21 Marzo 2024 - 9.11

Campo Largo: Elly “testardamente unitaria”

Umberto Baldo

Non è la prima volta che decido di ritornare “a botta calda” su un certo tema, e sicuramente non sarà certo l’ultima.

Come mi aspettavo, alcuni di voi mi hanno scritto relativamente al pezzo di ieri, qualcuno condividendo la mia analisi, altri spezzando qualche lancia in favore del “Campo largo”.

Visto l’interesse, ed è giusto che sia così perché io da sempre sostengo che non esiste democrazia senza una maggioranza che decide ed una minoranza forte che cerchi di imporre le proprie visioni, ho pensato di dedicarci qualche altra riflessione.

E per ribadire la mia idea che il Campo Largo è al momento una pura “espressione mediatica”, buona per gettare fumo negli occhi agli elettori “progressisti”, riporto alcune dichiarazioni rilasciate nel corso della trattativa per designare il candidato Presidente alla Regione Basilicata.

E così alcuni dirigenti del Pd che sostengono la linea Schlein: “Ma scusate, loro litigano, ricattano, si sfilano e poi quelli che sbagliano siamo noi?», dove per loro si intendono Giuseppe Conte da una parte, e Carlo Calenda dall’altra. 

Azione per parte sua lamenta: «Schlein ci ha messo fuori, ha ceduto al veto grillino, non ci vogliono e a questo punto noi siamo liberi di andare dove ci pare». 

Replica dei 5Stelle: «Noi non possiamo stare con chi ci ha attaccato per anni e continua ad attaccarci; i nostri elettori non capirebbero, quindi meglio correre soli. E magari prendere qualche percentuale in più sul Pd alle Europee”.

Parafrasando il titolo dello splendido libro di Carlo Levi “Cristo si è fermato ad Eboli”, verrebbe da dire che “il Campo Largo si è fermato a Potenza”.

Troppi litigi, troppe incomprensioni, troppi “non detti”, troppe “ambizioni egemoniche inconfessate”!

E mi scusino gli aderenti al Pd se alla fine finisco per pigliarmela soprattutto con loro.

Ma cosa volete, la mia povera mamma quand’ero bambino e litigavo con qualcuno di più piccolo, mi rimbrottava spiegandomi che “chi ha più anni, e quindi più esperienza”, deve metterci sempre quel “qualcosa in più”.

Nella specie io interpreto questo insegnamento materno nel senso (molto largo in verità) che il Pd viene sicuramente più da lontano del M5Stelle (ora partito di Conte), e quindi dovrebbe rimanere più fermo nelle sue posizioni.

I 5Stelle nascono nel 2009  dall’idea di un comico, Beppe Grillo, e di un imprenditore del Web, Gianroberto Casaleggio,  e fin dall’inizio hanno visto e promosso se stessi come un’organizzazione né di destra né di sinistra, quindi post-ideologica, tanto che  non si è mai definito un partito, preferendo locuzioni come “libera associazione di cittadini”, o “forza politica”.

Si erano presentati con programmi come quello di “aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno”, e la gente ci ha creduto, e li ha votati, tanto da portare  due volte alla Presidenza del Consiglio  Giuseppe Conte, un professore universitario di diritto civile che sembrava il classico “Cincinnato” prestato alla politica, ma che alla prova dei fatti ha mostrato che non solo la politica gli piace assai, ma che gli piace anche comandare. 

Come dicevo ieri, il Pd era, e sottolineo era, una cosa diversa.

Rappresentava una grande idea, quella di accumunare due esperienze e culture politiche che nel bene e nel male avevano fatto la “Prima repubblica” ed anche la Seconda almeno fino a Tangentopoli; quella democristiana e quella comunista.

Una tradizione che, mi spiace dirlo, si era un po’ annacquata negli anni scorsi, ma che ha subito una vera e propria “perdita di identità” con l’avvento di Elly Schlein alla Segreteria.

Certo non è tutto imputabile a lei il disastro in cui naviga oggi l’opposizione, ma non c’è dubbio che ultimamente la Segretaria Pd ha accettato troppe condizioni da parte di Conte, che pure a livello di amministrative ha una forza elettorale molto minore che a livello nazionale, e non è stata finora in grado di produrre una proposta credibile per il centro moderato.

