30 Marzo 2023 - 8.38

“Peculiarità” fa rima con “incapacità” e “inaffidabilità”

I vocabolari italiani definiscono il termine “particolarità”: come “La presenza di uno o più motivi che concorrano a conferire o determinare un aspetto speciale o caratteristico”.

Volendo si potrebbe anche ricorrere a “peculiarità” intesa come: “Aspetto particolare, proprio e caratteristico”, ed anche “eccezionalità”.

A ben guardare si tratta quasi di sinonimi, che però se li mettiamo in relazione alla politica italiana, a mio avviso fanno rima con “incapacità” ed “inaffidabilità”.

Vi sarete accorti immagino che i nostri Demostene quando devono affrontare temi o riforme decisi a livello europeo, spesso e volentieri, oltre a dare la colpa di tutto al Governo precedente, lamentano la loro inapplicabilità ad un Paese come l’Italia, proprio per la sua “peculiarità”.

Guardate che non mi riferisco in particolare a questo Governo, perché si tratta di un sentiment e di una prassi ben radicate nell’animus dei nostri politici, indipendentemente dallo schieramento.

Solo che speravo (spes ultima dea) che un Governo come questo, espressione di una netta maggioranza parlamentare, riuscisse in qualche a superare questo “vezzo italico”, ad abbandonare la pratica del piagnisteo, e prendesse finalmente quelle decisioni che servono a questo Paese per stare in linea con gli altri partner europei.

Mi sbagliavo, il che mi rende sicuramente ancora più scettico sul futuro di questa nostra “Repubblica delle peculiarità”, che si sostanzia nel solito vittimismo sovranista, in una presunta sindrome di accerchiamento, in impuntature patriottiche.

Ma vediamone alcune di queste peculiarità, anche se l’elenco sarebbe infinito.

Pnnr:   Non è un caso che il Presidente Sergio Mattarella abbia invitato a “mettersi alla stanga” per procedere con la realizzazione delle riforme concordate con l’Europa nell’ambito del piano Pnrr.    

Già perché l’Italietta dei ritardi” si sta rendendo conto che le Regioni, i Comuni, ed anche lo Stato, non sono in grado di tenere il ritmo necessario per mettere a terra i piani. 

Non è una novità di oggi sia chiaro; è da sempre che l’unità di misura dei tempi per ultimare un’opera pubblica in tutti i Paesi “normali” sono i mesi  e gli anni (sempre pochi),  mentre da noi sono i decenni.

E a ben guardare questa cronica incapacità di “spendere” i soldi che arrivano dall’Europa, di fronte alla quale per l’ennesima volta si trova oggi l’Esecutivo italiano, costringe i sovranisti de noaltri a fare i conti con la realtà, a ragionare sulla propria propaganda, a rimettere in discussione le proprie promesse, e a passare, più o meno esplicitamente, dalla stagione del “fermare” a quella del governare.

Finalmente il Ministro plenipotenziario per il Pnnr Raffaele Fitto ha ammesso che non siamo in grado di rispettare i tempi di realizzazione delle opere, e quindi gli impegni concordati saltano (per la cronaca su 13 obiettivi di mid term fissati dal governo italiano ne sono stati raggiunti solo 5. Con la maglia nera della Sanità che ha speso solo lo 0,5% degli ingenti stanziamenti di oltre 15 miliardi).

Ma come?   

Ma se lo slogan della campagna elettorale è stato: “Noi siamo Pronti!”

Pronti a cosa? A lamentarsi, a chiedere proroghe?

Si percepisce chiaramente la preoccupazione della nostra premier, che  sa bene  che dal clima politico tra Governo e Commissione dipenderà anche l’esito della verifica in corso a Bruxelles sui target di dicembre del Pnrr. Ballano quasi 20 miliardi. E, insieme a quelli, la decisiva negoziazione sul Repower-eu, da concludersi entro aprile.   Fallire, per l’Italia, sarebbe esiziale: significherebbe perdere peso negoziale anche sulle trattative in corso su flessibilità dei fondi europei e Patto di stabilità.  Ciò perché il Pnnr è stato costruito per le esigenze italiane, ed una debacle diventerebbe una bandiera ed un’arma in mano ai “frugali” contro di noi e gli Stati del Sud Europa. 

