Marzotto presidente Cuoa: una scelta etica?
Matteo Marzotto presidente del Cuoa di Altavilla. Una scelta giusta ed eticamente condivisibile, quando sul bel Matteo pesa come un macigno una inchiesta per evasione fiscale? Una domanda che avrebbe dovuto far riflettere il consiglio generale della fondazione che ha preso questa decisione. Ville a Cortina, appartamenti a Roma e Milano e perfino un castello a fronte di imposte non pagate e profitti girati alle Cayman. I pm di Milano un paio di mesi fa hanno chiuso le indagini per tredici indagati per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi tra cui Matteo, Vittorio, Diamante, Maria Rosaria Cristiana e Margherita della famiglia Marzotto.
Le indagini riguardano una presunta omessa dichiarazione dei redditi nata da una verifica fiscale fatta dall’Agenzia delle entrate e la vendita del marchio Valentino Fashion Group da parte dei Marzotto e Donà Delle Rose avvenuta nel 2008 al fondo Permira.Secondo l’accusa sarebbe stata realizzata una plusvalenza di 200 milioni di euro, ottenuta in Lussemburgo (attraverso la società Icg) senza pagare tasse per circa 65 milioni di euro.
Per questo a novembre scorso erano stati sequestrati degli immobili tra cui una villa a Cortine e alcune case a Roma. Da un nuovo calcolo la cifra però sarebbe salita da 65 a 71 milioni di euro.
Secondo l’ipotesi accusatoria un anno dopo l’operazione, nel 2008, Matteo Marzotto veniva nominato dal governo Berlusconi presidente dell’Enit, l’Agenzia Nazionale del Turismo, l’Ente che ha il compito di promuovere l’immagine unitaria dell’offerta turistica nazionale e di favorirne la commercializzazione subentrato con accresciute e più articolate missioni istituzionali ad una quasi centennale attività dell’Ente Nazionale Italiano per il Turismo. Nell’estate 2009 ne era diventato commissario. “Attraverso le indagini svolte – spiegava una nota della Guardia di Finanza – è stato possibile individuare i luoghi in cui venivano effettivamente assunte le decisioni ed impartite le direttive sulla gestione della società di diritto lussemburghese. Le risultanze probatorie hanno permesso di riqualificare la holding come soggetto fiscalmente residente nel territorio nazionale con conseguente emersione dell’obbligo di denuncia al Fisco di una plusvalenza da cessione di partecipazioni”. Secondo l’ipotesi della procura di Milano, nel 2007, quando Valentino Fashion Group fu venduta al fondo Permira, i proprietari della maggioranza relativa, appartenenti alle famiglie Marzotto e Donà dalle Rose, avevano prima venduto le loro quote alla Icg, che ha sede in Lussemburgo e di cui sono comunque sempre proprietari, e poi attraverso la Icg avevano concluso con il fondo l’operazione da 2,6 miliardi di euro, un vero e proprio record anche per l’epoca pre-crisi. I magistrati ipotizzano che si sia trattato di una esterovestizione, che ha avuto come effetto quello di non pagare le tasse in Italia.














