19 Dicembre 2022 - 9.43

PILLOLA DI ECONOMIA – Perché ho tifato Argentina

di Umberto Baldo (foto: El Clarin)

Alla fine abbiamo la squadra campione del  mondo, anzi “ Argentina campèon mundial” come titolava ieri El Clarin, uno dei quotidiani più diffusi nella “terra dei gauchos”.

Credo che le immagini della finale di ieri rimarranno a lungo nei nostri occhi, perché a mio avviso è stata una delle più belle, una delle più avvincenti, partite della storia del calcio.

La nostra nazionale non c’era in Qatar, perché non è riuscita a qualificarsi, come non si era qualificata neppure nell’edizione precedente dei mondiali; ci è dispiaciuto sicuramente, ma abbiamo dovuto farcene una ragione.

Certo se gli azzurri fossero stati in campo non avremo avuto ovviamente alcun dubbio su chi tifare, ma questa assenza ci ha obbligato a scegliere partita dopo partita quale squadra sostenere.

Parlando con amici e conoscenti ho potuto verificare che il tifo calcistico è un qualcosa di fortemente individuale, legato a svariati fattori, che spesso con il calcio c’entrano poco o nulla.

Io non sono sfuggito a questo processo mentale-emotivo, e alla fine del torneo, quando siamo arrivati all’atto finale, mi sono trovato come voi tutti davanti alla scelta: Argentina o Francia?

La squadra dei “cugini d’oltralpe”, dei “Bleus”, oppure la Albiceleste?

La squadra di un Paese amico e confinante, con cui abbiamo molti legami, oppure quella di un Paese lontano, oltre Atlantico, che però ha molto di italiano, visto che più del 50% della popolazione argentina riconosce una qualche discendenza da italiani?

Certo potevo anche limitarmi a guardare la partita, ad ammirare le prodezze di Messi o Mbappé, senza accalorarmi più di tanto per una delle due squadre.

Ma in realtà chi ama il calcio sa bene che essere “neutrali” non è poi così facile, per cui, dopo averci pensato un po’, ho deciso che avrei tifato per la “Selecciòn” biancoceleste. 

Certo non ho cantato con la mano sul cuore le parole dell’inno nazionale argentino “Coronados de gloria vivamos, o juremos con gloria morir” (notate le assonanze con il nostro Fratelli d’Italia?), ma durante tutta la partita  ho sperato che a vincere fossero Lionel Messi e la sua “equipo”. 

Le ragioni di questa scelta?

In realtà più motivazioni di ordine “politico-economico” in senso lato, che calcistico.

Essendo interessato alla politica internazionale, seguo anche le vicende argentine, e conosco quindi le difficoltà che sta vivendo quel popolo da lunghi decenni.

L’Argentina è uscita dalla fase più acuta della pandemia da Covid 19 con un’inflazione in netta virata dal 2020 verso il 70/80%. La disoccupazione è in netta crescita, e a livello politico si sono create non poche spaccature tra il presidente Alberto Fernandez e la Vice presidente Cristina Kirchner.

Ma mentre per noi europei il Covid si è limitato a mettere in dubbio molte certezze, in Argentina invece è da decenni che la popolazione vive in una perenne incertezza. 

Tante volte gli argentini si sono addormentati in un Paese in pace, per poi svegliarsi con i generali alla “Casa Rosada”.

Oppure di alzarsi al mattino e scoprire di non avere più risparmi per via di improvvise ed impreviste svalutazioni della moneta, con il conseguente impoverimento della stragrande maggioranza della popolazione.

Oggi, come accennato, l’inflazione viaggia vicina al 100%, il 36 per cento della popolazione vive in condizioni di povertà, nel Paese esiste un cambio ufficiale con il dollaro e uno clandestino, definito “dólar Blue”, quasi doppio rispetto a quello ufficiale e completamente sdoganato, con tanto di quotazioni sui giornali. La seconda maggiore economia del Sudamerica non ha più accesso ai fondi internazionali, ha un debito di oltre 40 miliardi di dollari con il Fondo Monetario Internazionale, e sembra vicina a esaurire le proprie riserve monetarie.

In questo quadro socio-economico obiettivamente devastato, in un marasma generale che coinvolge tutti i settori, agli argentini non è rimasto che il calcio.

Il fùtbol non è solo uno sport in Argentina, è stile di vita, e la passione e l’intensità con cui un intero popolo vive il rapporto con la sua nazionale di calcio, specialmente negli appuntamenti mondiali, non ha corrispettivi nel mondo, se non forse il Brasile.

Ecco perché sono felice che la coppa sia stata alzata da Lionel Messi, che dopo lunghi anni di penitenza ha conquistato quell’unico trofeo che mancava al suo palmarès, e tramite lui dall’Argentina, che con la terza stella è entrata definitivamente nell’Olimpo del calcio mondiale.

Non me ne vogliano i galletti francesi, che con un po’ più di fortuna avrebbero potuto legittimamente vincere, ma ho tifato la nazionale albiceleste perché domenica a Buenos Aires si sono sentiti felici anche i disperati delle favelas, perché quel titolo di “Campioni del Mondo” conquistato in Qatar è uno dei pochi motivi di orgoglio di un popolo in perenne affanno. 

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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