10 Ottobre 2025 - 14.43

Mamme No-Pfas sullo studio della Regione: in ritardo, a porte chiuse e in un’area limitata. Ci sono 4 mila morti di troppo

Riceviamo e pubblichiamo un comunicato delle Mamme No PFAS sulla recente iniziativa della Regione Veneto di avviare uno studio epidemiologico sulla parte della zona rossa della contaminazione PFAS.

La Giunta Regionale del Veneto – scrivono – ha recentemente comunicato di aver deliberato l’avvio di un’indagine epidemiologica retrospettiva sulla popolazione residente nel territorio dell’ULSS 8 “Berica” esposta ai PFAS

È senza dubbio una buona notizia: si tratta infatti dell’accoglimento di una delle fondamentali richieste proposte con forza ed insistenza dal gruppo Mamme NO PFAS, da diverse altre associazioni oltre che da molti cittadini, per conoscere il reale impatto sulla salute della popolazione residente nelle aree contaminate.

Accanto alle ragioni di soddisfazione, riteniamo però opportune alcune osservazioni in merito.

Innanzitutto, questa iniziativa arriva con quasi 10 anni di ritardo: lo studio epidemiologico sulla popolazione esposta era infatti già stato deliberato dalla Regione Veneto nel lontano 2016, ma non era mai stato avviato nonostante le nostre pressanti richieste degli ultimi anni.

Le ragioni del mancato svolgimento di quello studio non sono chiare malgrado fosse stato tutto predisposto per il suo avvio tempestivo, come testimoniato nel recente processo penale “Miteni” dall’alto dirigente dell’Istituto Superiore di Sanità competente per questo studio.

Se questa indagine fosse stata condotta nei tempi previsti, già da tempo avremmo conoscenze scientifiche importanti sugli effetti dell’esposizione a lungo termine di queste sostanze, con fondamentali ricadute anche sul piano della prevenzione.

Siamo comunque lieti che, quantomeno sul finire della legislatura, la Giunta Regionale e l’Assessore alla Sanità, siano riuscite a recuperare quelle risorse che, come riferito nella risposta ufficiale ad una interrogazione consiliare, finora non erano state reperite per l’avvio di questa indagine epidemiologica (Interrogazione a risposta immediata n. 413 del 3 luglio 2023).

In attesa di leggere la delibera regionale e la relativa documentazione tecnica, segnaliamo di seguito le due principali criticità che sembrano emergere dalle informazioni contenute nel comunicato stampa:

1. Ambito geografico limitato: esclusa gran parte dell’area contaminata

Lo studio epidemiologico sembra essere stato ristretto alla sola ULSS 8 Berica (Vicenza), escludendo così ampie porzioni dell’Area Rossa di massima contaminazione che ricadono nelle province di Padova e Verona.

2. Studio a “porte chiuse” 

Nel comunicato stampa non si menziona il coinvolgimento delle associazioni, dei comitati e dei cittadini che da oltre un decennio si battono per la salute della propria comunità e che hanno contribuito in modo significativo alla conoscenza, anche scientifica, del problema. Auspichiamo che lo studio non sia gestito a “porte chiuse”: non solo è inopportuno, ma contravviene ai principi fondanti della Regione stessa, tra cui gli artt. 8 e 9 dello Statuto sulla partecipazione alle scelte amministrative e il diritto dei cittadini a essere informati sui rischi per la salute e sull’ambiente.

  • Necessità di trasparenza. Un’iniziativa di tale importanza per la salute pubblica non può e non deve essere gestita a “porte chiuse”. La citizen science e il contributo delle associazioni sono essenziali per la credibilità stessa e la reale efficacia dello studio. 
  • Necessità di uno studio partecipato. La Regione Veneto aveva già valutato la fattibilità di uno studio epidemiologico partecipato in merito alla contaminazione da PFAS (Delibera numero 1402 del 23 settembre 2020 del Servizio Sanitario Nazionale – Regione Veneto – Azienda Ulss numero 8 Berica, depositata nel processo penale “Miteni”).

Il gruppo Mamme No PFAS chiede dunque alla Regione Veneto:

  1. L’estensione dello studio epidemiologico a tutti i comuni dell’Area Rossa e zone limitrofe contaminate.
  2. La massima trasparenza sulle metodologie utilizzate. 
  3. L’istituzione di un organismo di coordinamento dello studio epidemiologico che preveda un monitoraggio indipendente con la partecipazione attiva dei cittadini e delle associazioni coinvolte, come anche indicato nella recente sentenza della Corte Europea per i Diritti dell’uomo.

Chiediamo infine di poter incontrare i rappresentanti della Regione Veneto per poter discuterne di persona: non possiamo permettere che, dopo tanti anni di attesa, uno studio fondamentale per la salute dei nostri figli e della nostra terra rischi di nascere viziato da limiti geografici e da mancanza di coinvolgimento dei cittadini interessati.

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