12 Gennaio 2016 - 9.46

EDITORIALE: Berlusconi, che tappo!

Silvio Berlusconi beim EPP Kongress in Madrid / 221015 *** Second day of EPP European People Party head of states congress in Madrid, Spain on 22 October, 2015 *** Madrid, Congresso Ppe Action pressLaPresse  -- Only Italy *** Local Caption *** 20688564

Silvio Berlusconi beim EPP Kongress in Madrid / 221015 *** Second day of EPP European People Party head of states congress in Madrid, Spain on 22 October, 2015 *** Madrid, Congresso Ppe Action pressLaPresse — Only Italy *** Local Caption *** 20688564

di Marco Osti

La domanda se Silvio Berlusconi sia un tappo circola da diversi anni e ormai la risposta appare chiaramente affermativa.
Naturalmente non stiamo parlando della statura fisica dell’ex Cavaliere, oggetto di molteplici parodie e commenti sarcastici, anche per il suo ostinato tentativo di apparire più alto di quanto non sia.
I suoi centimetri di altezza in realtà interessano poco o nulla, se non probabilmente lui, quello che invece ha rilievo è il suo ruolo politico, che lo ha portato nel tempo a essere ostacolo prima per il Paese e poi per lo sviluppo di un centro destra moderno ed europeista, peraltro già prima che la sentenza definitiva di condanna per frode fiscale gli precludesse la possibilità di candidarsi.
Da sempre la scelta di Berlusconi di occuparsi di politica in modo attivo era apparsa condizionata dalla necessità di tutelare i suoi interessi privati, strettamente connessi a quelli delle sue aziende.
Un legame indissolubile, che comunque non gli ha impedito di raccogliere un consenso molto vasto e un successo che, di fatto, ha però diviso il Paese per circa un ventennio.
Già in questo senso Berlusconi è stato un tappo per l’Italia.
La sua figura ingombrante ha bloccato la vita politica, che troppo spesso e per lungo tempo, si è concentrata sull’antagonismo tra i suoi sostenitori e i suoi detrattori, con gli interessi del Paese sempre in secondo piano, vissuti come conseguenza del suo destino e non come priorità.
Lui in quel periodo, sempre per il pesante condizionamento dei suoi interessi privati, non ha mai mollato un centimetro della sua leadership nel centro destra, nella sua ricerca di mantenere o riprendersi il potere.
Non certo il ragionamento di uno statista, che eventualmente fa anche un passo indietro, nell’interesse generale, quando comprende di non poter essere quella figura che aggrega le forze di una nazione.
Legittimo da parte sua non trarre tale conseguenza, ma è un fattore che va considerato, in una valutazione critica del Berlusconi politico, che neanche di fronte alla condanna ha voluto prenderne atto, concentrandosi sul solo obiettivo di trovare un successore, donna o uomo, cui garantire il sostegno necessario a costruire il centro destra del futuro.
Lui chiaramente sostiene che sta compiendo il sacrificio di continuare la sua attività perché nessuno si è dimostrato in grado di sostituirlo, ma anche questo è dovuto alla sua prerogativa di riuscire a essere un tappo del sistema o del suo schieramento.
Il tempo dimostra infatti che chiunque abbia provato succedergli sia stato logorato e indebolito, perché era consentito che provasse a studiare da leader, ma non che lo diventasse per davvero.
Certo si può obiettare che nessuno, da Alfano alla Meloni, per dirne due, avesse la statura politica per prendere il suo posto, come che nessun altro, da Brunetta, alla Carfagna, alla Gelmini, ci abbia mai pensato davvero.
Ma anche in questo caso il tappo ha funzionato, perché non c’è miglior leader che voglia dimostrare di essere indispensabile di quello che si circonda solo di compiacenti comprimari.
Così si è arrivati agli ultimi anni, durante i quali Berlusconi ha intravisto un possibile successore nella controparte politica, quel Matteo Renzi, che non a caso molto gli somiglia come profilo mediatico e in termini di proposte politiche spesso in odore di centro destra, al limite di centro, ma quasi mai rivolte a sinistra.
Con il Patto del Nazareno Berlusconi ha provato a imbrigliare l’attuale premier e a mantenere il ruolo di guida del sistema politico, ma ha dovuto scontrarsi con la realtà di non poter gestire chi guida un partito diverso da quello che lui ha fondato e costruito a sua immagine e somiglianza.
Così Renzi ha potuto smarcarsi, forte di un consenso suo, mentre i possibili leader del centro destra erano sempre strumenti nelle mani di Berlusconi, che gli attribuiva forza o gliela toglieva secondo le proprie necessità, tra cui primaria è quella che il leader resti lui.
Tutto ciò ha però tolto peso politico a Forza Italia e soprattutto ha visto progressivamente disperdere una proposta politica chiaramente di centro destra, in cui gli elettori di questo schieramento si possano riconoscere.
Ci capitò di scrivere, e confermiamo, che l’Italia avrebbe bisogno di un centro destra europeista, capace di avere una visione liberale, scevra dalle pulsioni populiste di un Salvini o nazionaliste di una Le Pen.
Era il tempo in cui alcuni provarono a proporsi con questa visione, come fece il sindaco di Verona Flavio Tosi e come potrebbe ancora fare il governatore del Veneto Luca Zaia.
Guarda caso, proprio loro, invece di provare a unire le loro forze in un progetto comune, si sono scontrati, consentendo a Salvini di approfittare delle lori divisioni e prendere saldamente il comando della Lega Nord.
Ma non è la destra proposta da Salvini e con cui ha trovato un po’ di visibilità la Meloni quella di cui l’Italia ha bisogno, dove quindi esiste uno spazio politico moderato, che oggi non trova un riferimento chiaro, se non una Forza Italia infiacchita dal decadimento di Berlusconi.
Perché il problema è che il tappo ormai non regge più e dal recipiente, che prima conteneva tutto il centro destra, esce una melassa informe, che non si sa cosa sia e dove sia indirizzata.
Così, mentre i politici hanno cominciato a dividersi tra chi resta con Berlusconi e chi prova l’avventura in altre formazioni, l’elettorato di centro destra, smarrito e senza riferimenti, si sta disperdendo.
Chi era affascinato dal Berlusconi che si dichiarava anti politico ha indirizzato il suo consenso al Movimento 5 Stelle, chi si riconosceva nella sua visione, populista e nelle sue battaglie (solo a parole) contro le tasse, ha spostato il consenso alla Lega Nord e chi chiedeva riforme, soprattutto in ottica di deregolamentazione, ha cominciato a vedere un riferimento nel Pd di Renzi.
Nonostante questo processo in atto, Forza Italia, secondo i sondaggi, gode ancora di circa un sesto del consenso del Paese, che avrebbe bisogno di una indicazione per il futuro, ma non la trova.
Questo residuo patrimonio politico è l’ultima possibilità che Berlusconi ha per costruire la sua successione, indicando in modo chiaro un futuro leader cui assicurare reale appoggio.
Insomma, per Berlusconi siamo all’ultima chiamata della storia per dimostrare che ha una eredità politica da consegnare, più concreta della sua visione privatistica della gestione del potere, e per farci ricredere del fatto che chi nasce tappo politico, non possa essere altro fino alla fine.
Purtroppo, per il centro destra, ma soprattutto per il Paese, non pare che ci stia provando e neanche pensando, intento com’è a inseguire gli ultimi scampoli di un peso politico che sta evaporando, insieme a quello delle figure di scorta che lo sostengono.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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