18 Febbraio 2023 - 12.30

Il Partito Democratico ed il “Bar di guerre stellari”

Umberto Baldo

Leggendo le cronache della campagna precongressuale del Partito Democratico, talvolta si ha quasi l’impressione di stare al “Bar di guerre stellari”.

Capisco quanto la lotta  per la conquista della Segreteria Nazionale possa indurre a sbandamenti, a scivoloni, a correzioni di rotta in corso d’opera, ma è pur sempre vero che, a mio modesto avviso, sarebbe il caso di fornire a coloro che decideranno di recarsi ai gazebo, almeno qualche indicazione precisa di cosa sarà il Pd dopo lo show down congressuale; in parole povere quale sarà la linea politica del futuro. 

Certo anche chi non si sente parte della grande famiglia Dem qualche idea al riguardo è lecito possa averla, e così qualche preferenza sul leader che alla fine dovesse spuntarla.

E’ ormai evidente che la partita si giocherà fra due contendenti; Stefano Bonaccini, uomo che io definirei “d’apparato”, un buon “Amministratore” che si inserisce in pieno nella continuità della storia del Pd, ed Elly Schlein, che invece pesca a piene mani nelle tematiche più divisive (es. jus soli, legge Zan, ambientalismo estremo ecc.).

Il tutto avendo un “ectoplasma” che incombe sul partito, che risponde al nome di Giuseppe Conte, uno che definirei “un uomo per tutte le stagioni”, un “trasformista”, un “giocoliere” che sulle ceneri del Movimento 5 Stelle ha saputo costruire un suo partito Personale, posizionato a metà strada fra il peronismo, il castrismo ed il chavismo, ma cui va riconosciuto di avere un “fiuto politico” di prim’ordine.

Il Pci, che Dio lo abbia in gloria, ebbe sempre una regola ferrea: mai far crescere un partito di sinistra alla propria sinistra, mi si passi il bisticcio, ed il perché è facilmente intuibile.  Perché la presenza di una forza politica più estremista alla tua “gauche”,  espone al rischio che possa erodere il tuo elettorato.

Questo al momento è secondo me il problema dei problemi del Partito Democratico, e non a caso il tema delle “alleanze future” è quello che più tiene banco nella partita congressuale. 

Con parte dei Dem che pensano che il Partito di Conte sia il naturale partner di un futuro “campo largo”, e altri che, magari a denti stretti, ritengono che questo rappresenterebbe “l’ultimo chiodo sulla bara del Pd”.

D’altronde io, e credo molti italiani, non hanno dimenticato che Nicola Zingaretti  ebbe a definire l’ “avvocato del popolo”  come “un punto fortissimo di riferimento di tutte forze progressiste” (sic!).

So che il mio pensiero al riguardo conta come il due di spade quando vale a coppe, ma non intendo nascondermi dietro un dito, e affermo la mia piena convinzione che un Pd allineato con il Movimento di Conte (come auspicato soprattutto dalla Schlein) finirebbe alla fine per essere inglobato, per il semplice motivo che in politica l’elettore vota sempre l’originale e mai la fotocopia. 

Ma perché ciò non accada è necessario fin da subito che il Partito Democratico esprima già da ora una linea politica originale, per lo meno riconoscibile, ma la melassa ideologica “da bar di guerre stellari” in cui si dibatte sembra rendere ciò una cosa quasi impossibile. 

Un esempio chiarissimo lo stiamo avendo in queste ore, a seguito del Decreto legge del Governo che blocca gli sconti in fattura e le cessioni dei crediti per le ristrutturazione degli edifici, demolendo in sostanza il provvedimento tanto caro al M5S, voluto appunto dal Governo Conte 2, di cui faceva parte anche il Pd.

Che Conte ed i suoi uomini si scagliassero lancia in resta contro la Meloni era scontato, tralasciando ovviamente le motivazioni che hanno spinto il Governo a questa decisione drastica; vale a dire il rischio di scassare ulteriormente i conti pubblici.

Sulle argomentazioni di Giuseppe Conte, una delle quali starebbe nel fatto che il Superbonus avrebbe determinato una crescita del Pil, mi limito ad osservare che anche uno studente di prima Ragioneria capisce che se lo Stato inietta nell’economia 120 miliardi (non occorre in quale forma; sussidi, sovvenzioni, bonus, crediti d’imposta) è evidente che si ha una automatica crescita del Pil; il problema è che se questa operazione è fatta a debito, alla fine si trasforma negli ulteriori 2000 euro  a carico di ogni italiano, neonati compresi, di cui ha parlato il Ministro Giorgetti). 

Scontata quindi la posizione di Conte, e anche quella di Calenda che ha dichiarato opportunamente: “I bonus hanno generato una spesa per lo Stato di circa 120 miliardi di euro, più o meno duemila euro a cittadino. È folle che un Paese rimborsi il 110 per cento di un investimento a chiunque e poi non abbia le risorse per garantire a tutti i cittadini sanità ed istruzione”, resta da capire quale sia la posizione del Partito Democratico.

Mi rendo conto che non sia agevole prendere posizione dopo che si è votato il Superbonus nel Governo Conte 2, e che per nessun Partito  è facile fare autocritica. 

Ma il non voler riconoscere che alla luce dei fatti il Superbonus 110% si è rivelato un fallimento sotto tutti i punti di vista, contraddice con quello che io considero il principale e pressoché unico risultato, giustamente rivendicato dai dirigenti del centrosinistra, fin dai governi dell’Ulivo da trent’anni a questa parte, vale a dire proprio il rigore nella difesa dei conti pubblici.

E quindi non è certo chiara la posizione del responsabile economico del Pd Antonio Misiani, secondo cui il problema dei crediti incagliati e il rischio per l’occupazione nel settore edile sono molto seri ma serve «un tavolo» e non «decisioni unilaterali”. 

Equilibrismi di maniera che sfuggono però alla domanda di fondo: quella misura di Conte era giusta o no? Perché se non era giusta, e ha scassato i conti pubblici, allora ha fatto bene la Meloni a decidere di bloccarla.

E credo vada dato atto alla premier di aver avuto il coraggio di ritornare sui suoi passi, nonostante le promesse in campagna elettorale, affrontando così le ire di chi verrà colpito dallo stop. 

E’ chiedere troppo che ci sia un po’ di chiarezza nelle posizioni del Partito Democratico?

Alle primarie del Pd mancano ormai pochi giorni, e poiché sono convinto che una democrazia per funzionare bene debba avere un’opposizione forte e con le idee chiare, mi auguro che il Congresso sia l’occasione per superare la palude attuale di correnti e potentati locali.

Ma servono soprattutto le idee,  e senza il coraggio di fare un po’ di chiarezza, di fissare alcuni principi e tenerli fermi indipendentemente dai Governi, dagli alleati e dalle convenienze del momento, non credo che il Pd andrà molto lontano.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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