14 Aprile 2020 - 9.31

Coronavirus tra autodichiarazioni e silenzio assenso: l’Italia dei Ponzio Pilato

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Talvolta ce la prendiamo, anche a ragione, quando qualche giornale straniero descrive la nostra Italia come un “Paese da operetta”.Non sempre le critiche, o l’immagine accreditata, sono azzeccate; spesso sono anche ingenerose, ma resta il fatto che noi italiani sembriamo refrattari a qualsiasi norma, a qualsiasi regola, a qualsiasi restrizione.Questo ho pensato seguendo la conferenza stampa della vigilia di Pasqua del Governatore Veneto Luca Zaia, diventata un appuntamento ormai imperdibile in questi giorni di quarantena forzata, o se preferite lockdown, che buona parte dei veneti segue con attenzione durante il pranzo.A parte i numeri della pandemia, ma va sempre ricordato che dietro i freddi  numeri ci sono uomini e donne, padri e madri, nonne e nonni, è stata questa affermazione di Zaia che mi ha colpito come un pugno sullo stomaco: “A questo punto bisogna dire che con il Dpcm non c’è più lockdown. Allora io mi concentro sulla sicurezza dei cittadini, il tema dell’isolamento non esiste più. Stiamo scrivendo un’ordinanza con un cambio di strategia. Ben venga l’ordinanza dell’obbligo di mascherine e dispositivi. Ancora non si capisce che se non si liberalizzano i dispositivi le farmacie avranno difficoltà a trovarle. Io non sono contrario alle riaperture, ma devono essere fatte a rischio zero. Il problema e’ mettere in sicurezza; abbiamo distribuito 9 milioni di mascherine, ma ci vogliono 100 milioni di mascherine”.Immagino e spero che chi come me ha sentito in diretta le parole di Luca Zaia abbia avuto voglia di urlare:  Ma ci prendiamo in giro?E’ dai primi di marzo che siamo confinati in casa, limitando gli spostamenti ad edicola, supermercato e farmacia.  E’ dai primi di marzo che teniamo a freno i nostri ragazzi, impedendo loro di uscire.  E’ dai primi di marzo che cerchiamo di passare il tempo, facendo pulizie di casa, lavando tende, sistemando garage, tinteggiando la cucina, e dedicandoci ad altre attività normalmente trascurate. Avevamo già realizzato che Pasqua e Pasquetta le avremmo passate fra le pareti domestiche, e venerdì sera il premier aveva gelato le nostre speranze per i ponti del 25 aprile e del 1° maggio. Pazienza, avevamo pensato rassegnati, quest’anno gira così, ma se serve per fermare le “liste della morte” del Covid-19 continueremo a rispettare quel che ci viene detto, che è poi molto semplice, solo tre parole: “restate a casa”.Ma come non pensare ad un Paese da operetta quando sentiamo Zaia, che cito non per fargli campagna elettorale bensì perchè è la massima autorità politica del nostro Veneto, affermare, con una faccia sconsolata: “Smettiamola con questa ipocrisia, da noi il lockdown non esiste più, perchè di fatto già oggi il 60% delle aziende sta lavorando”.Scusate se mi ripeto: Ma ci prendiamo in giro?Ma a cosa si riferiva il premier Conte quando nel corso della sua ultima conferenza stampa ci comunicava il prolungamento del fermo delle attività produttive fino al 3 maggio?Di cosa parlava quando stime di fonte sindacale riferiscono che sono circa 80mila le aziende che hanno riaperto in deroga allo stop per contenere l’epidemia?Di cosa parlava se una dettagliata rilevazione della Uil specificava che a fine marzo le deroghe concesse erano 15.980 in Emilia Romagna, 14.279 in Lombardia, 10.600 in Veneto, 7.083 in Toscana, 4.664 in Piemonte? E si parla di dati fermi ad una decina di giorni fa, che sono stati senza dubbio ampiamente superati, grazie al meccanismo pensato nei palazzi romani per rilasciare le autorizzazioni a riaprire; il silenzio assenso.Istituto che è sicuramente utile al cittadino per fronteggiare le lungaggini della burocrazia, ma in tempi normali, non nel corso di una pandemia.  Non sfugge a nessuno che in questa situazione d’emergenza non tutte le prefetture sono in grado di valutare le richieste, facendo una doverosa attenta analisi, che  dovrebbe prevedere controlli seri almeno per verificare che ai dipendenti siano garantite protezioni adeguate.E se le deroghe sono fioccate per le grandi aziende, solitamente quelle che dovrebbero essere più controllate, figuratevi cosa può succedere nelle piccole aziende, quelle in cui non c’è il Sindacato, quelle in cui il rispetto delle misure di sicurezza, anche le più minimali, sono affidate al buon senso dell’imprenditore. Ecco perchè il silenzio assenso in tempi di pandemia può essere un’arma letale.In questa settimana della passione di Gesù Cristo viene in mente un  personaggio il cui comportamento  potrebbe assomigliare a quello dei nostri Governanti; Ponzio Pilato.Solo un atteggiamento “pilatesco” poteva suggerire proprio il meccanismo del silenzio assenso per autorizzare aperture di attività produttive, scaricando questo compito ai Prefetti.   