9 Aprile 2020 - 12.34

Italia prima in Europa per contagi e morti per il Coronavirus: ecco come stanno le cose

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I numeri
http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioContenutiNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=5338&area=nuovoCoronavirus&menu=vuoto
Grande quantità di dati, oggi, nella sezione numeri. Partiamo con il link che vi guida nel portale del ministero della Salute e che mostra la situazione del contagio da Covid-19 nel Mondo e che consente anche di dare uno sguardo ai numeri di contagi e di decessi suddivisi per diversi paesi all’interno dell’Unione Europea. In una classifica triste quanto grave, leggiamo che i primi cinque paesi in Europa sono l’Italia (135.586 casi accertati, 17.127 morti), la Spagna (135.032, 13.055), la Germania (99.225, 1607), la Francia (74.488, 8.896). Non so esattamente in quale posizione si classifichino i Paesi Bassi, che contano 20.549 casi di contagio e 2.248 decessi, ma appare evidente che i decessi italiani sono quasi al livello dei contagiati Olandesi. Solo per avere un punto di riferimento relativo alle grandezze in campo, segnalo che la popolazione residente nei Paesi Bassi assomma a 17 milioni, mentre nell’intera Europa vivono circa 741 milioni di persone. E allora passiamo ai numeri che ci riguardano oggi più da vicino e che vengono riportati sostanzialmente da tutti i quotidiani: nel corso della riunione dell’Eurogruppo, alcuni paesi hanno spiegato che, per far fronte alla pandemia e soprattutto ai danni economici che sono stati provocati dal virus, serve una cifra compresa fra 1000 e 1500 miliardi di euro. Servono tutti, servono subito e servono in particolare per quelli che vengono definiti i paesi del Sud: Italia, Spagna, Francia. La linea dei paesi maggiormente colpiti dal virus, per una volta, viene condivisa dal numero uno della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde. La presidente dell’Eurotower avrebbe già mobilitato 870 miliardi di euro, suggerendo che servono proprio 1000-1500 miliardi per frenare la recessione più grave dopo quella del 1929, forse peggiore di quella. La Bce ha comprato, nel mese di marzo, qualcosa come 66,5 miliardi di euro di asset dei paesi europei, compresi 15 miliardi del solo debito italiano. A fronte di questa situazione, i Paesi Bassi si mettono di traverso. In particolare è il ministro olandese Wopke Hockstra a sostenere che il prestito europeo per fronteggiare la crisi non può andare oltre i 540 miliardi di euro. Il piano al ribasso prevede di stanziare 240 miliardi dal fondo salva stati, 200 dalla Bei e 100 dal progetto europeo contro la disoccupazione. 
La valutazione
C’è abbastanza carne al fuoco per voi? I numeri come al solito sono chiari, ma la loro lettura rischia di mandare all’aria l’Unione Europea. Il negoziato, circa la linea che l’Europa vorrà seguire per fronteggiare l’emergenza, va avanti da settimane: una prima riunione rinviata di quindici giorni, poi riunioni fiume nel corso della notte e ancora un accordo non c’è, anche se la trattativa pare aver fatto dei passi avanti. Quello che si percepisce dall’esterno, ovviamente non potendo partecipare direttamente alle trattative dell’Eurogruppo, è però piuttosto chiaro: è sufficiente la contrarietà di un paese, che rappresenta appena l’un per cento della popolazione complessiva del continente, per bloccare la capacità operativa dell’Europa. E’ difficile, in questa situazione, continuare ad essere europeisti, pur essendolo. D’altro canto è piuttosto facile tenere chiusi i cordoni della borsa se il virus non ti ha colpito duro, se non ti ha costretto a chiudere tutto, se non ha fermato il sistema produttivo del tuo paese, se non ha messo gli chef stellati in coda per andare a cenare alla mensa della Caritas. E’ accettabile questa forma di veto? Un conto erano i conti truccati della Grecia, la necessità di finanziare economie decotte a patto che vengano adottate misure di ristrutturazione del debito, riforme del sistema pensionistico e contenimento degli sprechi; altro conto è mettersi a fare i difficili di fronte ad una pestilenza che sta mietendo morte e sofferenza, provocando la crisi economica solo come sottoprodotto dell’emergenza sanitaria. 
Le conclusioni
Non so se tutti ci hanno fatto caso, ma la morte ha un sapore diverso se, al di là dei numeri, si identifica una persona. Dire che in Italia ci sono stati diciassettemila morti, confessiamolo, smuove poco o nulla nella nostra coscienza collettiva. Il discorso cambia se veniamo a sapere che una di queste vittime è una persona che conosciamo, un genitore, un figlio, un parente, un amico. Lo si è visto a Vicenza, in modo particolarmente forte, quando si è saputo che una delle vittime è stato Marino Quaresimin, sindaco, politico e uomo noto per la sua generosità personale. Cambia, il sapore della morte, cambia molto. La vittima del virus, se le cose non cambiano in fretta, potrebbe a breve essere una Istituzione: l’Unione Europea. Se non si capisce al più presto che l’Europa non può essere solo la fonte legislativa principale di tutti gli ordinamenti nazionali, che l’Europa non può limitarsi a fissare limiti di deficit, che non si può fermare alle norme che stabiliscono la grandezza dei buchi nelle reti da pesca, allora forse dovremo darla vinta ai sovranisti. Avranno ragione quelli che da tempo predicano “prima gli Italiani”, slogan però declinato in modo diverso: “prima gli Olandesi”. A cosa serve far parte di una organizzazione internazionale se, nel momento del bisogno, la solidarietà rimane una parola priva di contenuto? Il rischio, senza una strategia comune, è comunque enorme. Ogni paese cercherà di far fronte all’emergenza con le sue forze, che saranno impari. La Germania ha stanziato 500 miliardi per il sostegno della sua economia, altri paesi stanno sostenendo i lavoratori autonomi con assegni da 5 mila euro al mese, mentre in Italia ci si mette in coda all’Inps per avere un sostegno da 600 euro al mese. Ci si potrebbe trovare, a emergenza finita, con territori nazionali devastati e incapaci di ripartire e con altri paesi invece relativamente attivi e pronti a conquistare quote di mercato lasciate libere da imprese italiane, spagnole o francesi. A quel punto l’Europa sarà morta e la morte avrà il sapore acre del fumo e delle macerie, quel sapore che gli europei non sentivano fin dal 1945, dalla fine di una guerra che assomiglia sempre di più a quella che si sta combattendo dentro gli ospedali.

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