13 Marzo 2025 - 9.36

“Fuori la Nato dall’Italia”. Con Trump il sogno dell’estrema sinistra si avvera

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Umberto Baldo 

Ricorderete che ieri vi ho intrattenuto sui problemi del riarmo cui si vede costretta l’Europa in conseguenza del nuovo corso della politica degli Stati Uniti.

Intendiamoci, Trump ne aveva parlato fin dal primo mandato; adesso sta solo cercando di dare attuazione alle sue visioni geo politiche.

Fra queste “visioni” inserirei sicuramente la sua crociata anti Nato, e credo che queste sue parole mostrino più di tante altre il suo pensiero: Se gli se Stati Uniti avessero un problema e si rivolgessero alla Francia o a qualche altro Paese che non nominerò e dicessero, ‘abbiamo un problema’, voi pensate che verrebbero ad aiutarci come dovrebbero? Non ne sono sicuro“.

E forse per far vedere che non scherza, gli Usa avrebbero notificato agli alleati che non intendono partecipare più alle esercitazioni militari in Europa oltre quelle già previste per il 2025. Come rivelato dal quotidiano svedese ‘Expressen’, lo stop dovrebbe riguardare manovre attualmente in fase di preparazione, e che dovrebbero tenersi in Svezia.

Ma la svolta di Trump non si esaurisce qui. 

Secondo le news del quotidiano britannico ‘The Telegraph’, il presidente degli Stati Uniti starebbe valutando la possibilità di ritirare 35.000 soldati americani dislocati in ambito Nato in Germania per spostarli in Ungheria, che ha ancora rapporti positivi con la Russia.

Quali siano le reali intenzioni del Tycoon è difficile capirlo; perché potrebbe veramente voler alla fine disimpegnare gli Usa dalla Nato, oppure usare questa minaccia per costringere noi europei a “caccia’ li sordi”.

Comunque sia, non posso non rilevare che  se l’obiettivo fosse proprio quello di un ritiro americano dall’Europa, di fatto un Presidente che “più di destra non si può” di fatto finirebbe per realizzare il sogno di generazioni di italiani ed europei. 

Cosa volete, ognuno resta sempre figlio del suo tempo, e quelli che come me hanno visto con i propri occhi le manifestazioni del ’68, non possono dimenticare gli slogan urlati dagli studenti (meno dagli operai credetemi), fra cui non mancavano mai “Yanqui, go home”,  magari  anche nella versione francese: “Ce n’est qu’un début, continuons le combat”.

Come vi dicevo si era verso la fine degli anni Sessanta, e la guerra del Vietnam occupava tutto lo spazio emotivo del grande gioco delle manifestazioni globali parigine, romane e milanesi (ma anche a Padova non ci facevamo mancare  niente eh!).

E allora i nomi dei Presidenti americani prendevano il suffisso boia: “Johnson Boia” o “Nixon Boia” , seguiti inevitabilmente  dal “Yankees go home”, perché allora andava così; bisognava essere tutti anti americani ed anti israeliani. 

Era così in tutte le piazze del mondo occidentale, dove si manifestava bruciando bandiere a stelle e strisce e innalzando quelle del nord Vietnam: Ho Chi-Minh era  l’idolo, il “sentiero di Ho Chi-Minh” era il percorso da seguire. I modelli i capelloni americani che si rifugiavano in Canada per sfuggire al “Nam”.

Non dimenticherò mai che nella mia Padova per lunghi anni all’ingresso del collegio Universitario “Arnaldo Fusinato” sventolò la bandiera del Viet Nam del Nord, come si trattasse di una sede diplomatica (o forse un avamposto della guerriglia Viet Cong).

Poco importa che ci fossero anche studenti come me convinti che in  Vietnam, in Cina, in Cambogia e poi anche in America Latina,  ci fossero milioni di morti ammazzati non dagli americani bensì dai compagni comunisti.