Tutto legittimo dal punto di vista formale, un po’ meno da quello dell’opportunità, viste le pressioni di questi giorni. Ma ci prendiamo in giro?Oltre a tutto  il fermo produttivo non è stato poi così ferreo.  Per rendersene conto basta scorrere gli allegati al DPCM del 10 aprile, che contengono l’elenco dettagliato delle attività autorizzate ad operare.   Se non ho contato male sono 124, e parlo di tipologie di attività produttive e commerciali.  Leggetelo, è interessante!Che comunque il “clima” stesse cambiando non occorreva che fosse Zaia a certificarlo.Personalmente non ho mai violato il confinamento, ma molti amici e conoscenti mi hanno parlato di una ripresa del traffico, di code sempre più numerose ai supermercati e nelle pescherie, di strade più frequentate.Certo non è facile proporre dei numeri, ma credo che basti affacciarsi alla finestra di certe località per rendersi conto che qualcosa sembra pericolosamente venuto meno in questi ultimi giorni nel Veneto.  E mi limito al Veneto, ma le foto che vediamo sui giornali di tutta Italia sembrano confermare che l’allentamento sia più generale. Visto come stanno girando le cose, viene da chiedersi a cosa serva a questo punto la Commissione annunciata venerdì scorso da Conte per studiare la “fase due”, affidata alla guida del manager Vittorio Colao, se, almeno a sentire Luca Zaia, il lockdown sembra ormai finito, ed è partito il “liberi tutti”.La mia impressione, ma sarò sicuramente malizioso, è che la politica in questa fase preferisca non decidere, nascondendosi dietro i cosiddetti “tecnici”.Quindi il Comitato tecnico scientifico, i Commissari all’emergenza Borrelli ed Arcuri, da ultimo la Commissione Colao per la “fase due”. Pur con tutto il rispetto che si deve ai tecnici ed agli scienziati, questi devono essere sicuramente ascoltati, ma la responsabilità finale delle decisioni è e deve restare politica. E devo quindi presumere che siano stati gli epidemiologi a suggerire al Governo di riaprire le frontiere a chi deve arrivare in Italia per motivi di lavoro. Certo la procedura è un po’ farraginosa, come solitamente accade nel Belpaese, e quindi il viaggiatore straniero dovrà autocertificarsi al momento della partenza, e potrà rimanere 72 ore prorogabili di altre 48. Dovrà fornire indirizzi di alloggio e sedi professionali. Non dovrà essere sottoposto alla quarantena, ma se dovesse prorogare la permanenza dovrà invece entrare in sorveglianza attiva per 14 giorni.  Facile, no?Rimanendo sulla responsabilità politica va a mio avviso affrontata un’ultima questione; quella delle misure di protezione nelle attività che riapriranno nelle prossime settimane.Il DPCM (come al solito le prime 4 pagine sono piene di “visto l’art.”, “considerata la legge”, “preso atto”)  prevede giustamente regole strette, che vanno dall’ obbligo di avere erogatori di disinfettante, prevedere percorsi separati nei negozi, distanziamento dei lavoratori, ed uso di guanti e mascherine.Va ribadito che il tema dei dispositivi è fondamentale, ma resta il problema della difficile reperibilità di guanti usa e getta e di mascherine.Zaia sono giorni che invoca la revoca della norma del Governo che prevede il sequestro alle frontiere di questi presidi, e la loro assegnazione alla Protezione civile.  Visto che, a quanto dice il Governatore, ormai di mascherine chirurgiche sul mercato ce n’è una marea, sarebbe opportuno che le aziende, i supermercati, le farmacie, potessero reperirle all’estero, senza rischiare di vedersele sequestrare in dogana.Sembrerebbe l’uovo di Colombo, ma questo appello sono giorni che cade nel vuoto delle stanze del potere romano. Oltre a tutto va anche detto che imporre un obbligo sapendo che i mezzi per assolverlo non sono facilmente reperibili, se non a prezzi da usura, è illogico e fuori dalla realtà.Concludendo, ritengo che questa “ventata di aperture” stia avvenendo nel peggior modo possibile.Perchè non c’è un disegno complessivo, ma soprattutto perchè il contagio non è finito, visto che le corsie  e le terapie intensive degli ospedali veneti ospitano ancora  moltissimi ammalati, ed i numeri del bollettino dei morti continuano a crescere.Mi rendo conto che scegliere non è facile, in particolare su temi come questi.Ma fare politica non te lo ordina il medico; se non si è all’altezza si può sempre dedicarsi ad altro! 

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