22 Dicembre 2022 - 10.27

Ha ancora senso festeggiare il Natale?

Nei primi due millenni di questa nostra “era cristiana”, i tempi delle città e delle campagne erano scanditi dai tempi liturgici.

Erano i “tempi” della Chiesa, quelli “ordinari” e quelli cosiddetti “forti”, che segnavano i ritmi della vita civile, distinguendo i giorni feriali da quelli festivi.

Oggi non è più così, anche se in realtà continuiamo a festeggiare le feste religiose ormai come se la religione non esistesse più. 

D’altronde forse non può essere che così, in una fase storica in cui sembra che la cristianità stia svanendo in Europa.

In un periodo in cui si prevede che nei prossimi anni la metà delle chiese della Germania dovrà chiudere (400 mila cattolici hanno lasciato la Chiesa nel 2021, record di sempre), un ex arcivescovo di Canterbury ha detto che la cristianità in Inghilterra “è a una generazione dall’estinzione”, le Monde ha  rivelato che fino a 9.500 chiese in Francia saranno vendute distrutte o abbandonate nei prossimi dieci anni, un terzo delle chiese di Bruxelles saranno destinate a passare di mano, tutta la diocesi di Amsterdam resterà con un pugno di chiese. 

Ma in cui l’“eclissi del sacro”, per usare un’espressione di Sabino Acquaviva, si afferma e si consolida anche nei Paesi più cattolici del vecchio Continente: Spagna, Irlanda, Polonia, e anche nella nostra Italia.

Data la situazione, non stupisce quindi se, come accennato, le feste religiose siano celebrate anche in assenza di fede, ed infatti abbiamo visto accendersi le luminarie natalizie ben prima dell’inizio dell’Avvento, e le televisioni già a novembre hanno cominciato con i soliti film di Natale, e con le pubblicità di pandori e panettoni. 

Inevitabile quindi porsi la domanda: ma ha ancora senso oggi parlare di un Natale cristiano di gioia e di pace?

E’ ancora lecito farlo in una società in cui la preoccupazione di chi non trova magari un posto libero in un hotel in montagna o su un volo per le Maldive si affianca a quella di chi magari ha perso il proprio posto di lavoro, o fa fatica a dare un pasto ed una cena decenti ai propri figli?

Possiamo farlo in un mondo in cui c’è chi prepara cibi e bevande per cenoni o banchetti di festa, e c’è chi invece si trova in una trincea dell’Ucraina in mezzo alla neve ed al fango, o in una piazza di Teheran ad invocare i diritti umani a rischio della vita?

Possiamo farlo quando ci sono persone che per libertà intendono l’imbarazzo della scelta fra infinite opportunità, e altre che non sono libere neppure di esprimere i loro veri sentimenti?

Non sono né un neo-càtaro, né un seguace di “sorella povertà” cara a San Francesco; sono un uomo di questo tempo, di sentimenti laici, che sa bene che il mondo è in continuo divenire, che la fede com’era intesa e vissuta nei secoli passati forse non è più proponibile in questi anni in cui tutte le barriere sono cadute, in cui le ragioni del mercato prevalgono, ed in cui il cristianesimo sta per essere lentamente soppiantato da politeismi immanenti. 

Ma l’uomo è un essere religioso, perché si confronta sempre e ovunque con il male, la sofferenza e soprattutto con la morte, e non può vivere senza cercare di dar loro un senso. 

Ecco perché oggi in occidente molti stanno soppiantando l’antica spiritualità cristiana con riti e credenze che affondano le loro radici  nell’ epicureismo, nello stoicismo, e financo nel Buddhismo. 

Per certi versi nell’ecologismo sempre più diffuso mi sembra di ravvisare l’ancestrale “culto della terra-madre”, e di conseguenza l’ecologia si trasforma in una nuova religione che affonda nel panteismo, con i suoi riti, il suo catechismo obbligatorio, le sue proibizioni, i suoi profeti, i suoi sacerdoti, i suoi anatemi e le sue scomuniche. 

E questo spiega perché il Natale viene festeggiato allo stesso modo in tutto il mondo, anche in quelle parti che non sono né cristiane né cattolico romane; perché viene  percepito come la festa del consumismo, la festa dei regali, al massimo la festa della famiglia, e non più  come la rievocazione del momento in cui, secondo le nostre radici giudaico-cristiane, il Figlio di Dio si è fatto uomo.

Ogni anno che passa, il significato religioso e spirituale del Natale rimane sempre più sullo sfondo, quasi una memoria di quella cultura cristiana che, come un respiro lungo della storia, ha segnato la cultura dell’Europa, dalla quale non è facile affrancarsi del tutto, ma che abbiamo via via sostituito con un pragmatismo senza fede.  

Provate a chiedere a chi fa il presepio perché lo fa.  Nella maggior parte dei casi vi verrà risposto: “Perché se no non sembra Natale!”

E lo hanno capito bene i signori della pubblicità che dei simboli natalizi si sono appropriati trasformandoli in slogan, in canzoncine, in “spot” talmente perfetti e luccicanti da risultare irreali.

Mi è capitato di leggere un editoriale nei giorni scorsi in cui l’autore rifletteva sul fatto che in Italia più che altrove manca la “materia prima” per capire veramente la magia del Natale: i bambini.

Ha ragione; nelle nostre case, nelle nostre città, nei nostri villaggi, di bambini ce ne sono sempre meno; ma è solo attraverso i loro occhi, attraverso la loro innocenza, che si può cercare di avvicinarsi al senso vero dell’immagine di quelle povera mangiatoia che come una luce brillò nel cielo buio di Betlemme, promettendo all’umanità un futuro di speranza.

Poi va bene anche tutto il resto, l’anticipo delle luminarie, i regali, i cenoni della vigilia, i buoni sentimenti elargiti a piene mani dai canali televisivi, l’orgia di abeti, Babbi Natale, fuochi d’artificio, tappi che stappano, spumanti che spumano, contenuta e ripetuta fino allo sfinimento in tantissimi messaggi che ci arrivano sui nostri smartphone, e che ci costringono a veri e propri tour de force per rispondere quasi meccanicamente, e ricambiare gli auguri.

Purché non ci si illuda che questo sia il vero senso del Natale, la cui essenza sta a mio avviso proprio nella speranza per tutti gli uomini di una vita più umana, basata su relazioni autentiche, sul rispetto reciproco, sul soddisfacimento per tutti dei bisogni più elementari. 

Comunque la pensiate, qualunque sia il vostro credo, con questo spirito auguro anche a nome di Tviweb i migliori auguri di BUON NATALE.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
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