13 Agosto 2025 - 10.08

Gand e Bruges.  Qual è la più bella?

Quando si sente qualcuno parlare di viaggi per l’Europa, le mète più ambite sono poi sempre quelle, e vanno da Parigi e Londra, da Amsterdam a Praga, da Madrid a Vienna, a da Budapest a Londra, solo per citare le più gettonate.

Ma avete mai sentito dire una persona dire: “vado in Belgio”?
Certo se non ci fosse Bruxelles con le Istituzione dell’Unione Europea, il Belgio come entità statuale forse non sarebbe neppure percepita nell’immaginario collettivo continentale.

Nato come nazione riconosciuta  nel 1830, dopo il periodo napoleonico,  fin dagli albori si trova diviso dalla cosiddetta “questione linguistica”.

Già perché all’unità del paese non corrispondeva tuttavia un’uniformità dell’idioma, in quanto la metà meridionale era popolata da valloni francofoni, e quella settentrionale da fiamminghi, mentre la capitale Bruxelles – situata nella parte fiamminga – era fiamminga all’85% e francofona per il 15%.

Il problema in realtà non mai stato superato, e ovviamente comprende una serie di conflitti, rivalità e rivendicazioni su base linguistica che intercorrono tra le due maggiori comunità linguistiche. 

Ma al di là delle beghe e delle conflittualità politico-idiomatiche, il Belgio è un piccolo Paese con una storia grande e complessa, incastonato nel cuore dell’Europa, e da sempre crocevia di lingue, poteri e commerci. 

Nella sua parte settentrionale, le Fiandre,  la geografia è piatta come un tavolo da biliardo, ma qui è successo di tutto: commerci, guerre, rivolte, dominazioni a rotazione come in un condominio litigioso.

Gli spagnoli, gli austriaci, i francesi e, alla fine, gli olandesi — tutti hanno voluto mettere il cappello su questa terra ricca e feconda, dove l’acqua dei canali non era solo scenografia ma autostrada per merci e ricchezze.

Una terra piatta e fertile, dove i canali riflettono cieli che cambiano umore ogni quarto d’ora. 

Qui l’acqua non è solo un elemento naturale, ma il filo conduttore di una civiltà che, fin dal Medioevo, ha saputo trasformare la sua posizione geografica in ricchezza.

Come sopra accennato la storia fiamminga è un mosaico di dominazioni e influenze: spagnoli, austriaci, francesi e infine olandesi hanno messo il loro timbro sul territorio. 

Gli Asburgo vi portarono una lunga stagione di splendore commerciale, mentre sotto la dominazione francese (fine Settecento-inizio Ottocento) le Fiandre furono integrate nell’economia napoleonica, pur mantenendo quell’anima autonoma e operosa che le ha sempre contraddistinte. L’economia, per secoli, si è retta sulla manifattura tessile: panni di lana e tele pregiate viaggiavano dai mercati di Bruges e Gand fino alle corti più raffinate d’Europa. 

Non era solo commercio, ma orgoglio identitario: il tessuto fiammingo era sinonimo di qualità e prestigio.

Oggi, le Fiandre restano una delle regioni più prospere del continente, con un mix di industria, alta tecnologia e turismo. 

Ma a colpire il viaggiatore non sono i poli industriali: sono le città che ancora raccontano, pietra su pietra, secoli di ambizioni e rivalità.

E sono due in particolare le regine di questo regno d’acqua e mattoni: Bruges e Gand. 

Sorelle, sì, ma con un rapporto che, nei secoli, è stato più “sfida a colpi di mercato” che “abbraccio affettuoso”.

Bruges è una di quelle città che ti accoglie già pronta per il servizio fotografico. 

Non devi nemmeno sforzarti di trovare l’angolo giusto: ovunque tu guardi, ci sono canali che riflettono case in mattoni rossi, ponti in pietra che sembrano fatti per una coppia mano nella mano, piazze dove anche i piccioni sembrano disciplinati. È la “Venezia del Nord”, anche se a Venezia probabilmente sorridono a denti stretti per il paragone.

