6 Giugno 2023 - 8.49

Cassazione: La movida selvaggia è nociva per la salute. I Comuni risarciscano

Succede ormai ogni anno; come l’aria invernale viene a poco poco sostituita dai primi tepori primaverili, i ragazzi cominciano a darsi appuntamento in alcune zone delle nostre città per incontrarsi, bere e socializzare; a dare luogo al fenomeno sociale chiamato “movida”.

D’altronde, la movida originale, quella che diede il nome al fenomeno, è diventata uno dei simboli della leggerezza e dalla liberazione dagli schemi rigidi.  Fu infatti a Madrid, alla fine degli anni ’70, che nacque questa parola, per identificare allora la nuova scena culturale che animava le notti della capitale spagnola dopo la fine della dittatura di Francisco Franco.

La movida è ormai diffusa un po’ ovunque, ma è in particolare nelle città “universitarie” che gli studenti riescono a mettersi contro i cittadini che abitano i centri storici.

Già perché non è che i ragazzi amino incontrarsi nelle periferie!  

Sono le zone più di lusso delle città, quelle centrali, quelle esclusive, ad essere il teatro della vita notturna.

Come accennavo, questo succede un po’ in tutte le città sedi di ateneo, ma per questioni di conoscenza diretta mi limito a parlare di Padova e della zona diventata l’emblema della movida, il Portello.

Da anni le famiglie che hanno la ventura di risiedere in questa splendida zona storica della città, che poi si riduce ad una piazza ed a qualche via circostante, hanno ingaggiato una lotta contro quella che viene descritta come “una folla talmente fitta che anche chi deve rientrare nella propria abitazione fatica a raggiungere non solo i garage ma anche i portoni di casa muovendosi a piedi”.

Con tutto il corollario di lamentale relative a urla, cori a squarciagola, musica a livelli insostenibili, traffico bloccato, consumo smodato di alcolici e di stupefacenti, gente che fa i propri bisogni sui portoni e sotto i portici, accumuli di immondizie, e chi più ne ha più ne metta.

Confesso che non ho mai visto di persona le “serate al Portello”, ma l’idea me l’ero fatta qualche anno fa passeggiando in tarda serata in Piazza dei Signori (centro che più centro non si può), dove ci si dilettava alle due/tre di notte addirittura con concerti di bonghi.

Sono anni che si va avanti fra esposti alle Autorità competenti dei residenti esasperati, riunioni dei Comitati per l’Ordine  e la Sicurezza pubblica, ordinanze del Comune volte a cercare di limitare il fenomeno imponendo chiusure anticipate dei locali e divieti di vendita di alcolici, blitz delle forze dell’ordine, introduzione dei cosiddetti “ street tutor”, ecc.

Tutto inutile. 

Ed è facile comprendere il perché; per i ragazzi è divertimento, per i gestori dei locali è lavoro e guadagno, ma per i residenti è “mala movida” che tiene una parte della città in ostaggio. 

Troppi e contrastanti gli interessi in gioco, che per sfortuna dei residenti si intersecano anche con i principi inviolabili della libertà delle persone, che solo le dittature riescono a limitare.

Ma ragionando terra terra si capisce che non è facile trovare una mediazione  fra i cittadini  residenti che hanno il diritto di poter riposare la notte senza avere in casa i decibel di una discoteca, e di non trovarsi al mattino a camminare in un porcile, e gli “studenti”, o comunque i giovani, che  chiedono di potersi aggregare per passare la serata in compagnia. 

Come accennavo le controversie vanno avanti da anni, ma come spesso succede nella “Patria del diritto”, alla incapacità di fatto delle Amministrazioni e della politica di trovare una qualsiasi soluzione, a  cercare di metterci una pezza sono chiamati i Giudici.

E la pezza ce l’ha nei giorni scorsi messa la Suprema Corte di Cassazione, che sulla base di una controversia nata a Brescia, ribaltando il giudizio di appello, ha stabilito che “i residenti dei quartieri della movida possono chiedere il risarcimento dei danni subiti alle amministrazioni comunali che non garantiscano il rispetto delle norme di quiete pubblica, e di conseguenza non tutelino la salute dei cittadini”.

Capite bene che si tratta di una sentenza “rivoluzionaria”, perché gli “Ermellini” hanno messo nero su bianco che “trova fondamento, anche nei confronti della Pubblica Amministrazione, la tutela del privato che lamenti una lesione del diritto alla salute (costituzionalmente garantito), e incomprimibile nel suo nucleo essenziale sulla base dell’articolo 32 della Costituzione, ma anche del diritto alla vita familiare e della stessa proprietà, che rimane diritto soggettivo pieno sino a quando non venga inciso da un provvedimento che ne determini l’affievolimento, cagionato dalle immissioni (nella specie, acustiche) intollerabili, provenienti da area pubblica..”

E per essere più chiari hanno anche aggiunto che spetta proprio al Comune garantire tali diritti: “La pubblica amministrazione infatti, è tenuta ad osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni e, quindi, può essere condannata sia al risarcimento del danno patito dal privato in conseguenza delle immissioni nocive che abbiano comportato la lesione di quei diritti, sia la condanna ad un “facere”, al fine di riportare le immissioni al di sotto della soglia di tollerabilità”.

Al di fuori dal “giuridichese”, in poche parole la Cassazione ha riconosciuto che la movida sfrenata può rappresentare un problema per la salute dei residenti, e di conseguenza le Amministrazioni comunali non solo sono obbligate ad intervenire per garantire la quiete pubblica, ma anche a risarcire i danni ai cittadini “molestati”. 

Non occorre essere dei profeti per rendersi conto il citato pronunciamento della Cassazione apre le porte allo scenario più temuto dai Sindaci, quello appunto della valanga di ricorsi presentati da residenti di quartieri stanchi di fare, da anni, le ore piccole a causa della movida senza regole. 

Ed è un effetto domino temuto non solo nelle grandi città turistiche o d’arte, ma anche nei piccoli centri dove si vive, e sopravvive, specialmente di commercio e divertimenti by night.    In estate e non solo.

Scontati imbarazzo, preoccupazione e anche rabbia dei Primi Cittadini, dato che bisogna riconoscere che non hanno tutti i torti quando affermano che “Non possiamo essere noi i responsabili dell’ordine pubblico, possiamo agire sulle questione amministrative, sui regolamenti del commercio, ma sugli assembramenti ad esempio deve intervenire la Prefettura e la Questura”.

Concludendo, sicuramente la Cassazione ha fissato dei principi di civiltà, ma resta il fatto che, a fronte delle forti responsabilità, anche risarcitorie, stabilite dalla sentenza,effettivamente i Sindaci hanno in mano armi spuntate contro migliaia di ragazzi che difficilmente saranno disposti a contenere la loro voglia di incontrarsi e socializzare (sempre ammesso che socializzare voglia dire rendere impossibile la vita, e il riposo, al prossimo).  

Sicuramente ci saranno cittadini che, sulla base di questo nuovo orientamento giurisprudenziale,  in futuro riusciranno ad ottenere dei soldi come risarcimento dai Comuni, ma alla fine credo che, se vogliono poter dormire la notte senza sorbirsi musica a palla o rullio di bonghi,  convenga  loro trasferirsi in altre zone della città, o meglio in qualche paesino della provincia.

E pensare che nelle zone della movida le case costano un occhio della testa!

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

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