6 Maggio 2015 - 9.20

EXPO – Ecco perché Milano è diventata la capitale morale del Paese

expo

di Marco Osti

Passati alcuni giorni dall’inaugurazione di Expo e dalle devastazioni che qualche centinaio di teppisti ha perpetrato a Milano, durante il corteo di chi manifestava pacificamente contro la Fiera Universale, proviamo a fare il punto su cosa abbiamo appreso da quanto avvenuto in quell’ormai famoso 1° maggio.

Expo
L’evento è partito e potrà essere il successo di presenze che tutti dobbiamo augurarci sia. Nei sei mesi di durata dell’evento sono attesi oltre 20 milioni di visitatori, provenienti da ogni parte del mondo. Il loro arrivo non riguarda solo Milano, perché chi viaggerà per migliaia di chilometri non si limiterà a un tour per i padiglioni di Expo e a scoprire la città.
Girerà l’Italia, visiterà musei, mangerà in ristoranti e bar, porterà lavoro e potrà dare una prima spinta alla ripresa del Paese.
Noi dovremo sapere cogliere e sfruttare l’occasione.
Tutto ciò non era scontato riuscisse come non era scontato che si arrivasse all’inaugurazione con i padiglioni terminati, visti i ritardi accumulati negli anni precedenti. Invece il miracolo è riuscito e questo ci insegna ulteriori cose.
In primo luogo che l’Italia ha risorse e competenze straordinarie e spesso lo dimentica. In pochi mesi è stato fatto quello che non era stato realizzato in anni precedenti. Ancora una volta ci siamo comportati come lo studente immaturo, ma di talento, che non si applica l’intero anno e studia tutto l’ultima notte. Poi passa gli esami, ma non avrà mai approfondito le materie come avrebbe potuto.
Avere capacità e sprecarle è un’offesa a chi ne è sprovvisto e ogni giorno si impegna al massimo per migliorarsi.
Non va dimenticato che la Fiera non è completa, come doveva essere rispetto al progetto iniziale, e molte cose non sono state realizzate perché non ci sarebbe stato il tempo per costruirle.
Expo è quindi anche un’occasione mancata di raggiungere l’eccellenza, che avremmo potuto conseguire e di questo devono essere cercati i responsabili in chi si è perso in giochi di poteri e burocratici e di corruzione e ha buttato via tempo prezioso.
A partire dall’ex presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni e dall’ex sindaco Letizia Moratti, che ancora oggi contestano le rispettive scelte, fino a chi ancora una volta ha vergognosamente trasformato un evento del Paese in occasione di malaffare e corruzione.
Allo stesso tempo l’impresa compiuta a Expo è un successo di abnegazione di chi ha lavorato per arrivare a costruire tutto in poco tempo, tra cui, va sottolineato e ricordato a chi finge di scordarsene, le migliaia di lavoratrici e lavoratori di origine straniera (e probabilmente non tutti erano regolari, diciamocelo), che insieme agli italiani hanno ogni giorno sudato fianco a fianco.
Senza loro tutto ciò non sarebbe possibile, per questo i lavoratori sono i primi artefici del successo di Expo e meritano un riconoscimento altissimo da parte degli italiani.

No Expo
In merito al Movimento No Expo abbiamo capito che certamente non ha nulla a che fare con i delinquenti che hanno devastato parte del centro di Milano, ma allo stesso tempo la loro insistenza nel manifestare contro iniziative di questa natura induce a qualche riflessione.
Questo Movimento si inserisce in quello più complessivo contro la globalizzazione, che ha assunto anche altre forme, tra cui ad esempio la contestazione alla realizzazione della Tav in Val di Susa.
Ẻ chiara quindi la logica di opposizione, ma nella manifestazione di contrarietà sfugge ai più la proposta alternativa e questo potrebbe dipendere anche da una strategia di protesta, che evidentemente non incide ed è scavalcata da chi sfrutta le manifestazioni pacifiche per portare caos, disordini e violenza.
Già posizionarsi con un NO a qualcosa, senza identificarsi per cosa si vuole dire SI’ è un limite comunicativo, anche già sotto il profilo nominalistico.
Ad esempio per Expo si capisce che le obiezioni sono al messaggio che la Fiera vuole trasmettere in tema di nutrizione, con una generica opposizione a logiche di massificazione della produzione alimentare, che porterebbe benefici economici e speculativi solo alle multinazionali del settore agroalimentare.
Un tema importante, che evidentemente richiede un approfondimento e su cui andrebbero sviluppate serie valutazioni rispetto all’impatto di determinate politiche, ad esempio sulla coltivazione e l’allevamento intensivi, da coniugare con la necessità di nutrire miliardi di persone nel mondo.
In quest’ottica chi vuole portare sulla questione proposte e valutazioni differenti dovrebbe in linea teorica essere favorevole a una manifestazione come Expo, quale luogo di dialogo e confronto, rispetto al quale sarebbe da porre in atto una protesta se tale spazio non fosse accessibile a idee differenti, come in realtà potrebbe essere.
Porsi nella logica che se idee contrarie a quella guida della manifestazione non sono condivise allora deve essere eliminata la manifestazione stessa appare una protesta riduttiva e inefficace.
Tutto ciò dovrebbe probabilmente indurre il Movimento No Expo, come quello in generale quello No Global, a valutare iniziative di protesta diverse, anche perché in caso contrario, alla luce di quanto avvenuto, probabilmente in futuro andrà valutato di spostare le manifestazioni fuori dalle città.
Gli organizzatori però dovrebbero cominciare a porsi il problema che le loro ragioni vengono sistematicamente fatte passare in secondo piano da violenti e devastatori, che sfruttano le manifestazioni collettive per infiltrarsi e provocare danni a cose e persone.
E questo aspetto induce a un altra considerazione sul comportamento della Polizia.

