Comunicato di alcuni artisti dopo gli scontri a Milano: bloccare una stazione non è violenza ma momento di resistenza e rabbia collettiva

ROMA, 24 settembre 2025 – Fa discutere la presa di posizione di un gruppo di artisti, scrittori e musicisti che hanno firmato un appello pubblicato dal Manifesto in difesa dei manifestanti pro-Palestina scesi in piazza nei giorni scorsi.
Tra i firmatari compaiono il fumettista Zerocalcare (Michele Rech), gli scrittori Massimo Carlotto e Sandrone Dazieri, il comico Max Pisu, il giornalista e politico Giulio Cavalli, oltre a diversi nomi della scena musicale alternativa italiana degli anni Novanta, come Pierpaolo Capovilla, Shandon, Punkreas, Modena City Ramblers, Bandabardò e Assalti Frontali.
Nell’appello si sostiene che gli episodi avvenuti alla Stazione Centrale di Milano non rappresentino violenza, ma un momento di “resistenza e rabbia collettiva” contro quella che viene definita “il più grande genocidio di questo secolo”. Le responsabilità per la degenerazione degli scontri, affermano i firmatari, andrebbero invece attribuite a una cattiva gestione dell’ordine pubblico.
Di seguito il testo integrale del comunicato:
Il comunicato degli artisti dopo il corteo per Gaza
Immagini e parole sono il nostro strumento di lavoro, sappiamo essere qualcosa di vivo che può mutare significato velocemente.
Lunedì 22 settembre l’Italia è stata bloccata: in oltre 100 città si è manifestato per dire basta al genocidio a Gaza e per chiedere la fine del massacro del popolo palestinese. Stanche e stanchi di anni di connivenza da parte dei governi del mondo, persone di ogni tipo, età, classe, religione hanno deciso che era necessario cambiare registro.
Da ieri la politica parla di ‘violenza’ e ‘vandalismo’ per un paio di vetrate della stazione Centrale di Milano cadute durante scontri tra manifestanti e polizia. Scontri evitabili se chi governa e gestisce l’ordine pubblico sapesse fare il proprio lavoro e gestire la forza moltitudinaria che assediava la Centrale, mentre in altre città altre stazioni, porti e autostrade erano bloccati.
Violenza è stare in silenzio davanti al massacro di un popolo, violenza è portare in un carcere minorile chi ha manifestato, violenza è costruire una narrazione di comodo davanti a una massiva espressione di contrarietà alla guerra, all’occupazione coloniale e all’inazione del governo Meloni.
Chi ha cercato di entrare in Centrale ha certo usato modalità muscolari per forzare il blocco di polizia, ma non ha seminato il panico come hanno fatto invece gli agenti che, a un certo punto, hanno sparato decine e decine di lacrimogeni, alcuni anche verso chi faceva foto dai balconi di via Vittor Pisani. Come artisti e artiste sogniamo un mondo di pace, ma non cadiamo nel tranello di trasformare momenti di resistenza e di rabbia collettiva in una subdola giostra di trasformazione di concetti e immagini.
Violenza è tante cose, tante cose che rinneghiamo e disprezziamo, ma la violenza non è bloccare una stazione in un giorno di sciopero generale per provare a fermare il più grande genocidio di questo secolo, né l’insubordinazione ai silenzi complici di chi ci governa.













