4 Luglio 2022 - 10.49

Marmolada – I ghiacciai che si muovono… una tragedia che si poteva evitare?

di Umberto Baldo

La mission di Tviweb può essere riassunta in queste poche parole: fare informazione secondo un diverso punto di vista.
Non sempre forse ci riusciamo, ma il nostro obiettivo resta sempre quello.
In quest’ottica sarebbe facile, commentando la notizia del tragico crollo di un seracco sul ghiacciaio della Marmolada allinearci al clima di generale cordoglio per gli uomini e le donne che hanno perso la vita o sono ancora “dispersi”, sapendo che spesso questo è il modo pietoso con cui vengono indicate persone che si dispera di trovare ancora in vita.
Ma la di là della “pietas” per le vittime, che ritengo una caratteristica imprescindibile del nostro essere uomini, non posso eludere una domanda: ma cosa ci facevano quelle persone sul ghiacciaio della Marmolada con una temperatura di oltre 10 gradi sopra lo zero?
Possibile che a nessuno di loro sia venuta in mente che trovarsi là, in quelle condizioni climatiche, era una sfida alle più elementari regole che dovrebbero guidare chi ama e frequenta la montagna?
Certo credo sarebbe ingeneroso concludere con un “Se la sono andata a cercare!”, ma forse con un po’ di cautela, e di discernimento in più, “La strage del ghiacciaio”, come titola stamattina un quotidiano nazionale, si sarebbe potuta evitare.

Confesso che mentre scrivevo questo pezzo sentivo una certa apprensione, determinata dal timore di andare a urtare le giuste sensibilità dei familiari delle vittime di questa tragedia.
Non praticando l’alpinismo, mi sono limitato a sviluppare un certo ragionamento che mi sembra basato sul buon senso, che suggerisce di non esporsi a rischi inutili, finanche quello di perdere la vita, quando le condizioni climatiche oggettivamente non lo consentono.
Mi sono comunque tranquillizzato quando ho visto un’intervista del “Re degli 8.000” Reinhold Messner, in cui dichiara fra l’altro: “Un alpinista bravo, però, non va sotto un saracco in questo periodo: l’arte dell’alpinismo sta nel non morire in una zona dove questa possibilità esiste e, per riuscirci, bisogna tenere occhi e orecchie bene aperti. Sempre…”.
Dopo anni di servizi televisivi, di reportage, di articoli e di studi, anche il più sprovveduto di noi dovrebbe aver realizzato che i ghiacciai non sono immobili come sembra, e anzi si muovono in tutte le stagioni, in particolare d’estate.
D’estate perché fa più caldo, e le alte temperature determinano che ci sia più acqua a lubrificare il contatto tra il ghiaccio e la roccia. E se fa estremamente caldo, come in questi giorni, ma soprattutto nello scorso mese di giugno, le probabilità di uno scivolamento di queste masse di materiale ghiacciato aumentano a dismisura.
Per di più è ormai noto che l’aumento delle temperature non incide solo sul ghiaccio, ma anche sulla roccia, perché scongela la cosiddetta “acqua interstiziale” (quella che si insinua negli interstizi delle rocce) che, quando è ghiacciata, fa da collante. Lo scioglimento di quest’acqua rende meno stabili anche le rocce, favorendo crolli e frane.
Venendo da un inverno in cui ha nevicato molto poco, e avendo avuto una primavera particolarmente calda, gli esperti allertavano da tempo sullo stato dei nostri ghiacciai, che in questi giorni è già paragonabile a quello di fine agosto/inizio settembre.
Tutte queste considerazioni avrebbero dovuto essere ben note agli escursionisti che domenica si sono avventurati sotto il mortale seracco, venendone investiti dal crollo.
E a mio modesto avviso avrebbero dovute essere ben presenti anche alle Autorità che hanno competenza sulla montagna e sul turismo montano, e sono in possesso di dati aggiornati, spingendole se del caso a vietare cordate ed escursioni in certe zone particolarmente pericolose.
Lo so bene che è difficile ed impopolare imporre dei divieti, che la gente trova sempre il modo di aggirare!
E purtroppo il mondo è cambiato, e così mentre ero ragazzo e andavo in montagna con la mia famiglia, certe escursioni venivano praticate esclusivamente da gente esperta, negli ultimi anni si è perso il senso del limite, e la montagna è stata presa d’assalto da orde di novelli “Indiana Jones” ispirati dalla filosofia “no limits”, che affrontano le insidie delle ascese magari con le scarpe griffate che, si sa, vengono meglio nei selfie da postare sui social.
Tutte queste considerazioni non escludono comunque la fatalità, il caso, la sfiga se preferite, perchè, a quanto è trapelato, fra i dispersi ci sarebbero anche alpinisti della sezione Cai di Malo una guida alpina di Valdagno ed una di Tezze sul Brenta con la moglie.
Quindi gente preparata ed esperta, che avrebbe dovuto saper capire ed interpretare, o quanto meno mettere in conto, le condizioni meteo favorevoli al cedimento del seracco.
Rimane lo sgomento per questa tragedia, che conferma che con il mutamento del clima stiamo arrivando ad un punto di non ritorno, e proprio per questo dovrebbe indurci ad una sempre maggiore prudenza nel frequentare luoghi intrinsecamente pericolosi come i ghiacciai.
In fondo la montagna è bella anche passeggiando in un bosco, o ammirandola dondolandosi su un’amaca stesa fra due pini secolari.
Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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