E’ triste vedere che ancora una volta le nostre incapacità gestionali, burocratiche e politiche, offrono agli altri la possibilità di dirci: “ma perché volete altri soldi se non siete nemmeno capaci di spendere quelli che avete?”

Ce lo rinfacciano da anni e a noi non resta che abbozzare,  però senza mai fare un “mea culpa”, e continuando ad accusare l’Europa di essere “brutta e cattiva”. 

Ponte sullo stretto di Messina: il primo a parlare del Ponte sullo Stretto fu nientemeno che Giuseppe Zanardelli nel 1876, seguito da Benito Mussolini nel 1942, da Claudio Signorile, da Bettino Craxi, da Silvio Berlusconi, che ci fece brillare gli occhi con il plastico dell’opera.  Fra l’altro non so se si tratta dello stesso modellino che qualche giorno fa Matteo Salvini ha mostrato sempre in diretta Tv a Bruno Vespa (stessi scenari, stessi attori, stesso conduttore).

Nel frattempo sono stati completati una ventina di ponti cinesi tra i primi cinquanta al mondo; tutti costruiti negli ultimi vent’anni, a  unire sponde di grandi fiumi, isole alla terraferma, attraversando i grandi estuari come quello del Fiume delle Perle che sfocia nei pressi di Hong Kong.

Ma la Turchia nel 2022 ha aperto il ponte sui Dardanelli a Gallipoli con una campata di oltre due chilometri, e la Romania sta completando il ponte sospeso sul Danubio con una campata principale di un chilometro e 120 metri.

E in soli 5 anni Svezia e Danimarca hanno completato il maggior ponte strallato (sospeso e tenuto da cavi ancorati a piloni) d’Europa, lungo 7,8 chilometri con una campata centrale di 490 metri, e un’isola artificiale di 4 chilometri costruita nel mezzo dello stretto. La ferrovia passa esattamente sotto il nastro d’asfalto che si collega al lungo tunnel sottomarino. Insomma è uno dei più grandi progetti infrastrutturali nella storia del Vecchio Continente.

Noi nel frattempo abbiamo bruciato centinaia di milioni in Consigli di Amministrazione, e siamo ancora al ….  “modellino”.. da mostrare ai gonzi.

Mes: sappiamo tutti che il nuovo Mes serve ad assicurare che il Fondo di Risoluzione Unico Europeo abbia una rete di sicurezza (backstop) di cui potrebbe avere bisogno in futuro per assicurare che, se ci fossero difficoltà bancarie, non si debba chiedere ai contribuenti nazionali di pagare per questo.

E sappiamo anche che per problemi di immagine suoi, e di equilibri interni alla maggioranza, Giorgia Meloni ha serie difficoltà a portarlo in Parlamento, nonostante l’Italia sia l’unico Paese Ue a non averlo ancora ratificato.

Non so se esistano corsi di divinazione o di chiaroveggenza, ma la settimana scorsa ad una domanda sul tema proposta da un cronista, la premier ha risposto: “Io credo che la materia non vada discussa a monte, ma vada discussa a valle e nel contesto in cui opera”.  

Credo che la Sibilla Cumana dell’ “ibis redibis non morieris in bello” non avrebbe saputo fare di meglio quanto ad indeterminatezza. 

Dio non voglia che una banca italiana non finisca nel tritacarne di mercati, perché a quel punto i “cattivi” dell’Europa ci direbbero senza dubbio: “Non avete voluto il Mes, adesso arrangiatevi, spiegate voi ai vostri cittadini che devono pagare solo loro per i vostri giochini politici!”.