Passeggiare qui significa entrare in una cartolina: le facciate a gradoni, il Beffroi che domina la Markt, le botteghe di cioccolato che spargono un profumo dolce nell’aria umida.

Il centro storico, patrimonio Unesco, è talmente ben conservato da sembrare un set cinematografico. 

Ma Bruges non è solo bellezza estetica: nel Medioevo era un centro nevralgico della Lega Anseatica e una piazza commerciale internazionale. 

Poi, quando i canali si insabbiarono e il porto perse importanza, cadde in un lungo sonno, risvegliandosi solo nell’Ottocento grazie al turismo e ad una sapiente operazione di restauro dell’immagine. 

Oggi, il suo fascino è quello di una signora elegante che sa di piacere, e non ha bisogno di ostentare.

A mezz’ora di treno (il Belgio è piccolo) si trova Gand, che ha un carattere diverso. 

Se Bruges è una signora aristocratica, Gand è una donna di spirito, colta e vivace, che non ha paura di mischiare antico e moderno. 

Qui l’anima medievale convive con una vivacità contemporanea che non chiede permesso. C’è un’università, ci sono festival, mercati e biciclette che ti sfiorano come se tu fossi un birillo. 

L’architettura è imponente: il Castello dei Conti di Fiandra, la Cattedrale di San Bavone con il polittico dell’Agnello Mistico di Van Eyck, e file di case dei mercanti che si specchiano nel Graslei.

Ma a Gand non si ha mai l’impressione di camminare in un museo. 

È una città viva, dove i mercati pullulano di bancarelle, i locali affacciati sull’acqua servono birre artigianali, e le biciclette sfrecciano ovunque. 

L’anima commerciale medievale qui non si è mai del tutto spenta: nel Quattrocento Gand era più grande di Londra e rivaleggiava apertamente con Bruges per il controllo del commercio tessile. 

La rivalità, in fondo, non è mai finita, e se nel Quattrocento Gand si scontrava con Bruges per il commercio tessile, in una concorrenza spietata, oggi l’antagonismo è meno cruento ma sempre vivo: qui ti diranno, con un mezzo sorriso, che Bruges è “bella ma finta”, mentre Gand è “bella e viva”. 

E non è solo propaganda: Gand ha quell’aria di città che respira, che lavora, che studia, e che di sera sa anche divertirsi.

Avrete capito che diventa inevitabile porsi la domanda: Qual è la più bella?

La domanda è antica quanto inutile, eppure inevitabile. 

Bruges è perfetta, armoniosa, irresistibile per chi ama la bellezza classica, la quiete e le atmosfere da fiaba. 

Gand è più autentica, dinamica, forse meno impeccabile, ma più “vera” per chi vuole sentire una città respirare.

Se dovessi scegliere, ammetto che Bruges conquista al primo sguardo, ma Gand seduce col tempo: è come paragonare un colpo di fulmine ad un amore che cresce giorno dopo giorno. 

Concludendo, Bruges e Gand, alla fine, sono due capitoli diversi dello stesso libro fiammingo. 

Ma c’è un rischio, e vale soprattutto per la più famosa delle due: a forza di farsi bella per piacere a tutti, Bruges rischia di diventare una “Disneyland delle Fiandre, con biglietto d’ingresso implicito, file ordinate e souvenir a prezzi da gioielleria. 

Una città così impeccabile da sembrare quasi troppo educata per vivere davvero.

Gand, invece, si concede qualche libertà: non tutte le facciate sono da cartolina, qualche muro è coperto di graffiti, e nei vicoli capita ancora di trovare un bar che non ha un menù tradotto in otto lingue. 

È meno “instagrammabile”, ma più vera — e questo, alla lunga, la rende più resistente alle mode ed ai pullman turistici.

In fondo, se deciderete da visitarle avrete il lusso di non dover scegliere per forza: potete perdervi tra i canali da fiaba di Bruges, e poi tornare a respirare la vita pulsante di Gand. 

E mentre le due sorelle continuano a punzecchiarsi come fanno da secoli, l’unico vero vincitore restate voi: il turista curioso, armato di scarpe comode, pazienza… e magari di una sana diffidenza verso le città troppo perfette per essere vere.

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