22 Marzo 2016 - 16.32

ATTENTATI – Mario, vicentino a Bruxelles: "Sistemi di sicurezza deboli"

attentati testimonianza

A poche ore dagli attentati di Bruxelles, mentre il Paese che ospita le principali istituzioni Europee si trova in allerta 4 e le strade della sua capitale sono deserte, arrivano in Italia testimonianze dei numerosi italiani che vi risiedono. Abbiamo contattato Mario Casonato, 24 enne di Vicenza. Studia Relazioni Internazionali ed ha ottenuto la laurea triennale a Padova nel 2014. Si trova a Bruxelles dal settembre 2014 dove conta di arrivare alla laurea magistrale nell’estate di quest’anno.
Abita nel quartiere di Ixelles, non molto distante dal quartiere europeo, forse 30 minuti a piedi.
Fortunatamente non era nelle vicinanze degli attentati, ma può offrirci la prospettiva di chi abita nella città al centro delle cronache mondiali in queste ore.
“Mentre esplodevano le bombe -ci dice- dormivo nel mio appartamento di Bruxelles, fortunatamente a distanza di sicurezza da entrambe le deflagrazioni. Mi ha svegliato mio padre per domandarmi se ero al sicuro. Prima di rispondere al telefono ero stato svegliato dalle sirene, ma checché ne dicano i giornali, le sirene in Belgio sono una costante e sebbene mi fossi stupito della quantità sono tornato a dormire.
Oggi non sono uscito di casa, un po’ per gli esami che si avvicinano, un po’ perché le autorità hanno consigliato di stare a casa”.
Qual è la situazione?
“Le università ULB e VUB sono state evacuate; di solito le informazioni arrivano prima via passaparola tra studenti, poi via interne, giornali online o Facebook e solo in seguito per notifica attraverso i sistemi informatici dell’università. Non appena ho acceso il computer per valutare l’estensione dell’emergenza sono stato tempestato di messaggi e mi sono assicurato che i miei contatti più stretti stessero bene. Poi al resto ha provveduto Facebook, che nonostante permetta la geolocalizzazione dei suoi utenti e massimizzi il traffico con lo scambio di informazioni, per conoscere lo stato di salute dei miei contatti è stato utile. Alcuni di loro sono passati nelle vicinanze degli attentati prima e dopo le esplosioni”.
Cambierà il tuo stile di vita?
“Sono molto stanziale e abitudinario, raramente vado nei quartieri interessati dagli eventi recenti, Forest e Moelenbeek compresi. Per lo più vado a lezione. Sono preoccupato più che altro perché è sembrata una rappresaglia rapida all’arresto di Salah che denota un certo grado di organizzazione e capacità di reazione, quindi c’è il sospetto che possa non essere un evento isolato. Anche se lo fosse però le autorità risponderanno alla violenza simbolica con repressione a sua volta simbolica chiudendo tutto, controllando i luoghi di aggregazione e monitorando i cittadini.
Diciamo che per mia inclinazione personale sono più portato a rimanere sospettoso della repressione piuttosto che dell’atto terroristico in sé, che al di là del valore simbolico non è altro che una fatalità come tante.
La reazione delle autorità belghe mi preoccupa, il panico e la paranoia dei media mi preoccupano. Una cosa che inquieta è il fatto che i Belgi non abbiano proprio la mentalità della sicurezza, sono inefficienti e hanno centrali nucleari vetuste. Un articolo di Foreign Policy della settimana scorsa diceva che membri del personale degli impianti nucleari erano tenuti sotto controllo da dei sospetti terroristi.
Quanto ai cambiamenti del mio quotidiano non lo so. Dipende anche dall’università, per rassicurare i miei ho detto che non andrò a lezione. Dovrò mostrare spesso i documenti quando esco quello sì”.
Resterai in Belgio?
“Questo dipende anche dall’opportunità di un lavoro qui. Diciamo che il fatto che Bruxelles diventi una città a rischio non mi dissuade particolarmente dal restare”.

P.U.

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