11 Marzo 2021 - 12.17

La guerra al Covid passa per i vaccini: necessari ma strumento politico di un nuovo imperialismo

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di Umberto Baldo

Senza essere degli analisti di politica internazionale, comprese le sue evidenti implicazioni economiche, anche le persone normali, come sono io che scrivo e voi che mi leggete, si sono accorte che da anni è in corso un confronto geopolitico fra le grandi potenze.
Nulla di nuovo, starete pensando! La storia dell’umanità è stata tutto un susseguirsi di scontri fra grandi imperi, romano, persiano, germanico, inglese, solo per citarne alcuni, i quali hanno sempre usato ogni mezzo possibile per ampliare la loro “sfera di influenza”, per usare un termine molto usato.
Dalla fine della seconda guerra mondiale abbiamo assistito allo scontro fra due superpotenze, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, che si è concluso sostanzialmente con il crollo ed il dissolvimento del grande stato comunista.
Crollato il “muro”, ci si aspettava un periodo di incontrastata supremazia americana, ma è noto da sempre che la politica “non tollera vuoti”.
E così a poco a poco si sono affacciate sulla scena mondiale nuove potenze come la Cina, e comunque anche la Russia, pur ridimensionata territorialmente, rappresenta ancora un inquilino con cui fare i conti.
Lo scontro fra grandi potenze, con alti e bassi, non è mai finito, anzi!
Solo che, diversamente da quanto avveniva nei secoli passati, si è spostato dai campi di battaglia, dallo scontro militare diretto, a quello commerciale, finanziario, tecnologico. Le guerre tradizionali, quello in cui ci si sporca le mani e si muore, sono da loro combattute “per interposta persona”, fornendo armi a coloro che si sparano e muoiono in Africa, in Medio Oriente, in Asia. Vi siete mai chiesti come mai in certi Paesi mancano l’acqua ed il cibo, ma non gli AK 47, i mitici Kalashnikov?
Lo scontro fra “grandi” avviene quindi adesso sul campo delle materie prime, delle tecnologie più avanzate, sulle reti informatiche, sui satelliti, e quant’altro, e si combattono a colpi di dazi, sanzioni, embarghi.
E perchè no? Nel campo della chimica fine, della biologia molecolare, della farmaceutica.
Ed è proprio sulla farmaceutica che voglio concentrarmi oggi, perchè l’epidemia da virus Covid 19 l’ha resa improvvisamente e drammaticamente strategica.
Quello dei vaccini non è tradizionalmente considerato un mercato che consente guadagni colossali.
E non è un caso che, ad esempio, l’Europa non abbia grandi aziende farmaceutiche in questo campo, che negli anni sono state delocalizzate in Paesi come l’India.
In parole povere si guadagna più con gli integratori alimentari, con le creme di bellezza, con i preparati alle erbe per migliorare il transito intestinale, piuttosto che con il vaccino stagionale contro l’influenza, o contro altri malanni.
Ma l’arrivo del virus di Wuhan ha sparigliato le carte, cambiando tutte le prospettive.
La pandemia è per la prima volta nella storia diffusa in tutto il mondo, di Covid si muore, e quindi la messa a punto di un vaccino è diventata di colpo la battaglia delle battaglie.
Ma purtroppo non solo in senso medico, come sarebbe logico ed etico pensare, ma anche politico, nell’accezione più piena del termine.
Per rendersene conto basta guardare chi sono gli “attori” di questo affare. Si tratta di almeno otto società mondiali: le americane Pfizer, Moderna, Johnson & Johnson; le britanniche Astra Zeneca (con Oxford e l’italiana Irbm) e Gsk, alleata della francese Sanofi; la tedesca CureVac; la Sinopharm cinese. In Russia il pallino è in mano a Rdif, il “fondo di Putin”.
Certo ce ne sono altre, ma si tratta di piccole realtà, che non hanno certo la potenza di fuoco delle prime.
Balza agli occhi che la partita è a tre, Usa, Cina, Russia, con l’Europa fuori gioco.
D’altronde l’Europa dal dopoguerra, complice anche la fine degli imperi coloniali, è retrocessa da soggetto a oggetto della partita per l’egemonia mondiale. E la marginalizzazione del vecchio continente è dovuta alla sua debolezza tecnologica, accompagnata alla sua indeterminatezza politica, e di conseguenza oggi la sfida è fra Stati Uniti e Cina, con la Russia a fare da terzo incomodo.
Gli effetti li abbiamo già da tempo sotto gli occhi con Aziende come Google e Amazon, ed anche nel campo automobilistico è difficile che l’Europa diventi protagonista nella partita dell’elettrico.