Allora eravamo in netta minoranza, un po’ come adesso sono in minoranza coloro che non inneggiano  agli sgozzatori del 7 ottobre gridando lo slogan di Hamas: “dalla riva del fiume Giordano a quella del mare, Palestina libera”, il che equivale a cancellare lo Stato di Israele dalla carta geografica.

Ma allora andava così, quelli erano gli anni, quelle le ideologie della maggioranza dei ragazzi. 

Ma c’era un altro tema piuttosto “gettonato” in quei cortei, espresso dallo slogan “Fuori l’Italia dalla Nato, fuori la Nato dall’Italia”.

Già perché egli anni ’60 e ’70 il nostro Paese fu teatro di numerose manifestazioni contro la NATO e la presenza delle basi militari americane sull’italico territorio. 

Queste proteste si inserivano in un contesto internazionale caratterizzato dalla Guerra Fredda, dal movimento pacifista, e dalla crescente opposizione alla politica estera degli Usa, in particolare la guerra in VietNam.

L’Italia, membro della NATO dal 1949, ospitava diverse basi militari statunitensi, soprattutto nel Nord e nel Centro del paese, strategicamente rilevanti per il contenimento dell’Unione Sovietica.

E non si contarono allora le manifestazioni di protesta davanti le basi di Aviano in Friuli, di La Maddalena in Sardegna, di Napoli e Gaeta, di Vicenza, caratterizzate da cortei e scioperi, blocco di accesso alle basi, scontri con la Polizia, occupazioni simboliche. 

Adesso forse non ce li ricordiamo più i movimenti  come il “No Dal Molin”, che a Vicenza protestava contro l’ampliamento dell’aeroporto militare americano; ben presto diventati appuntamenti fissi per le associazioni pacifiste ed ambientaliste, che protestavano anche contro la Caserma Ederle e la base Site Pluto di Longare.

Come accennato, a gridare “basta Nato” hanno iniziato probabilmente gli studenti degli anni ’70, ma poi hanno continuato, nei primi anni ’80, i pacifisti contrari alla dislocazione dei missili Cruise in Europa (e indifferenti agli SS20 sovietici).      Hanno proseguito i craxiani ai tempi di Sigonella (1985), credendo d’interpretare i desideri del Capo. 

Hanno fatto lo stesso anche i pacifisti per contestare il governo D’Alema, ai tempi dell’intervento in Kosovo (1999).

C’è poco da fare, chi è cresciuto a pane e “fuori la Nato dall’Italia” difficilmente cambia idea.

L’esempio della Russia che invade l’Ucraina ne è le riprova.

Una cospicua parte della popolazione, soprattutto in Italia, ha dato vita a un fenomeno inedito: per la prima volta non è stato chiesto all’invasore di tornare a casa, ma all’invaso di arrendersi. 

E uno dei motivi principali è sempre il latente antiamericanismo.

Il supporto degli Stati Uniti e della Nato al popolo ucraino, e la conseguente contrapposizione alla Russia, ha risvegliato le vecchie incrostazioni ideologiche, e le antiche posizioni contrarie al “passato guerrafondaio statunitense”, senza concentrarsi su un presente profondamente cambiato. 

Detta diversamente,  molti non  riescono ancora a scindere la realtà dell’oggi dalle scorie del passato. 

Bisogna essere fedeli alla linea sempre; e se per una vita si è criticato l’interventismo americano, il tempo del “Yankee go home” è sempre attuale.

Il paradosso è che questo sogno coltivato per oltre mezzo secolo potrebbe ora realizzarsi a causa del neo-isolazionismo e delle mattane di Donald Trump.

Che poi questo ritiro comporti più spese per la difesa chissenefrega; per questi anti-americani di mestiere varrà sempre e solo  il “Via l’Italia dalla Nato”.

Per andare dove e con chi non lo dicono, purché non con gli imperialisti-guerrafondai a stelle e strisce.

I compagni Vladimir e Xi si uniscono al coro, e ringraziano.

Umberto Baldo

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