6 Febbraio 2023 - 9.26

PILLOLA DI ECONOMIA – I “numeri” e la politica: fra Superbonus e altri soldi dilapidati 

di Umberto Baldo

Anche se non ce ne rendiamo pienamente conto, uno fra i fattori che  vincolano maggiormente  la  politica sono i “numeri”.

Sì proprio i numeri!  Non solo quelli che escono dalle urne, pur importanti, ma quelli che vengono postati in tutti i bilanci delle Pubbliche Amministrazioni, in primis lo Stato.

Perché?

Perché i numeri, che poi sono importi, soldi, schei, come li volete chiamare, condizionano inevitabilmente l’agire politico, nel senso che  ti dicono quello che ti è consentito o meno di fare.

Detto in parole povere una strada, un ospedale li puoi fare se hai risorse disponibili, altrimenti te la metti via.

Certo volendo si possono anche fare le cose a debito, come hanno fatto i nostri Demostene negli ultimi decenni, e lo hanno fatto anche molti altri Paesi (alcuni per la verità in misura più contenuta ed oculata rispetto a noi), come dimostra questo  numero: 300.000.000.000.000, per essere più chiaro trecentomila miliardi di dollari (circa il 350% del Pil prodotto ogni anno a livello planetario).

A tanto si stima ammonti il debito globale, tanto che viene da chiedersi se le classi politiche mondiali si siano per caso illuse che i debiti ad un certo punto spariranno come per magia, e non finiranno invece, come è certo, per gravare negli anni a venire sulle spalle dei giovani di oggi.

Faccio notare, per quanto ci riguarda, che grazie all’attività della BCE, in questi anni si sarebbe potuto ridurre il debito, come hanno fatto quasi tutti i Paesi dell’area UE i quali, nonostante la crisi, i dazi di Trump e le problematiche geopolitiche, hanno migliorato il rapporto debito/PIL.

Quanto i numeri siano importanti lo vediamo ogni anno da ottobre in poi, quando si comincia a parlare di Legge di bilancio, e poi assistiamo  alla consueta manfrina del Governo in carica alla spasmodica ricerca di risorse (di solito una trentina di miliardi circa) che non bastano mai a soddisfare i bisogni reali, ma purtroppo anche alle marchette elettorali di deputati e senatori (il cosiddetto assalto alla diligenza).

In questi mesi assistiamo quasi quotidianamente alle diatribe, alle discussioni, provocate dalle diversità di vedute sul come spendere i miliardi del Pnrr, il cui ammontare (dovrebbero essere complessivamente di circa 222 miliardi) però ha la consistenza delle nebbie in pianura padana, nel senso che varia a seconda delle “Fonti”, un po’ come avviene con i miraggi della fata Morgana.

Certo un pacco di soldi da spendere di queste dimensioni l‘Italia non lo aveva mai visto, e di conseguenza tutti si affrettano a sottolineare che bisogna “spenderli bene”, visto che una simile opportunità non ci ricapiterà tanto presto.

Condivido sicuramente questi buoni propositi, almeno a parole, dei nostri Demostene, ma purtroppo altri numeri mi dicono che questo nostro benedetto Paese avrebbe potuto anche fare a meno dei soldi europei del Pnrr,  solo se ci fosse stata un gestione intelligente delle risorse e della leva fiscale, e soprattutto si fossero evitate certe scelte politiche, che con il senno di poi si stanno rivelando vere follie.

A cosa mi riferisco?

In particolare alla politica dei Bonus edilizi, relativamente ai quali nei giorni scorsi finalmente si è fatta un po’ di chiarezza riguardo agli oneri per lo Stato.

Ricordo che, quando fu varato il Superbonus 110%, alcuni dei geniali promotori sostennero che si sarebbe ripagato da solo con le entrate fiscali, quasi si trattasse di una partita di giro (sic!). 

La cosa francamente non mi ha mai convinto, e quanto avessi ragione lo dimostra l’audizione del 2 febbraio presso la Commissione Finanze del Senato, durante la quale il Direttore Generale del Dipartimento Finanze del MEF Giovanni Spalletta ha detto che i contribuenti hanno usufruito delle agevolazioni sulla casa “in misura sensibilmente superiore alle attese, con conseguenti maggiori oneri rispetto alle risorse impegnate a legislazione vigente in occasione della loro introduzione”. 

