4 Maggio 2023 - 16.27

Chi si ricorda la gita scolastica? Croce e delizia, dalle elementari alle superiori

Gita di classe: croce e delizia

di Alessandro Cammarano

Attesa solo come si aspetta il monsone nel Subcontinente Indiano, più ambita di un Uovo Fabergé da un collezionista, temuta da alcuni al pari di un’invasione di rospi carnivori ecco che, puntuale come un effetto bancario, arriva senza colpo ferire … la gita scolastica, altrimenti detta gita di classe.

A dire il vero – causa la zampata malvagia della pandemia – negli ultimi anni il rito non si è potuto compiere e allora rovisteremo nel baule dei ricordi e ci dedicheremo a narrare delle gite di classe di quando eravamo piccoli, ovvero un’era geologica fa, ovviamente sempre in modo burlesco ma mai troppo lontano dalla realtà.

Partiamo dall’inizio, ovvero dalle elementari, quando la “gita” era in realtà ridotta ad una scampagnata a non più di dieci chilometri da casa e che però agli occhi di un bimbo – non ancora nativo digitale – sembrava un viaggio in un altro continente.

I meno fortunati venivano portati a piedi a Monte Berico in una sorta di pellegrinaggio di classe, tutti inquadrati e coperti e dopo una visita al Santuario si proseguiva per Villa Guiccioli sede del Museo del Risorgimento.

Ovviamente la parte divertente stava nella cioccolata calda con i savoiardi alla “Casa del Pellegrino” – accidenti quanto manca quel posto! – e le corse sul pratone-giardino della villa risorgimentale.

A guidare la carovana di frugoli erano i famosi maestri e maestre di cui abbiamo già parlato in passato, qui però in versione incarognita tipo “Sorvegliante della colonia penale della Cayenna”, con scappellotto incorporato ad ogni minimo sgarro. Però alla fine ci si divertiva.

Alle medie arrivava l’uscita vera, quella che durava dall’alba al tramonto, in pullman, col pranzo rigorosamente al sacco e una finta maggior libertà.

L’appuntamento era solitamente davanti alla scuola, intorno alle sei del mattino – i più ansiosi si accampavano un paio d’ore prima dell’arrivo della corriera – tra sbadigli e adrenalina.

Le destinazioni erano più o meno sempre le stesse: Abbazia di Pomposa e Ravenna, Bologna, Rovereto-Trento, Gardone Riviera e il Vittoriale.

Oltre ai professori ad accompagnare gli studenti erano anche alcune madri particolarmente “premurose”: alcune, particolarmente religiose, esigevano una preghiera beneagurante per il viaggio, raccomandando all’Onnipotente l’anima dell’autista “perché per strada non succeda nulla”, costringendo il povero conducente a gesti apotropaici compiuti fingendo di cercare qualcosa nella tasca dei calzoni.

Alcune genitrici, invece, arrivavano già carburate per via dei due caffè corretti grappa che si erano fatte a colazione e che dopo un fervorino iniziale cadevano in un sonno profondo e rumoroso che si prolungava, fortunatamente, sino all’arrivo alla meta.

Il pranzo era rigorosamente “al sacco”, ovvero composto da orrende combinazioni “home made” tali da far raccapricciare anche un naufrago affamato salvato dopo tre mesi di permanenza su un atollo di palme da cocco.

Gettonatissimo tra le vettovaglie il famigerato panino con la mortadella di regola incartato nella stagnola, con il salume che “sudando” emanava effluvi norcini radioattivi.

Ad esso si accompagnava una tremenda banana parecchio avanti nella maturazione e anch’essa portatrice di afrori raccapriccianti.

Valida alternativa era la versione “salutista”, composta da panino con lo stracchino – che dopo tre minuti di incarto metallico diventava un latticello fetente – e mela rigorosamente di qualità “Imperatore”, ovvero la più farinosa del mondo e di conseguenza capace di bloccarsi tra epiglottide ed esofago per buona parte della giornata.

Da bere acqua in borraccia o thermos perché “Mica vorrai comprare l’acqua minerale o una bibita vero? La roba gassata fa malissimo”.

Giunti a destinazione, dopo le visite culturali di prammatica, scattava il momento souvenir durante il quale si dava fondo ad una cospicua parte de risparmi accumulati.

Tra le schifezze più ambite c’erano gli abominevoli soprammobili – cagnetto, ballerina, torre di Pisa … – che, ricoperti di cristalli igroscopici, cambiavano colore a seconda del tempo.

Chi sostiene di non averne mai comprato uno mente per la gola.

Si tornava a casa distrutti e con la certezza che il giorno dopo a scuola ci avrebbe atteso la compilazione di un tema dal titolo “Una giornata indimenticabile”.

Altra musica le gite ai tempi delle scuole superiori, quelle di più giorni, per intenderci.

La pianificazione del viaggio, ottenuto l’imprimatur del preside e dei genitori, iniziava prima di Natale prevedendo la partenza tra aprile e maggio.

Gli sfigati si accontentavano di Firenze o Roma, quelli più fortunati spuntavano Parigi o Monaco di Baviera; i veri privilegiati addirittura Amsterdam.

Ovviamente il tutto era finalizzato a visite stringate a musei e luoghi di interesse per concentrarsi poi sui veri scopi della gita: sfuggire ai professori e godersi la notte magari dopo aver fraternizzato con altri studenti provenienti da città diverse.

Il trucco stava nel farsi accompagnare o da docenti di larghe vedute – meglio se sessantottini o ex autonomi – o in alternativa dai più boccaloni del corpo docente.

Dopo cena si fingeva di andare a letto e, dopo aver atteso la ritirata degli insegnati nelle loro camere, si dava il via all’operazione “fuga di mezzanotte” con giri notturni a base alcolica e rimescolamenti socio antropologici con coetanei ben disposti.

Già alla mattina del secondo giorno, durante la prima colazione, la maggior parte appariva devastata dalle gozzoviglie notturne e decisamente poco propensa ad ascoltare le spiegazioni della guida turistica.

Al rientro a casa gli zombie di un B-movie sembravano comitive di salutisti in confronto alla masnada di liceali “stanchi ma felici” riconsegnati ai genitori e alla vita di tutti i giorni; le scuse per il colorito verdastro e l’alito non esattamente fiorito andavano da “Ho scoperto di soffrire il treno” a “I würstel mi restano sullo stomaco”, omettendo i litri di birra e di superalcolici trangugiati.

Il giorno dopo tutti a scuola, dove la carogna di turno accoglieva la classe con un perfido “Bentornati ragazzi, oggi test a sorpresa”.

Che tempi fantastici!

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

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