25 Marzo 2022 - 10.46

Italia fuori dal mondiale: il sistema è marcio e va rifondato

di Umberto Baldo

Non ci fosse la guerra in Ucraina a catalizzare, giustamente, l’attenzione di tutti i media, quello che è accaduto ieri sera a Palermo occuperebbe a colpi di titoli di scatola le prime pagine di tutti i giornali.
Sicuramente sarebbe stato meglio se invece di parlare di morti, bombe, stupri, avessimo potuto dilettarci ad analizzare momento per momento quella che, comunque la si voglia vedere, è una vera e propria Caporetto per il nostro calcio.
Pare quasi incredibile a dirsi, visto che solo nove mesi fa avevamo conquistato il primato in Europa vincendo in casa della “perfida Albione”.
“Sic transit gloria mundi”, è proprio il caso di dire, con l’aggiunta che alla nostra nazionale gli Stati contrassegnati con il “Nord” proprio non portano bene.
E’ ancora ben presente nel nostro immaginario collettivo quel 19 luglio 1966 in cui rimediammo una tragica sconfitta dalla Corea del Nord, risolta da un gol di Pak Doo Ik, il presunto dentista che nell’iconografia calcistica italiana assunse i tratti conturbanti di Belzebù.
Ogni tanto fa bene anche rivolgersi indietro, a quei titoli del tipo “Azzurri vergogna”, a quell’ Edmondo Fabbri, che il giorno dopo dichiarò «Non auguro a nessuno di provare quello che ho provato io, dal luglio al dicembre del ’66. Quello fu il più brutto Natale della mia vita”, che alla fine fu l’unico a pagare.
Certo alti e bassi ce ne sono stati da allora, momenti esaltanti con mondiali ed europei vinti, e anche momenti meno esaltanti.
Quello di ieri sera è sicuramente uno di quelli, ed il posto di Pak Doo Ik è stato preso da un semi sconosciuto Trajkovskj, non certo un fuori classe, uno che ha girato il mondo giocando in cento squadre, di cui la più blasonata è stata il Palermo (ironia della sorte!) e che adesso corre dietro al pallone militando nell’ Al-Fayha in Arabia Saudita.
La sconfitta, che comporta la nostra esclusione dal mondiale del Qatar fa ancora più male, perchè all’europeo inglese avevamo giocato alla grandissima, sfoggiando il gioco migliore, con un collettivo che si muoveva come un’orchestra, quasi “a orecchio”.
Dopo di allora il buio, tanto da essere arrivati a giocarci la qualificazione agli spareggi con la modesta Macedonia “del Nord”. E sottolineo del Nord non certo per denigrarla, ma solo per mettere in evidenza che si tratta di un Paese di recente costituzione, che conta appena due milioni di abitanti (meno della metà del nostro Veneto), con giocatori giocoforza di secondo e terzo livello, non certo i milionari “dei del pallone” che indossano la maglia azzurra.
Eppure questi ragazzi dei Balcani, ai quali un gruppo di “deficienti” ha anche fischiato l’inno nazionale, sono diventati il nostro “buco nero”, ed io suggerirei anche lo specchio su cui guardarci fino in fondo.
Già, perchè non vorrei che la prima reazione fosse quella di cambiare il Commissario tecnico.
In fondo sarebbe la cosa più semplice, la più scontata, la più tipica della voglia di capro espiatorio da sempre connaturata in noi italiani.
Mancini è un ragazzo serio, e lo ha dimostrato in questo periodo in cui è stato chiamato a guidare la nazionale azzurra.
Se lo “dimetteranno” sono certo che lo accetterà senza grandi polemiche, perchè lui sa già che verrà ricordato non tanto per avere battuto la nazionale inglese, certa di avere l’europeo in mano anche perchè giocava in casa, quanto per non aver saputo acciuffare la qualificazione al mondiale.
Ma questa sarebbe la scelta peggiore, perchè tenderebbe a mascherare un fallimento mettendo in croce l’allenatore, evitando così di affrontare i veri nodi di un calcio che è diventato il fantasma di quello in cui le quadre italiane dominavano nelle competizioni europee, e la nostra Nazionale era fra le più temute al mondo.
