E magari, per alzata di mano, la maggioranza decreta che il Pianeta è una pizza 4 stagioni, con l’emisfero Sud a base di carciofini.
Benvenuti nell’Italia del pluralismo a tutti i costi, anche a costo di sembrare ridicoli.
La vicenda della NITAG – la Commissione Scientifica che dovrebbe consigliare il Ministero sulle campagne vaccinali – è da manuale di commedia all’italiana.
Un organismo indipendente, con 22 esperti, nato per basare le decisioni su dati ed evidenze “scientifiche”, un luogo dove si decide se e come vaccinare i bambini o come prevenire un’epidemia.
Eppure dentro ci erano finiti, per “equilibri politici”, anche due medici diventati idoli dei No vax, Eugenio Serravalle e Paolo Bellavite, noti per avere espresso pubblicamente opinioni scettiche o quantomeno ambigue sui vaccini contro il COVID-19 e sui vaccini pediatrici.
Non a caso Francesca Russo, direttore della Prevenzione della Regione Veneto, dopo soli due giorni dalla nomina, ai primi di agosto aveva rinunciato alla designazione al NITAG, mettendo nero su bianco che la presenza di membri con posizioni antiscientifiche rendeva quella Commissione semplicemente indifendibile.
Due, non mille: bastano e avanzano per trasformare un Comitato scientifico in un’arena da talk show, dove l’uno vale uno, e l’epidemiologo si siede accanto al complottista col megafono.
Il ministro Orazio Schillaci, con un gesto di normalità (che in questo Paese allo sbando ormai sembra rivoluzionario), di fronte alla levata di scudi della comunità scientifica e di parte della politica, ha detto stop e ha sciolto la Commissione.
Via i terrapiattisti della sanità. Applausi.
Ma ecco la sorpresa: la Premier Giorgia Meloni, anziché dire “grazie” al suo Ministro, storce il naso.
E con lei una fetta del suo Partito, che pare ancora prigioniero di qualche cambiale elettorale firmata ai tempi delle piazze No vax.
Evidentemente, qualche vecchio debito con gli ambienti antivaccinisti non è stato ancora estinto. Certo potremmo anche leggerlo come un incidente estivo, che però rischia di lasciare qualche strascico nella maggioranza che anche nel recente passato ha dovuto affrontare il pressing dell’anima “no vax” al suo interno: dalla nomina della Commissione d’inchiesta sul Covid, alla decisione dell’Italia di non aderire al nuovo regolamento sanitario dell’Oms, fino al piano pandemico ancora non approvato.
Così, il “pluralismo” diventa l’alibi per mantenere aperta la porta agli apprendisti stregoni della scienza.
Come dire: se invitiamo Pasteur, invitiamo anche lo sciamano col tamburo, non si sa mai che porti qualche “spunto alternativo”.
Il pluralismo è una cosa seria, ci mancherebbe; ma non può diventare il bancone di un’osteria dove tutte le opinioni hanno lo stesso prezzo.
Altrimenti, domani, per coerenza, toccherà mettere i seguaci di Nostradamus nelle commissioni meteorologiche ed i fan di Harry Potter in quelle di ingegneria aerospaziale.
E magari qualcuno che ci dica pure che la bacchetta magica è una valida alternativa al vaccino.
Il problema non è il dibattito: la scienza vive di contraddittorio. Il problema è la caricatura. Perché quando un Governo difende il diritto dei No vax a sedere in una Commissione scientifica, non difende la libertà di pensiero.
Difende la superstizione, la propaganda, il folklore.
È come affidare l’Istituto Geografico Militare ad un gruppo di navigatori che giurano che “le mappe antiche dimostrano che Atlantide c’è”.
Il guaio è che i social hanno ormai sdoganato tutto: uno vale uno, l’esperto vale il barista, il virologo vale lo youtuber.
Il risultato? Un Paese che invece di vaccinarsi si cura con il bicarbonato.
E allora, cara Premier, diciamolo chiaro: questo non è pluralismo.
È populismo di bassa lega.
E se per tenere buoni i nostalgici del “io il vaccino non lo faccio perché me l’ha detto Facebook” si svende l’autorevolezza delle istituzioni scientifiche, allora sì: l’Italia rischia di diventare davvero quella pizza gigante di cui parlavamo all’inizio.
Ma non quattro stagioni: margherita.
Perché, diciamolo, in fondo è più facile da digerire.
Umberto Baldo













