Il blackout spagnolo mette a nudo molti miti energetici e carenze politiche

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Umberto Baldo
La notizia che ha attirato la mia attenzione è quella che, in conseguenza del black out del 28 maggio nella penisola iberica, che ha messo in evidenza la fragilità della Rete elettrica, il comparto dei Data Center, che rappresentano il futuro ad esempio dell’Intelligenza Artificiale, starebbe riflettendo sul fatto di considerare la Spagna un Paese con un approvvigionamento energetico non sufficientemente garantito, potenzialmente spingendoli ad orientare i loro piani di investimento miliardari verso altre destinazioni.
E’ evidente che se la Spagna non vuole perdere l’opportunità di ospitare questi formidabili investitori che sono appunto i Data Center (grandi consumatori di energia), dovrà dare prima di tutto una spiegazione plausibile e convincente sulle cause del black out, e di conseguenza spiegare cosa intende fare per impedirne altri in futuro.
Prima di continuare voglio chiarire una cosa. Le mie competenze nel settore elettrico arrivano a saper svitare e riavvitare una lampadina, per cui quello che leggerete di seguito è frutto solo di approfondimento e di letture cui mi sono assiduamente dedicato nei giorni scorsi, attingendo in primis a fonti spagnole ed italiane, ma non disdegnando anche i pareri di esperti di altri Paesi.
Di conseguenza quello che mi interessa fornirvi non sono dati o grafici, bensì una lettura per quanto possibile “politica”, perché possiate farvi un’idea, e se del caso approfondire per conto vostro.
Quindi, in assenza di una versione “ufficiale”, non mi offenderei di certo se qualcuno di voi pensasse che le mie sono solamente congetture; perché tecnicamente lo sono, per quanto suffragate dal pensiero della quasi totalità degli esperti del settore.
E non a caso parlo di “politica”, perché si è percepita da subito una certa resistenza del Governo Sanchez a fornire una spiegazione del perché 50 milioni di persone lunedì 28 aprile sono rimaste senza corrente elettrica, e ci sono volute 10 e più ore per ripristinare il servizio.
Cerchiamo di mettere qualche punto fermo.
La Spagna è un paese con una superficie due terzi più grande dell’Italia e 10 milioni di persone in meno; quindi con grandi spazi liberi, e con una ventosità dalle coste dell’Atlantico forte e costante.
Il che ha favorito fortemente la crescita delle fonti rinnovabili (parchi solari ed eolici), che hanno consentito di fornire energia a cittadini e imprese a prezzi stracciati rispetto al resto d’Europa (e all’Italia in particolare), garantendo una crescita economica elevata e costante negli ultimi anni.
Le fonti energetiche decarbonizzate hanno l’indubbio pregio di fornire energia “pulita” e a costi anche negativi in certi momenti, ma come tutte le cose di questo mondo hanno anche qualche difetto, o meglio criticità.
Il primo, come noto, è che producono a intermittenza, e di conseguenza la disponibilità è solo per un tempo limitato (es. di notte il sole non c’è); ed il secondo è la contemporaneità, nel senso che con sole e vento producono tutte assieme, e non mi consentono quindi di programmare la produzione quando mi serve, e quanta me ne serve (e le batterie di accumulo non sono la soluzione).
Pur nella mia totale ignoranza dei sistemi elettrici, ho realizzato che per capire cosa sia accaduto con il blackout iberico del 28 aprile, si deve immaginare la rete elettrica come una grande altalena sospesa.
Da un lato ci sono le centrali che producono energia; dall’altro le città, le case, le industrie che la consumano.
Finché i pesi restano in equilibrio, l’altalena rimane orizzontale e stabile. Ma se improvvisamente la produzione cala o il consumo cresce troppo, l’altalena si sbilancia. E se nessuno interviene subito per ristabilire l’equilibrio, finisce tutto per terra: ed è blackout.
Un tempo, a “bilanciare” l’altalena c’erano le grandi centrali stabili (a gas, a carbone, nucleari) lente ma affidabili.
Oggi, invece, abbiamo aggiunto molti “bambini vivaci”; il sole, il vento, fonti rinnovabili utilissime, ma anche instabili, che cambiano umore in pochi minuti (basta una calma improvvisa od un temporale per modificare tutto).
Per governare questa nuova altalena servono sistemi più intelligenti, più rapidi, e soprattutto una Rete in grado di reagire in tempo reale.