Intervento delle Polizia
La gestione della protesta di Milano da parte della Polizia ha dimostrato che esiste un modo alternativo e meno pericoloso per le persone di quello utilizzato a Genova in occasione del G8 del 2001.
Allora le forze dell’ordine attaccarono il corteo nel quale si erano infiltrati i teppisti vestiti di nero, i quali, organizzati militarmente e strategicamente, riuscirono a devastare parte della città, mentre la Polizia manganellava chi sfilava pacificamente.
A questa situazione si è poi aggiunto l’orrore della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto, dove ragazze e ragazzi indifesi e disarmati furono massacrati .
Comportamento che ha portato, dopo anni, all’accusa di tortura da parte dell’Unione Europea.
In quell’occasione per una notte in Italia fu sospesa la democrazia, la Polizia si inventò prove inesistenti e massacrò civili innocenti.
Tutto ciò in un Paese civile e democratico è inaccettabile e vergognoso. Senza se e senza ma.
A Milano questo non è avvenuto e chiunque creda in una società civile e democratica deve essere orgoglioso che la propria Polizia ha imparato dai propri errori.
A Milano non si è caduti nell’imboscata dei violenti, che volevano ancora una volta coinvolgere gli innocenti partecipanti alla manifestazione, di cui si può non condividere le argomentazioni, ma dei quali deve essere garantita la possibilità di manifestare il proprio democratico dissenso.
A Milano i violenti sono stati isolati, così hanno causato danni alle cose, ma non alle persone e nessuno si è ferito gravemente.
Ẻ evidente che i poliziotti con questa strategia si sentono limitati nella possibilità di intervento, ma è risultata utile a evitare danni umani.
Ẻ altrettanto vero che sarebbe stata necessaria un’azione successiva per andare a scovare i teppisti, una volta che si erano vigliaccamente spogliati dei loro indumenti neri e di nuovo mischiati alla folla.
Non è stato fatto perché il rischio di incorrere in qualche strumentalizzazione da parte di qualcuno che fingeva di essere stato ferito dalle forze dell’ordine era alto e oggi l’Italia non poteva permettersi agli occhi del mondo di essere accusata di nuove azioni repressive.
Per questo motivo si è detto che non è stato fatto abbastanza dopo gli scontri e i poliziotti si sono sentiti mortificati.
Hanno ragione, ma è stato chi a Genova perpetrò un massacro a danno di innocenti, a far perdere autorevolezza nel mondo alla Polizia italiana e oggi la costringe a comportamenti forse più morbidi di quanto necessario per recuperarla.
In ogni caso l’Italia ha dimostrato che si può organizzare un evento e subire un attacco grave da parte di violenti, senza perdere la propria dignità di Paese democratico e in grado di fare fronte ai problemi.
Come hanno poi dimostrato i milanesi.

Milano esempio per il Paese
Già la sera del 1° maggio i cittadini avevano cominciato a ripulire le strade e i muri di Milano, a riparare le vetrine e i portoni, a fare fronte all’emergenza dei danni.
In quelle ore, il giorno successivo e alla manifestazione di domenica 3 maggio, quando oltre 20 mila persone si sono trovate nelle piazze e nelle vie per continuare l’opera di pulizia e di ripristino di aziende e negozi, per essere pronti il lunedì a riprendere il lavoro, Milano ha recuperato la dignità di capitale morale del Paese, che non si arrende di fronte all’inciviltà e al sopruso.
Milano è tornata simbolo di pulizia di una Italia che deve combattere il malaffare, l’immoralità, la violenza verbale e fisica, simbolo di una Italia che sa convivere nelle difficoltà, che sa essere accogliente e operosa, che sa valorizzare il talento.

Il 1° maggio di quest’anno, partendo dai fatti negativi, può quindi essere colto come un segnale importane per il futuro, in cui gli italiani si possono nuovamente riconoscere in un progetto collettivo di sviluppo e benessere.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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