1 Marzo 2023 - 8.35

Meloni-Schlein:  un confronto fra stereotipi

Non so se ve ne siano già arrivati sul vostro smartphone, ma da qualche giorno,  relativamente ad Elly Schlein, girano sui social messaggi in cui si cercano di evidenziare le contraddizioni fra la sua storia familiare e personale, ed il suo ruolo di neo leader di un Partito di sinistra.

Fra i tanti che ho letto, ve ne riporto uno solo, fra l’altro non il peggiore : “La nuova Segretaria Schlein è cittadina americana di origini svizzere. Una vera Commissaria di Davos, rampolla radical chic, incaricata del Grande Reset, cominciando da gender, aborto, agenda Lgbt e quant’altro.  Ora voglio capire come faranno i cattolici a continuare a votare PD”.

Al di là di attacchi personali e fake news, credo che in questa fase  dominata dai media sia inevitabile, a fronte dell’indubbia novità che i due principali partiti italiani siano ora guidati da donne (e di conseguenza oltre tredici milioni di elettori, quasi la metà del totale, abbiano come riferimento politico una donna), che i media mettano a confronto Elly Schlein e Giorgia Meloni. 

A prima vista potrebbe apparire gossip, argomento da giornali tipo Novella 2000, ma in realtà non è così, visto che ormai è normale anche da noi sottoporre i leader politici ai raggi X, magari per vedere se rispondono agli stereotipi che abbiamo in testa.

E visto che parliamo di stereotipi, relativamente ad Elly Schlein la domanda di fondo posta sui social è: può una donna con questa storia rappresentare i ceti meno fortunati, i poveri, gli esclusi?

Ma vediamo allora in breve chi è veramente la neo Segretaria de Pd.

Elly Schlein ha 37 anni. È apertamente bisessualecome ha dichiarato anni fa in televisione.

Figlia di Melvin Schlein, un politologo e accademico statunitense di origine ebraica aschenazita,  professore emerito di scienza della politica e storia presso la “Franklin University” di Lugano, e dell’italiana Maria Paola Viviani, professoressa ordinaria di diritto pubblico comparato presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università degli Studi dell’Insubria. È nipote dell’avvocato antifascista Agostino Viviani, che fu senatore del Partito Socialista Italiano e presidente della Commissione Giustizia del Senato, mentre suo fratello è il matematico Benjamin Schlein (1975), e sua sorella Susanna Schlein (1978) è Primo Consigliere diplomatico.

Laurea in Giurisprudenza a Bologna, volontaria durante la campagna elettorale di Barak Obama, nel 2014 divenne Parlamentare europeo.

Nel 2020 alle regionali dell’Emilia Romagna fece il pieno di preferenze individuali, diventando Vice Presidente della Regione, ironia della sorte con Bonaccini Presidente.

Il resto è cronaca; nel 2022 viene eletta Deputato, e domenica anche Segretario Politico del Pd.

Una carriera sfolgorante, difficile negarlo!

Che, sicuramente la espone alle critiche di chi pensa che i leader della sinistra debbano in qualche modo avere radici popolari, e non certo alto-borghesi.

E’ una contraddizione, quella fra il benessere dei suoi rappresentanti e le politiche dei Partiti di sinistra, che non è mai stata risolta in passato, e che rimane come una spina nel fianco anche adesso agli occhi di numerosi italiani.

E così l’ex-segretario di Rifondazione Comunista Fausto Bertinotti  passerà alla storia anche per le frecciate sulla sua passione per i capi in cachemire, e Massimo D’Alema è stato oggetto per anni della polemica sulla sua barca a vela Ikarus da 18 metri.

Ex comunisti col Rolex, la lobby di Capalbio e del cachemire, la gauche caviar, sono solo alcuni degli epiteti usati nel tempo per denunciare la presunta ipocrisia di questa sinistra “benestante”, e sia il centrodestra che il M5S si sono si sono distinti nell’accusare il centrosinistra per il benessere dei suoi rappresentanti e per il divario sociale che li separa dal suo tradizionale elettorato di riferimento.

Sicuramente il 730 non dovrebbe essere lo strumento per giudicare le idee e l’azione politica di un leader della ”gauche”, ma sempre di stereotipi parliamo, e Elly Schlein dovrà  abituarsi a convivere con chi ricorderà sempre i suoi tre passaporti (svizzero, Usa e italiano) e le sue origini sicuramente  non proletarie,  (mai visto un povero, mai vista una fabbrica, mai vista una casa popolare, mai lavorato, recita uno dei post cui accennavo).

Ma in fondo persone agiate, che non hanno mai lavorato, si incontrano in tutta la storia della “sinistra”, da Tiberio e Ciao Gracco, che erano patrizi, allo stesso Karl Marx, e a Lenin.

Se ci pensate bene,  stando agli stereotipi, paradossalmente avrebbe più una storia “di sinistra”, meglio più “popolare, la premier Giorgia Meloni, che nasce nel quartiere romano della Garbatella, dove cresce con la madre e la sorella, visto che il padre aveva abbandonato la famiglia.

Nessuna scuola d’élite, una vita normale, ma un istinto  innato per la politica, ed una volontà di ferro.

Per il resto una carriera sempre in ascesa, un cursus honorum cominciato  con l’adesione a 15 anni al Fronte della Gioventù, e culminato adesso con l’essere prima a capo di Fratelli d’Italia, e poi la prima donna Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana.

Alla fin fine spero concordiate che appunto di stereotipi si tratta, perché credo che le categorie di «destra» e «sinistra» sono due concetti  di fatto superati, anche se, forse per una comodità di fondo, sono i nomi convenzionali di due mentalità,  di due diversi modi di leggere il conflitto sociale.

Io credo che anche per Elly Schlein arriverà da subito il confronto fra il sogno e la realtà, fra quello che si promette per prendere voti, e quello che si può realmente fare agendo politicamente giorno dopo giorno, fra accomodamenti e mediazioni (non molto dall’opposizione, se non proporre e protestare).

E chissà che questo non si trasformi in un elemento di simmetria con Giorgia Meloni, che fin nei suoi primi interventi dopo la vittoria ha cominciato ad archiviare ogni precedente narrazione, smarcando nettamente la sua immagine di premier da quella del famoso comizio di Vox (Yo soi Giorgia….) con tutto l’allarme che aveva suscitato.

Per chiudere, è quanto meno curioso che al momento abbiano entrambe lo stesso problema; la guerra in Ucraina.  La Premier perché deve fare i conti con il “putinismo” latente in Berlusconi e Salvini, la Schlein perché se cedesse alla spinta del M5S per non dare più armi a Kiev, farebbe esplodere il Pd.  Tutte due camminano sul ghiaccio, e devono stare attente a non scivolare.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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