Altrimenti il rischio di caduta della Rete non è solo ipotetico, come si è ben visto il 28 di aprile.
Quindi spero di avevi chiarito che un sistema elettrico funziona secondo un principio fondamentale: l’equilibrio istantaneo tra domanda e produzione, e di conseguenza la quantità di energia elettrica prodotta deve corrispondere esattamente, in ogni istante, a quella consumata.
A quanto è dato sapere, al momento del collasso la produzione elettrica in Spagna era garantita per oltre il 70% da eolico e fotovoltaico (ma pensate che il 16 aprile la Spagna ha raggiunto il record del 100% di energia prodotta da rinnovabili).
E’ chiaro che si tratta di una condizione in cui la possibilità di scompensi è elevata (che ne so, come accennavo, un calo di vento o un cielo che si annuvola rapidamente).
Sempre gli esperti (e devo dire pressoché all’unanimità) affermano che, se si vogliono ridurre al minimo i rischi di scompensi nella Rete, oltre alle rinnovabili ci vogliono anche gli impianti che la “filosofia verde europea” vuole eliminare, vale a dire quelli a combustibili fossili e, specificamente, quelli a turbogas, purché siano collegati in Rete e, soprattutto, purché siano già accesi. E ciò perché solo se sono collegati e accesi lo scompenso si rimedia in pochi secondi.
Preciso che alcuni scienziati sostengono l’importanza della presenza anche di impianti nucleari, ma altri invece la sconsigliano per il fatto che gli impianti nucleari non possono permettersi di subire un blackout perché i loro circuiti di raffreddamento funzionano con l’elettricità e, in mancanza di questa dalla Rete, devono generarsela da soli con generatori diesel in loco, che devono essere perfettamente funzionanti, per evitare l’effetto Fukushima.
Abbozzate un po’ di spiegazioni tecniche, torno alla “politica”, chiedendomi se Sanchez ed il Governo spagnoli ci diranno mai la verità sui fatti accaduti.
Direi proprio di no, a giudicare dalle prime reazioni, pur comprensibili s’intende di fronte al disastro, vale a dire il ricorso a spiegazioni tipo l’attacco hacker, e a quella fantasiosa di fantomatiche “vibrazioni atmosferiche” che si verificherebbero in presenza di fenomeni climatici estremi.
Peccato che il giorno fatale le temperature spagnole rientrassero perfettamente nella norma di un bel giorno assolato di primavera, e che dare la colpa al cambiamento climatico sia sembrata la spiegazione ideale.
Ma allora si poteva anche invocare, che ne so, un intervento del Mago Merlino!
Perché sarà difficile che ce la raccontino tutta?
Perché significherebbe ammettere di aver sbagliato a seguire pedissequamente le paturnie dell’estremismo ambientale europeo, e di Ursula von Der Leyen!
Perché significherebbe ammettere che, pur non abbandonando la spinta verso le rinnovabili (che io condivido sia chiaro), è necessario mantenere attivi come “compensatori di sistema” una parte degli odiati impianti di tipo termico, nucleare compreso.
Perché significherebbe ammettere che il sistema elettrico iberico stava operando in una condizione di vulnerabilità di cui vi era piena consapevolezza da parte della Politica, tant’è che Red Eléctrica de España (l’equivalente della nostra Terna) aveva per tempo avvertito del rischio.
Perché significherebbe ammettere che in Spagna sono mancati quegli investimenti necessari ad accompagnare la crescita delle fonti rinnovabili, i quali dovrebbero essere sostenuti in parte dai produttori stessi, in parte dal gestore della Rete. Ciò è conseguenza soprattutto di un sistema di sostegno pubblico che ha trascurato gli aspetti della sicurezza, privilegiando la rapida crescita di fotovoltaico ed eolico, ed il contenimento dei costi.
E non da ultimo ammettere che la Spagna e la Penisola iberica nel loro complesso sono di fatto isolate, e che il solo 2% di interconnessione con il resto dell’Europa non è sufficiente in caso di errore o di black out.
Credo di conoscere abbastanza bene la Spagna e gli spagnoli per scommettere che, se anche per ragioni politiche non ci sveleranno fino in fondo gli arcani del 28 aprile, stanno già lavorando alacremente perché il blackout non abbia più a ripetersi, almeno non in quelle dimensioni.
Umberto Baldo