9 Giugno 2022 - 9.26

PILLOLE DI ECONOMIA – Ma le mafie sono criminalità od economia?

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di Umberto Baldo

Secondo voi le mafie sono un fenomeno criminale od economico?
Bella domanda, vero?
Se uno pensa agli omicidi, alle estorsioni, agli incendi, alle bombe, a Falcone e Borsellino, sarebbe portato a dire senza ombra di dubbio “criminalità”; ma se poi si guarda più attentamente a come le mafie agiscono sui territori, in particolare negli ultimi decenni, risulta evidente che l’intreccio tra sistema illegale mafioso e sistema legale è spesso non identificabile né scindibile; in quanto si tratta di uno stesso fenomeno che produce i suoi effetti soprattutto all’interno del sistema economico.
Non c’è alcun dubbio che l’Italia si caratterizzi non solo per il numero delle mafie operanti nel proprio territorio (Cosa Nostra, N’drangheta, Camorra, Sacra Corona Unita), ma anche perché ne è il primo “esportatore” al mondo.
Un primato di cui non andare certamente fieri!
Ormai non c’è continente dove le nostre “onorate società” non si siano saldamente insediate, ma il vero problema è che mentre da noi con questo fenomeno ci conviviamo da lungo tempo, e bene o male lo conosciamo anche se non riusciamo a venirne a capo, negli altri Paesi non hanno gli anticorpi, ed in genere si accorgono della loro presenza solo quando sono penetrate profondamente nei gangli dell’economia legale.
E’ di questi giorni la notizia che l’Australia è in mano alle mafie italiane, nei decenni divenute in grado di legare a sé bande criminali mediorientali, triadi asiatiche e cartelli sudamericani, che stanno inondando il Paese di droghe illecite.
Stiamo parlando di cinquantuno famiglie criminali, di cui almeno 14 diretta espressione di riconosciuti clan di ‘Ndrangheta, con circa cinquemila affiliati, attivi in almeno cinque Stati della Federazione australiana.
Non si tratta di notizie di stampa; la fonte è l’Australian Federal Police, per bocca del Vice Commissario Nigel Ryan, che ha dichiarato che: “I clan di ‘Ndrangheta immettono i loro guadagni illeciti nelle loro legittime attività di costruzione, agricoltura e ristorazione”.
Come vedete il meccanismo è sempre quello, che noi italiani purtroppo conosciamo bene.
Gli uomini della N’drangheta “australiana” (sic!) hanno accumulato patrimoni enormi con lo spaccio degli stupefacenti, e mantenendo un profilo basso, vivendo vite modeste in case modeste, sono riusciti a rimanere a lungo fuori dai radar delle autorità di polizia, e hanno investito i capitali di provenienza illecita in attività lecite, infettando così tutti i settori dell’economia.
Di positivo c’è che gli Australiani, dopo essersi resi conto del fenomeno, non solo si sono fortemente preoccupati, ma hanno messo in piedi in collaborazione con l’Fbi un’applicazione chiamata “Anom”, con la quale hanno intercettato e registrato per quattro anni i “picciotti”, il che ha permesso di far scattare una maxi-operazione internazionale che ha portato a oltre mille arresti in tutto il mondo, di cui 383 in Australia, ed al sequestro di 6,3 tonnellate di droghe illecite, e di 55 milioni di dollari in contanti.
Scherzando un po’, ma non troppo in verità, si potrebbe dire che le mafie italiane si sono messe al passo con i tempi, si sono “globalizzate”, ed hanno assunto sempre più un atteggiamento silente e mercatista, per cui in queste condizioni diventa sempre più evidente che chiunque pensasse di combatterle nel pascolo palermitano, calabrese o napoletano, e non in un’ottica internazionale, non farebbe che perdere tempo.
Umberto Baldo

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