La stima del conto complessivo collegata a questi bonus, allora, è aumentata a circa 110 miliardi di euro «con uno scostamento complessivo di 37,75 miliardi rispetto alle previsioni iniziali».

Secondo Spalletta l’impatto più pesante è legato al Superbonus 110%, che vale da solo 61,2 miliardi, con una differenza di 24,65 miliardi rispetto alla stima iniziale. Mentre il bonus facciate pesa in tutto sui conti pubblici per 19 miliardi (con una forbice di 13 miliardi sulle previsioni). Dunque, con la compensazione  o con  le detrazioni dei crediti d’imposta, lo Stato nei prossimi anni incasserà di meno. 

E questo “di meno” Spalletta lo ha anche quantificato con queste parole: “Per gli anni 2023-2026 i maggiori oneri hanno determinato un peggioramento della previsione delle imposte dirette per importi compresi tra gli 8 e i 10 miliardi di euro in ciascun anno”.

Quindi, a scanso equivoci, fino ad ora il conto complessivo per tutti i bonus edilizi ammonta a poco più di 110 miliardi.  Con uno scostamento di quasi 38 miliardi, esclusivamente a carico di superbonus e bonus facciate, rispetto alle previsioni iniziali su tutti gli anni nei quali saranno utilizzati (senza contare le code relative ai lavori ancora in essere o da iniziare).

Pe carità di Patria vi risparmio quella parte di audizione in cui Spalletta ha riferito sulle tax expenditures (modo elegante per definire le agevolazioni fiscali) del nostro sistema tributario, che sono ben 740 (il 21,3% in più rispetto al 2016), e che determinano minore entrate per lo Stato di circa 125 miliardi. 

Certo gli studiosi del futuro si diletteranno quando rileggeranno questa parte della nostra storia, e si chiederanno inevitabilmente cosa abbia spinto una classe politica a questi picchi di irresponsabilità .

Non c’è alcun dubbio sulla paternità del Superbonus 110%, che al pari del Reddito di Cittadinanza è stato uno dei “cavalli di battaglia” del Movimento 5 Stelle, i cui esponenti continuano a difenderlo a spada tratta.

Il Direttore Spalletta adesso ci ha confermato che  con il Superbonus un’enorme quantità di denaro pubblico a debito è stata sperperata nel creare opportunità per frodi, malversazioni, e infiltrazioni mafiose, senza tralasciare che si è innescata una crescita spropositata dei costi (tanto che l’Enea stima che in Italia il costo dell’isolamento termico di due pareti orizzontali di pari superficie sia cresciuto di due volte e mezzo fra il 2019 e il 2021, quello di una pompa di calore di quasi tre volte e mezza, a parità di potenza, e quello di una caldaia a condensazione di poco più di nove volte).

Mi rimarrà sempre la curiosità su che senso abbia avuto estendere il beneficio anche alle seconde case; perché non posso non chiedermi cosa possa  avere spinto una classe politica, i 5Stelle in particolare, che fa  della lotta alla povertà il suo obiettivo primario, almeno a parole, a decidere che anche i proprietari delle seconde case al mare o in montagna, appartamenti o ville, potessero ristrutturare questi immobili a spese di tutti i contribuenti, compresi quelli che fanno fatica a pagare il mutuo per la prima casa.

Concludendo, l’oculata gestione dei “numeri”, delle risorse, è a mio avviso l’elemento fondamentale per giudicare una classe politica, ed in quest’ottica i nostri Demostene (e non mi riferisco ovviamente solo all’attuale Governo, anzi!) non meritano certo la sufficienza.

E francamente non trovo elementi per cui essere ottimisti in questa fase politica in cui, a destra come a sinistra, sembrano prevalere i teorici del “parassitismo di Stato”. 

La delega fiscale in discussione potrebbe essere l’ultima occasione per cercare di rimettere ordine nei conti pubblici, ripartendo più equamente il carico fiscale fra i contribuenti, e riducendo seriamente l’evasione; ma di occasioni mancate purtroppo è piena la storia del Belpaese.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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