22 Agosto 2023 - 11.52

“Grillizzazione” del Pd, o “piddizzazione” del M5S? Che succede a sinistra

Qualche giorno fa, parlando della perdita di iscritti del Partito di Salvini, e cercando di comprendere le motivazioni di questa progressiva disaffezione dei militanti, ho sostenuto che a mio avviso ciò è dovuto anche al fatto che, quanto a proposta politica, quella della Lega per tanti aspetti si sovrappone a quella di Fratelli d’Italia.
E quindi concludevo con questa frase: “In altre parole resto del tutto convinto che il confronto fra Lega e FdI non può continuare all’infinito come nel tipico gioco della Settimana Enigmistica: “Trovate le differenze”.
Per par condicio mi sono chiesto quale sia la situazione dall’altre parte della barricata, quella che in Inghilterra definirebbero “l’opposizione di Sua Maestà”.
Mi sono applicato, ho letto, ho approfondito, ma devo confessarvi che alla fine sono arrivato alla conclusione che la situazione della gauche non è poi così diversa rispetto a quella della droite, nel senso che almeno in questa fase il Partito Democratico ed il Movimento 5 Stelle sono di fatto indistinguibili.
Anche per loro cioè il giochino “Trovate le differenze” sarebbe destinato a restare insoluto.
Perché dico questo?
Per il semplice motivo che, al di là di tentativi di differenziazione, come quando Giuseppe Conte, replicando a chi auspicava un patto di intesa, sottolineò: “Andiamoci piano. Abbiamo toccato con mano, tante volte, quali siano i metodi e la logica di un partito, il Pd, che ha un suo sistema di potere”, a ben guardare allo stato attuale le differenze fra Pd e M5S sono piuttosto impercettibili.
Fateci caso: quando loro esponenti parlano in Televisione, o spiegano la posizione del proprio Partito, dicono le stesse cose, e spesso è veramente difficile capire chi sia il “grillino” e chi sia il “piddino”.
L’unica vera differenza la si percepisce relativamente alla guerra in Ucraina, ma a ben guardare ultimamente i due leader stanno ben attenti a non parlarne, forse proprio per non palesare una evidente diversità di vedute.
Anche se io sono convinto che, fosse per Elly Schlein, anche il Pd sarebbe sulle stesse posizioni di Conte, ma questo la “Segretaria eletta dai passanti” non può farlo sia per non spaccare il Partito, sia per non differenziarsi troppo dalla famiglia dei Socialisti e Democratici Europei.
Negli ultimi mesi su molti temi le posizioni delle due Forze politiche sono state quasi univoche, ed una conferma la vediamo in questi giorni relativamente alla battaglia per il salario minimo orario a 9 euro, con tanto di costituzione di un apposito Comitato Pd-M5S per la raccolta firme (Azione e Più Europa ne sono rimasti fuori per scelta, probabilmente per non finire in questa struttura unitaria, sia pure di tipo organizzativo).
Sul successo di questa iniziativa lanciata in pieno agosto credo non ci siano dubbi, e l’obiettivo del milione di firme sarà probabilmente raggiunto, non solo perché si tratta di un tema che incontra il favore dei cittadini (chi può essere contrario ad aumentare gli stipendi?) ma anche perché la modalità di sottoscrizione informatica rende tutto più facile.
Che poi si tratti di populismo puro, dato che nei decenni in cui è stato al Governo il Pd si è ben guardato dal fissare un minimo salariale per legge, alla fin fine non importa a nessuno, perché l’obiettivo vero di Conte e Schlein è mettere in difficoltà la Meloni, e cercare di intercettare consensi che verranno buoni in primavera quando si voterà per le europee.
Ma a questo punto ci si deve comunque porre la domanda: che sia vera convergenza?
Che veramente Schlein e Conte immaginino un futuro in cui i due Partiti potrebbero addirittura fondersi?
Da vecchio frequentatore dei Partiti permettetemi di esprimere qualche dubbio.
In primis perché ho la convinzione che le matrice culturale delle due forze politiche sia profondamente diversa: di sinistra tradizionale il Pd, anche se ora venato dalle proposte da centri sociali della Schlein, di ispirazione populista con venature chaviste quella del Partito di Conte (mi risulta difficile chiamarlo ancora M5S).
Se comunque decideranno, e riusciranno, a portare avanti un percorso comune, il rischio è quello di una forte radicalizzazione a sinistra, con una inevitabile autoesclusione dalla rappresentanza della maggioranza degli italiani, a favore invece della rappresentanza dell’area del disagio sociale.
Se così sarà si tratterà di un’ottima notizia per il Governo e le destre, perché è evidente che con posizioni movimentiste di estrema sinistra nettamente minoritarie non si vincono le elezioni, e che senza il “centro” non si va da nessuna parte (e non si conquistano certamente i ceti medi parlando di “patrimoniali” o simili amenità di sapore sovietico-cubano).
C’è poi un altro aspetto che non trascurerei, quello delle classi dirigenti dei due Partiti, che vengono da storie diverse, e per quanto riguarda alcuni esponenti “contiani” non tutte di sinistra.
E solo per fare un esempio, credo che le scorie degli attacchi e delle aspre polemiche del grillismo militante dei primi tempi contro il Partito Democratico brucino ancora sia ai vertici che alla base piddina.
E credetemi, se anche la Schlein e Conte trovassero un accordo per un ipotetico processo unitario, i maggiori ostacoli, le maggiori resistenze, li riscontrerebbero proprio nei loro colonnelli, che si batterebbero ad oltranza in difesa di un “protagonismo geloso” dei propri ruoli politici, e parlamentari.
Guardate quanto poco ci ha messo a rompersi la sbandierata fusione fra Italia Viva e Azione!
Lo spazio di un mattino, sacrificata alle incomprensioni caratteriali (e sicuramente anche politiche) dei due “galli” Matteo Renzi e Carlo Calenda.
Ecco perché credo poco all’ “entente cordiale” fra Schlein e Conte, e vedrete come Pd e M5S si affronteranno ai ferri corti durante la campagna elettorale europea, spaccando a metà quella che oggi viene troppo ottimisticamente spacciata come l’opposizione radicale, che a ben guardare è solo mobilitazione ansiogena su qualsiasi tema.
E dopo a sinistra la giostra ricomincerà a girare, così come accadrà a destra fra Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che non dimenticate mai è forte solo perché attorno a lei c’è il vuoto pneumatico.
Nulla di nuovo sotto il sole!
Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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