E chi mastica un poco di politica sa bene che gli elettori di centro sono quelli che possono fare la differenza in qualunque elezione; e non li si cattura certo parlando di tasse a go go, e patrimoniali. 

Magari non sarà così, ma l’impressione è che i “piddini targati Schlein” siano succubi del “Conducator grillino”, troppo accondiscendenti ai suoi diktat.

Qualche esempio? 

In Sardegna ha imposto e ottenuto la sua candidata Podde (che poi sia andata bene è solo colpa della Meloni), in Basilicata ha chiesto e ottenuto l’estromissione di Calenda e Renzi, in Piemonte quando ha visto che il Pd aveva individuato la propria candidata per le regionali in Gianna Pentenero ha subito specificato che i 5Stelle andranno per proprio conto.

Ha voglia Elly Schlein a dichiarare “Continuerò a dialogare con Conte e Calenda: non smetteremo di parlare con nessuno, parleremo con tutte le forze che sono contro le destre per unirle”.

Ma se li hai fatti umiliare in Basilicata tanto da indurli a schierarsi con il Centro destra, che c…. vuoi recuperare.

Guardate, non è che neanche nel campo avverso, quello del Governo, siano tutte rose e fiori, tanto che in certi momenti sembra di assistere quasi ad un clima “pre Papeete”.

Ma pur nelle contraddizioni di questa fase pre-elettorale, alla fine sulla politica estera decide Giorgia Meloni, nonostante le intemperanze del junior partner Salvini.

Di qua chi decide?  Chi dà la linea?

E’ evidente che la Schlein non vuole lasciare spazio a sinistra all’Avvocato del Popolo, e quindi lo insegue su temi che a mio modesto avviso fanno perdere consensi al Pd. 

Ieri vi accennavo alla proposta di Conte di introdurre un “Reddito di cittadinanza regionale” in Campania, su cui sarà interessante vedere come si posizioneranno i “piddini”. 

Ma proprio ieri un quotidiano nazionale riportava la notizia di un documento di 24 pagine prodotto dal Pd in dissenso dalla relazione (dicono equilibrata) della Commissione Bilancio della Camera sul tema degli effetti macroeconomici degli incentivi fiscali in materia edilizia; parliamo ovviamente di Superbonus 110%.

Gli estensori dell’articolo parlano di errori marchiani, di dati falsi ed incoerenti, di strafalcioni e calcoli sbagliati; ma non è questo l’aspetto che mi interessa.

Quello che conta a mio avviso è il dato politico; cioè la difesa a spada tratta del Superbonus, ma soprattutto la proposta di farne una norma stabile e senza scadenza (sic!). 

La domanda che mi pongo è questa: ma ci credono veramente, alla luce del costo di 140 miliardi (170 con il Bunus facciate), oppure si tratta di un posizionamento funzionale al rapporto con Conte, che del Superbonus fu il padre nobile?

Concludendo, io resto fedele all’idea che gli elettori fra un originale ed una fotocopia votano sempre per l’originale, che in politica vuol dire chi detta o impone la linea.

E spiace dirlo ma, fra i due, l’originale parrebbe Conte!

Ecco perché dall’intesa Schlein-Conte la laeder del Pd non ha proprio nulla da portare a casa, se non il suo progressivo logoramento, il suo progressivo dissanguamento politico. 

Con l’aggravante di perdere ogni contatto, e quindi ogni copertura del centro moderato, come è accaduto nei giorni scorsi in Basilicata.

Ma come si dice; contenta lei contenti tutti!

Chiudo osservando che di frequente sento un giornalista che stimo ed ammiro, Paolo Mieli, esprimersi sulla Segretaria del Pd in termini entusiasti tipo:  “Schlein ha rotto in maniera violenta con le ossessioni dei vecchi dirigenti del PD. Trasmette nella politica un’energia nuova”, oppure  “Gigante della politica sottovalutato, non ha pratiche romane, non sta in quel sottobosco a Roma”.

Per una volta sono totalmente in disaccordo con lui.

Umberto Baldo

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