Concorrenza e concessioni balneari:  qui il problema interessa anche i taxisti, ed in generale la concorrenza che in Italia viene vista come il demonio.

In altre parole, questo Governo sembra vedere la concorrenza come un mero flag da mettere sui questionari europei relativi al Pnrr,  senza poi fare nulla se non calciare in avanti la lattina; ma la questione è molto più complicata e rischia addirittura di ritorcersi contro l’Italia se la Commissione europea avrà la sensazione di essere presa in giro.

Per balneari, taxisti ed ambulanti sono decenni che nessuno, e dico nessuno nonostante il Pd sembri adesso il paladino della Bolkestein, ha preso il toro per le corna.

Ultima novità da Fratelli d’Italia: mettere a gara solo le spiagge oggetto di concessione dal 2010 in poi. 

E quelle prima?   Proroga sine die immagino!  

Mi chiedo; perché fermarsi al 2010 e non fare riferimento, che ne so, all’Editto di Caracalla o a quello di Costantino?

Nel frattempo suggerirei anche di proporre all’Unesco di inserire il meccanismo delle concessioni balneari italiche, uniche al mondo, fra il patrimonio culturale dell’Umanità!

Resta il fatto inaccettabile che se le incertezze della Meloni su questioni che “condizionano il futuro del Paese” (scherzo ovviamente) quali balneari, taxisti, liberalizzazione dei saldi,  rischiano di mettere il forse il Pnnr, c’è di che preoccuparsi veramente!

Migranti: certo erano bei tempi quelli in cui si sparavano cannonate a salve contro i barconi dei migranti e contro l’Europa che se ne fregava dell’Italia alle prese con gli sbarchi continui sulle nostre coste. Era facile scalare le graduatorie dei consensi a colpi di blocchi navali,   e pontificare assieme agli “amichetti” di Visegrad a favore di fili spinati e muri.  Ma adesso che sei a Palazzo Chigi la musica è cambiata, e proprio quegli “amichetti” te li trovi contro quando chiedi solidarietà ad aiuto all’Europa contro gli sbarchi.

Di conseguenza la premier dopo  aver illuso per settimane gli italiani spiegando che a Bruxelles ci sarebbe stata una maggiore attenzione all’emergenza migratoria, ha dovuto prendere atto che gli altri leader europei non vogliono cambiare il trattato di Dublino, e di conseguenza  spacciare per una grande vittoria italiana due righe a pag. 9 delle conclusioni del Consiglio Europeo, ove il punto migrazioni è inserito tra le altre tre priorità insieme al clima, al sostegno incondizionato all’Ucraina, al rilancio della competitività in Europa. 

Come vi dicevo, si potrebbe scrivere un’Enciclopedia di questa Italia delle “peculiarità”, che nasconde l’impreparazione di fondo, la mancanza di visione, l’incapacità, il provincialismo, di una classe dirigente (e ripeto non faccio distinzioni fra destra e sinistra in questo) che mostra sempre più di aver imparato a fare politica su Twitter, Instagram ed anche Tik Tok. 

Ma c’è un’altra parola che fa rima con “peculiarità: “credibilità”. 

A tal proposito immagino non abbiate dimenticato che anni fa durante una conferenza stampa congiunta a Bruxelles, il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy si sentirono chiedere se Berlusconi li avesse rassicurati sui provvedimenti contro la crisi che il governo italiano doveva prendere. I due sorridono già durante la domanda, poi si guardano e il sorriso diventa una risata collettiva della sala stampa.

Ecco, non pensiate che l’immagine che gli altri hanno della credibilità e dell’affidabilità dei nostri Demostene sia cambiata! 

Ma cosa volete, a fronte dei furti, delle malversazioni, delle associazioni a delinquere, che emergono dalle inchieste sui bonus edilizi, e non solo,  resi possibili dall’insipienza dei nostri politici, questa è la classe dirigente che ci meritiamo.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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