27 Giugno 2022 - 10.06

PILLOLA DI ECONOMIA – Il mondo visto dai BRICS

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di Umberto Baldo

Immagino che nei giorni scorsi, ascoltando i media, vi sia arrivato alle orecchie l’acronimo BRICS!
Se sapete di cosa si tratta bene, altrimenti, per chi sia stato un po’ distratto, vale la pena di spiegare di cosa parliamo.
C’era una volta il mondo diviso in due blocchi. Da una parte l’Occidente dominato dagli Stati Uniti, dall’altra l’Unione Sovietica ed il mondo cosiddetto “comunista”.
In mezzo non c’era praticamente nulla, se non ad esempio il “Movimento degli Stati non allineati”, che non erano pochi (120 Stati membri fra cui India ed Egitto, più 17 Osservatori), ma che alla prova dei fatti contavano poco o nulla, se non quando votavano alle Assemblee Generali dell’Onu.
A pensarci bene sembra preistoria, eppure la caduta del muro di Berlino è solo del 1989, e da quel momento gli Usa rimasero l’unica potenza globale sul campo.
Ma la storia non si ferma mai, e negli ultimi decenni alcuni di quegli Stati, un tempo definiti con la tipica ipocrisia del linguaggio diplomatico “Paesi in via di sviluppo” (dimenticando che il loro mancato sviluppo era dovuto in gran parte alle secolari politiche coloniali di rapina delle potenze europee), hanno enormemente accresciuto il loro peso politico ed economico.
In realtà il primo a parlare di “economie emergenti” fu nel 2001 Jim O’Neil, economista della Banca d’affari Goldman Sachs, che addirittura coniò l’acronimo BRIC (iniziali di Brasile, Russia, India, Cina).
Dal 2006 i leader di questi quattro Paesi hanno cominciato a vedersi e a confrontarsi in summit periodici, e nel 2011 la “compagnia” venne allargata al Sud Africa (da quell’anno l’acronimo divenne così BRICS).
L’ultimo di questi vertici, presieduto da Xi Jinping, si è tenuto in video conferenza proprio qualche giorno fa, il 23 giugno, presenti oltre ovviamente a Xi, anche Vladimir Putin, l’indiano Narendra Modi, il brasiliano Jair Bolsonaro, e il sudafricano Cyril Ramaphosa.
Perché i Brics sono così importanti, e dovrebbero preoccupare l’Occidente?
Alla domanda si può rispondere puntando i riflettori sulla demografia: infatti ognuno di questi Stati è un Paese molto popoloso, che ha sperimentato, e in alcuni casi continua a sperimentare, una grande crescita della popolazione. Ciò significa che questo Gruppo ha in mano una forza lavoro di giovane età, pronta ad essere impiegata nei settori dell’industria e dei servizi in continua espansione.
Poi entra in campo l’abbondanza di materie prime: solo per limitarci a qualche esempio, il Brasile possiede enormi risorse agricole e forestali, la Russia ha ingenti giacimenti di petrolio, gas naturale, oro e uranio, mentre la Cina detiene il monopolio delle terre rare, essenziali per le componenti elettroniche.
Quindi quelle che solo pochi decenni fa erano considerate economie marginali, sono diventate un interlocutore con cui Usa, Europa ed Occidente in generale devono fare i conti, se non altro perché rappresentano il 40% della popolazione mondiale, quasi un quarto dell’economia globale (anche se la quota cinese è largamente preponderante), ed il 25% delle terre emerse.
E poi perché stanno pensando alla grande, nel senso che mirano ad un allargamento del “Club”, che qualcuno chiama già “BRICS Plus”, e che mira a coinvolgere Paesi come Argentina, Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Indonesia, Kazakhstan, Nigeria, Senegal e Thailandia.
E sono anche abbastanza selettivi, in quanto mirano a dare la priorità a quei Paesi che fanno già parte del G20.
Non va sottaciuto che le massime autorità politiche dei Paesi BRICS oltre a prendere parte ad un summit annuale, prima di ogni riunione del G-20, del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, si coordinano per assumere una posizione comune.
Ma qual è il programma dei BRICS?
In estrema sintesi la condanna dell’espansionismo (sic!) delle alleanze occidentali, e la proposta un ordine mondiale “multipolare”, che a mio avviso finirebbe per trasformarsi alla lunga in un predominio cinese.
E non a caso nel summit del 23 giugno Xi Jinping dopo aver difeso l’“amico russo”, definito le sanzioni illegittime, e criticato l’“egemonismo” della Nato e le “politiche dei blocchi”, ha ribadito la sua visione del mondo, ritrovando sul palcoscenico virtuale l’omologo Vladimir Putin, che da parte sua ha rilanciato l’idea di “una valuta per gli scambi internazionali” alternativa al dollaro e all’euro.
Tutto bene quindi? Nessun problema?
In verità a ben vedere non è poi così, perché il problema è che i governi BRICS sono un po’ com’erano i 4 di Visegrád: uniti da un nemico comune (il primato occidentale, l’egemonia Usa, l’Europa dei “burocrati) ma divisi su parecchie altre partite. Non è un mistero, per fare un solo esempio, che i rapporti tra Cina e India sono particolarmente tesi per annosi problemi di confini, e anche perché si trovano ancora in campi opposti della barricata nell’Indo-Pacifico, tanto che New Delhi fa parte sia del “Quad” (con USA, Giappone e Australia) sia del nuovo Indo-Pacific Economic Framework lanciato da Biden, che mirano proprio a ribilanciare l’egemonia cinese.
E l’Occidente sta a guardare? Come le stelle del famoso romanzo di Cronin?
Direi proprio di no, anche perché l’invasione russa dell’Ucraina è diventata una sorta di spartiacque, accelerando lo scontro tra modelli, con le democrazie da una parte e le autocrazie dall’altra.
E quindi sono partite alcune contromisure politico-diplomatiche.
Al vertice del G7 in corso dal 26 al 28 giugno a Schloss Elmau sulle Alpi Bavaresi, la Germania, Presidente di turno, ha invitato a partecipare ad alcune sessioni di lavoro anche Argentina, India, Indonesia, Senegal e Sudafrica
E analogamente al vertice Nato che seguirà, il 29 ed il 30 giugno a Madrid, sono stati inclusi per la prima volta i leader di Australia, Giappone, Corea del Sud e Nuova Zelanda, sicuramente con lo scopo di dimostrare che la guerra in Ucraina non ha distolto l’attenzione delle nazioni occidentali dalla Cina e dal Pacifico.
Si tratta di iniziative che giudico importanti per far capire agli Stati tentati di aderire alle politiche proposte dai Brics che in politica nessuno dà niente per niente, e che i valori dell’ Occidente non sono poi tutti da rigettare.
Segnalo per l’ennesima volta che questi processi di riconfigurazione del potere a livello mondiale, con i conseguenti tentativi di spostamento del baricentro economico dall’Atlantico al Pacifico, richiederebbero una risposta a livello politico-economico veramente “unitaria” dell’Unione Europea, cosa che purtroppo l’Europa delle “piccole Patrie” è ancora ben lungi dal costruire.
Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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