12 Giugno 2023 - 15.28

Silvio Berlusconi, un uomo che comunque resterà nella storia d’Italia

Umberto Baldo

Alle 9,30 di oggi l’Italia intera ha metaforicamente rivolto lo sguardo verso le finestre dell’ospedale San Raffaele di Milano, dove Silvio Berlusconi ha cessato di vivere. 

Stavo lavorando al computer, quando improvvisamente sono cominciate ad apparire sul video notizie dalle Agenzie di Stampa, dai giornali nazionali e stranieri, subito seguite  dalle espressioni di cordoglio ed dai commossi ricordi di compagni di Partito, di avversari politici, di leader stranieri, di gente comune.

Comunque la si pensi, sia che lo sia amato, sia che lo sia odiato (perché inutile nascondercelo la sua vita è stata accompagnata dall’odio di molti) credo sia impossibile negare che oggi l’Italia politica è un po’ di più povera. 

La sua vita più che un “coccodrillo” meriterebbe un trattato politico, perché nel bene e nel male l’uomo è riuscito a conquistare un posto nella storia di questo nostro Paese.

Berlusconi figlio di una famiglia borghese milanese, sua madre era una casalinga e suo padre un impiegato della Banca Rasini, ha sempre portato avanti la bandiera del self-made businessman: 

Personaggio svelto, vulcanico, simpatico, dotato di enormi doti retoriche e sociali, che gli hanno permesso di affermarsi negli anni ’50 come cantante sulle navi da crociera con l’amico Fedele Confalonieri (attuale presidente di Mediaset), e poi come abile costruttore e venditore di immobili.

Profondo conoscitore delle debolezze e delle aspirazioni degli italiani,  prima costruì il suo impero sul cemento dei grandi complessi urbani milanesi, per poi spostare il suo business sulla comunicazione e sulle televisioni.

Certo in qualche modo è stato aiutato dall’amico Bettino Craxi, ma non c’è dubbio che ha contribuito a cambiare il modo di fare televisione in Italia, influenzando e condizionando per sempre anche la grande concorrente pubblica, la Rai, a colpi di Drive In e di Dallas.

In questo credo si debba riconoscere la grande rivoluzione berlusconiana, di un uomo che per raggiungere i suoi obiettivi ha sempre saputo che avrebbe dovuto estendere il suo controllo ai canali di comunicazione e del tempo libero, dove avrebbe trovato una grande classe media in crescita che avrebbe dominato i consumi del Paese. 

Dalla rivoluzione della comunicazione, con la successiva estensione del business all’editoria, alla grande distribuzione ed alla finanza, alla fondazione del primo Partito-Azienda, basato più sulle leggi di mercato che sulle vecchie ideologie, il passo era quasi obbligato, e Berlusconi lo ha compiuto sulle macerie della Prima Repubblica, caduta con le inchieste di Mani Pulite.

E così nel 1994 ha saputo cavalcare il rifiuto dei partiti e di “quelli che c’erano prima”, l’odio per il palazzo, l’antiparlamentarismo, imponendo il suo “ghe pensi mi” come strumento di palingenesi liberale e morale.

In questo probabilmente sta la sua grandezza, nell’aver capito e colto prima di altri i mutamenti profondi che si muovevano nelle viscere della società italiana, sfibrata dagli anni del terrorismo e dalla guerra fredda, e bisognosa di nuovi miti, di una leggerezza svagata, di sogni di ricchezza a portata di mano.  

Berlusconi ha saputo  unire politica, sport e pubblicità nel suo cocktail shaker magnetico, e ha servito agli italiani un drink di successo che ha dato il tono a tanti fenomeni che sarebbero arrivati ​​quasi due decenni dopo, come ad esempio il Trumpismo, che assomiglia molto al Berlusconismo, pur essendo molto più eversivo e quindi pericoloso. 

Berlusconi aveva in mente un cliché ben definito, quello dell’uomo ricco, fatto da sé, e capace di estendere la formula del suo successo alla gestione del bene comune. 

Silvio amava persuadere, sedurre, piacere agli altri:  e si vedeva che aveva difficoltà ad accettare che ci fosse una parte di italiani che non si riconosceva nelle due idee, perché vi coglieva l’opportunismo di un uomo che aveva scelto la politica non per vocazione, ma per cinica autodifesa dei suoi interessi.

Credo sarebbe sbagliato farne un santino, anche se la tentazione di fronte alla morte è sempre forte.

Il suo lungo  percorso non è sempre stato del tutto limpido;  ha subito le accuse di prostituzione minorile, di intercettazioni illecite; per anni sono stati indagati i suoi legami con la mafia e la dubbia origine della sua fortuna, secondo alcuni legata appunto a Cosa nostra. 

Si vantava senza vergogna delle sue amicizie con  dittatori come Vladimir Putin,  incoraggiava i voltagabbana, i cambi di casacca dei  parlamentari, raccontava barzellette inaccettabili alla luce della normale correttezza politica.

Non c’è dubbio che abbia rappresentato l’ossessione di un certo tipo di politica e magistratura, anche se alla fine fu condannato solo per frode fiscale, sentenza che gli costò comunque l’interdizione politica, ma che   a mio avviso segnò l’inizio del suo destino.

Sicuramente un lottatore fino all’ultimo giorno della sua vita, ma con il limite, forse connaturato al suo essere il “Re di Forza Italia”, dell’incapacità di indicare un successore in un Partito che a mio modesto avviso difficilmente riuscirà a sopravvivergli.

Credo che, al di là delle frasi scontate, del cordoglio e del dolore più o meno sentito, nelle stanze dei palazzi romani, e credo anche europei, sia proprio questa la domanda che si fanno in molti: che fine farà Forza Italia orfana del suo Padre-padrone?

La penso come un esponente politico che gli è sempre stato fedele, Gianfranco Micciché, che a caldo da detto queste parole: “«Non ci sarà più Forza Italia. Muore con Silvio. E’ un fatto scontato.  Il nostro non è un partito da congresso per sapere chi prende la direzione del partito.  Assisteremo alla lite su chi è proprietario del simbolo, a chi non lo è. Già so come andrà a finire. Ma ora non voglio pensarci, voglio solo capire quando saranno i funerali e se saranno pubblici”.

Io credo che dopo le esequie, dopo le belle parole, in Forza Italia si affileranno i coltelli, e probabilmente comincerà la diaspora verso la Meloni, Salvini, e io non escludo anche Renzi.

Ma di questo avremo modo di parlarne.

Oggi non il momento, oggi è il momento della “pietas”, oggi è il momento della tristezza, oggi è il momento del rispetto di fronte alla morte di un uomo.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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