Tornando al settore farmaceutico, e dei vaccini in particolare, si tratta in quest’ultimo caso di un business “opaco”, caratterizzato da contratti segreti o secretati, poco chiari quanto a tempi di consegna, poco trasparenti rispetto alle responsabilità in caso di effetti collaterali.
E’ un mercato rischioso, non continuativo, in quanto è presumibile che, quando la pandemia allenterà i suoi morsi, i vaccini saranno meno “strategici”, diventando una fornitura stagionale come quello per la normale influenza.
Ma al momento non è così, e oltre al valore politico, per le Big Pharma vale (stima Crèdit Suisse) 60 miliardi di euro per poco più di 4 miliardi di vaccinazioni a circa due miliardi di persone.
Ma, come accennavo, per le grandi potenze la nuova partita geopolitica si gioca adesso sul campo della salute.
E sicuramente i favoriti sono gli Stati che i vaccini li hanno, e che quindi li possono far pesare sulla scacchiera mondiale.
Ed in questa partita gioca purtroppo anche la ricchezza delle Nazioni, tanto è vero che, a quanto è dato sapere, a dicembre scorso i Paesi ricchi, nei quali risiede il 14% della popolazione mondiale, avevano già opzionato o acquistato il 53% di tutti i più promettenti vaccini sul mercato.
Per contro i 67 Paesi più poveri, tipo Kenya, Myanmar, Nigeria, Algeria, Pakistan e Ucraina, non avevano ancora alcun contratto di fornitura.
Mi sembra che il quadro sia chiaro!
Ed è un quadro che richiama scenari che abbiamo sempre definito come imperialistici, per meglio dire di un nuovo “imperialismo sanitario”, dato che le prime 12 Aziende farmaceutiche mondiali sono concentrate in pochi Paesi, guarda caso gli Usa, la Russia, il Canada, Israele, India, e adesso anche la Cina.
E si capisce quindi che la spinta egemonica verso i Paesi poveri avrà adesso la forma di una “fialetta”.
Ed è qui, in queste zone del mondo povere e dimenticate, che si muoveranno pesantemente Cina e Russia, che dopo aver distribuito nella prima fase dell’epidemia mascherine e dispositivi di protezione individuale, punteranno adesso a fare lo stesso con i vaccini. E quindi offriranno a prezzi scontati i loro Sinovac e Sputnik V, coinvolgendo anche grandi Paesi come il Brasile, l’Argentina, il Messico, la Turchia ecc.
Sembrerebbe a prima vista una missione umanitaria, roba da Nobel per la Pace, ma quei Paesi poveri alla fine li pagheranno quei vaccini, eccome se li pagheranno, e cari!
Magari non in dollari o in euro, ma in perdita di sovranità, di peso politico, di “land grabbing”, che vuol dire terre di cui si approprieranno imprese cinesi, o russe, ai fini della produzione di monoculture, o per lo sfruttamento delle risorse minerarie.
E’ un film cui abbiamo già assistito negli scorsi decenni, che hanno visto la Cina diventare padrona di intere parti dell’Africa.
Allora la merce di scambio erano prestiti, o costruzione di infrastrutture, ora saranno i vaccini anti Covid, con il risultato che chi gestirà ed aprirà i rubinetti delle fialette acquisirà posizioni di forza e preminenza.
Quindi non ci resta che prendere atto, con tristezza, che l’imperialismo non è mai passato di moda. Solo che negli ultimi due secoli lo si perseguiva con le cannoniere, oggi lo si fa con il possesso delle materie prime, o con i vaccini.
Nel mentre si sta delineando questo scontro geopolitico mondiale, noi europei continuiamo con la politiche dei lockdown, delle zone rosse, delle chiusure, appesi alle “bizze”, ed alle “furbate” di Big Pharma.
E come i polli di Renzo riusciamo anche a beccarci, come è avvenuto nei giorni scorsi quando il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha accusato la Gran Bretagna e gli Stati Uniti di aver “imposto un divieto assoluto all’esportazione di vaccini o componenti di vaccini prodotti sul loro territorio”.
E ciliegina sulla torta, per non farci mancare proprio nulla, dopo aver deciso che la fornitura dei vaccini sarebbe stata guidata centralmente da Bruxelles, di fronte alle evidenti inadeguatezze delle burocrazie comunitarie, alcuni Stati membri, dall’Ungheria all’Austria, ed ora sembra anche il Lussemburgo, si stanno muovendo autonomamente, cercando contatti con Putin.
Uno spettacolo desolante!
Che mostra quanta strada l’Europa debba ancora fare sulla via di una vera integrazione, e che senza una maturazione delle classi dirigenti, senza un progetto comune, senza la volontà di fare decisivi passi avanti, il nostro Continente si confermerà sempre più come “un gigante economico, ma un nano politico”. Vaso di coccio fra i nuovi padroni del mondo!
Umberto Baldo

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