Un tecnico, per quanto bravo, deve necessariamente fare i conti con i giocatori che ha a disposizione, cercando di trasformarli in una squadra, ma non può certo fare miracoli se il nostro calcio è ormai in caduta libera.
Sono dodici anni che una squadra italiana non vince una competizione internazionale fra club, e questo vorrà pur dire qualcosa!
I fasti sono finiti dopo il disimpegno dei Berlusconi e dei Moratti, con il Milan e l’Inter che le Coppe dei Campioni le alzavano, eccome se le alzavano.
Certo in questi anni c’è stato il dominio assoluto nel campionato della Juventus, ma sono ben 26 anni che i bianconeri non vincono una Champion.
Sarebbe troppo facile pensare che i nipoti non sono alla stessa altezza di “nonno Gianni Agnelli”!|
L’indebolimento delle “grandi” squadre italiane in grado di dire la loro a livello internazionale, ha avuto come inevitabile conseguenza in questi ultimi tre lustri il progressivo scadimento del nostro campionato della massima serie.
Così probabilmente abbiamo fra i peggiori Presidenti d’Europa, con l’emergere in continuazione di trucchi contabili, imbrogli, falsi in bilancio, plusvalenze inventate, cartellini gonfiati, esami truccati, insomma truffe da “magliari”.
Noi italiani siamo notoriamente maestri di retorica, e così come riteniamo di avere “la più bella costituzione del mondo”, affermiamo anche che il nostro “è il più bel campionato del mondo”.
Non è così ovviamente, e le disavventure della Nazionale azzurra, culminate ieri nella seconda esclusione consecutiva dai mondiali, dovrebbero farci prendere coscienza che la nostra serie A è piena di giocatori mediocri che militano in squadre mediocri, sempre più indebitate, e che le nostre squadre rappresentano in realtà degli sparring partner per le blasonate compagini d’oltralpe.
Il che ci allontana sempre più dal calcio che conta, quello che costituisce l’élite europea del football, sulla quale però io qualcosa da ridire ce l’ho.
Perche è vero che le coppe si vincono con i grandi giocatori, ma questi costano cifre ormai inverosimili, per cui si ha la sensazione che il calcio sia diventato un enorme sistema di riciclaggio di denaro, per usare un eufemismo, di “provenienza opaca”, uno stagno in cui sguazzano a loro agio società arabe cinesi, indiane, oltre che gli immancabili oligarchi russi, di cui Abramovic con il suo Chelsea è stato la punta di diamante.
Non sarà né facile né indolore invertire la tendenza, rialzarsi dal buco in cui il nostro calcio è caduto.
Sicuramente un po’ di pulizia ai vertici della Federazione non guasterebbe, perchè quello cui abbiamo assistito in questi anni è stato un crollo di valori etici che ha coinvolto tutto il sistema, dal calcio giovanile alla serie A.
Io credo che l’unica soluzione sia quelle di ripensare l’intero sistema, per non dire di riscriverlo.
Puntando, come ha sempre fatto ad esempio la Spagna, sulle scuole di calcio, sui vivai, in cui far crescere i ragazzi, in cui far maturare gli eventuali talenti.
Abbandonando la fretta di avere già da adolescenti dei piccoli professionisti da mettere subito sul mercato a peso d’oro, per poi finire con l’abbracciare la triste realtà vista ieri sera a Palermo, in cui si è palesato che nessun attaccante azzurro era in grado di mettere il pallone in rete.
Perchè, questa è la vera lezione di Italia-Macedonia “del Nord”.
Quella che non serve a nulla fare gioco per tutta la partita, se poi non si hanno attaccanti in grado di segnare.
Perchè alla fine c’è sempre il rischio di trovare un Trajkovskj, o un Pak Doo Ik, che con un solo tiro, magari fortunoso, ti manda a casa.
Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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