27 Maggio 2022 - 10.35

Crollano Borse, Obbligazioni e Btp. Che fare?

di Umberto Baldo

In questo nostro Paese che si affanna a cercare sempre più strumenti anti-povertà, in cui non si contano più i bonus elargiti a pioggia spesso a chi non ne ha diritto, in cui le parole più usate nella narrazione politica sono “disuguaglianza” e “bisogni”, c’è qualcosa che non mi torna.
Intendiamoci, non voglio certo negare che ci siano fasce di popolazione che fanno fatica ad arrivare a fine mese, e sulle quali i rincari di luce e gas, e adesso l’inflazione, si sono abbattuti come un maglio, aggravandone le difficoltà.
Ma se si abbandona per un attimo l’approccio pauperistico “alla Caritas”, mi si passi il termine, e si va a guardare invece l’altra faccia della medaglia, vale a dire i dati della ricchezza degli italiani le cose cambiano, eccome se cambiano.
E ci si trova di fronte ad una sorta di paradosso.
Quello di uno Stato che si sta svenando per erogare soldi e redditi a destra e a manca, ipotecando così il futuro dei nostri ragazzi, che prima o dopo quel debito lo dovranno pagare, e un massa di ricchezza in mano ai cittadini che non ha uguali in nessun altro Paese.
Si potrebbe descrivere la situazione usando come similitudine la battuta di un politico della prima Repubblica quando descriveva lo status del suo partito: “Il convento è povero, ma i frati sono ricchi”.
Quali sarebbe questi frati ricchi?
Ma gli italiani, visto che a fine 2020 la ricchezza netta delle famiglie era pari a 10.010 miliardi di euro, 8,7 volte il loro reddito disponibile, con una crescita dell’1% (circa 100 miliardi) rispetto al 2019 (Fonte Istat-Banca d’Italia), e sulla base dei dati del 2019 (fonte Sole 24 Ore) il risparmio gestito, vale a dire il patrimonio accumulato dalle gestioni collettive e da quelle di portafoglio, era di 2.280 miliardi. Un ammontare di ricchezza quasi pari all’intero debito pubblico che, appunto a ottobre 2019 era di 2.447 miliardi.
E in questi anni di tassi a zero o negativi, che sembrano ormai all’epilogo, nei quali le Banche Centrali hanno inondato le economie occidentali di liquidità, gli italiani ne hanno approfittato per far crescere anche i depositi bancari, che valgono più o meno quanto il Pil nazionale.
E al di là di quello che si è voluto far credere, neppure il Covid ha invertito la tendenza, tanto è vero che tra il 2019 e il 2021, nei due anni di pandemia, la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane è aumentata, in totale, di 334 miliardi di euro (+7,17).
Ecco perché sostengo che parlare di un Paese ridotto alla povertà è del tutto fuorviante.
Come accennato, le vedo anch’io le code alle sedi della Caritas in certe città, ed è sicuramente giusto aiutare questi cittadini in difficoltà, ma chi tende a far passare l’idea che quella sia la fotografia dell’Italia, mente sapendo di mentire.
E forse basterebbe fare qualche controllo in più a livello fiscale per rendersi conto che molti poveri sono in realtà evasori od elusori con l’Isee ovviamente molto basso.
Data la situazione reale, non falsata da certa propaganda ideologizzata, della ricchezza in mano ai cittadini, è chiaro che, in questa fase, fra coloro che hanno investito in strumenti finanziari ci sia un po’ di sconcerto, di disorientamento.
Basta anche solo ascoltare la trasmissione radiofonica “Focus economia” di Sebastiano Barisoni su Radio 24 per rendersene conto.
Perchè ad interloquire con il conduttore non sono certo “Paperoni” come Leonardo del Vecchio o Luciano Benetton, bensì semplici cittadini preoccupati di come sta girando l’economia in relazione ai loro risparmi ed ai loro investimenti.
E hanno ragione ad essere preoccupati.
Perché in questi mesi stiamo assistendo a quella che si chiama “anomalia” dei mercati finanziari.
Una delle regole auree dell’economia dice che quando si verifica uno shock finanziario, azioni ed obbligazioni vanno in direzione opposta. Ed è in base a questo assioma che i consulenti finanziari vi consigliano sempre di avere in portafoglio entrambe le asset class.
Ma in questo scorcio del 2022, che proprio uno scorcio non è più visto che siamo quasi a metà anno, stanno crollando sia le azioni che le obbligazioni che i titoli di Stato, ed il motivo è che gli operatori finanziari temono sia una stretta monetaria (aumento dei tassi iniziato dalla Fed, e ventilato dalla Bce), sia una recessione.
Non è un fenomeno frequente, anzi si tratta di un evento piuttosto raro, e l’ultima volta in cui si registrò una perdita simultanea su base annua, sia di azioni che di obbligazioni, fu nel 1981.
Anche sull’oro, considerato bene rifugio per eccellenza, hanno prevalso le vendite, e se qualcuno immaginava che beni rifugio potessero essere magari anche le cripto valute, le ultime settimane hanno fornito la prova che si tratta puramente di asset speculativi basati sul nulla, se non il valore attribuito loro da fans, criminali e terroristi.
Certo non è frequente avere una successione di eventi, ognuno dei quali si potrebbe definire un “cigno nero”.
Prima due anni di pandemia con i lockdown e l’esplosione dei prezzi delle materie prime, poi in piena fase della ripresa la botta della guerra in Ucraina.
A questo si sono aggiunte le incertezze, per non dire di peggio, delle Banche Centrali, che non sono riuscite a capire per tempo l’esplosione dell’inflazione, ed agire di conseguenza.
A mio avviso sulla discesa dell’azionariato hanno influito anche i cosiddetti “algoritmi”, che ormai guidano in automatico una parte consistente degli scambi, e che sono particolarmente reattivi alla volatilità, con un effetto pro-ciclico (nel senso che più aumenta la volatilità più innescano le vendite, finendo così per accentuare la tendenza).
E’ comprensibile che il piccolo risparmiatore stia vivendo male questa fase, e che ogni volta che scorre gli indici di Borsa in calo, o le quotazioni dei Btp, gli venga un tuffo al cuore.
Se uno non ha bisogno impellente di liquidità, io consiglio di non guardare neppure gli indici e le quotazioni, aspettando che cambi il vento.
Ciò perchè è noto che vendere quando la Borsa cala è generalmente un errore, non solo perchè si incassano perdite invece di guadagni, ma soprattutto perchè si rinunzia alle opportunità di recupero che si presenteranno quando i mercati invertiranno la tendenza, e ciò prima o poi succederà.
E’ vero che la storia non si ripete necessariamente, ma la pazienza, il sangue freddo, e la visione di lungo termine, quasi sempre vengono ricompensate dei mercati.
Ovviamente se poi uno non ci dorme la notte, o passa tutta la giornata davanti al computer a seguire col batticuore gli indici di borsa, allora forse è meglio che venda, perchè la salute vale sempre più degli schei.
Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

Potrebbe interessarti anche:

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
CAPITALE CULTURA
UNICHIMICA