26 Ottobre 2019 - 9.45

EDITORIALE – L’autonomia “mancata” e i nuovi venetisti

Il 22 ottobre di due anni fa il 98,1% di 2,3 milioni di Veneti hanno detto si all’autonomia del Veneto, votando in un Referendum istituzionale, ammesso dalla Corte Costituzionale, nonostante la contrarietà del Governo Gentiloni, allora in carica.Il Governatore Luca Zaia, sull’abbrivio di quel plebiscito, si affrettò a presentare subito ben 61 articoli di legge per avere “tutta l’autonomia che la Costituzione ci consente”.Un anno fa sempre Zaia festeggiò il primo “compleanno del referendum” assieme all’allora Ministro per le Autonomie Erika Stefani, che aveva da poco consegnato la bozza di intesa al Governo Conte.Già allora quella celebrazione suonò un po’ “forzata”, perché era evidente che il Movimento 5 Stelle, che vede l’autonomia delle regioni del nord come il diavolo vede l’acqua santa, avrebbe frapposto ogni ostacolo possibile per frenare il disegno.Ed in effetti, al secondo “genetliaco” il progetto non ha fatto un passo avanti, anzi.Se è vero come è vero che Zaia si trova adesso a confrontarsi con il ministro “pugliese” Dem Francesco Boccia, esponente cioè di quel partito i cui “consiglieri regionali veneti” si sono distinti nel contrasto del disegno autonomista veneto.Ed in effetti nella sala allestita per la conferenza stampa del “secondo compleanno”, chi c’era riferisce che non si respirava l’entusiasmo degli appuntamenti precedenti, con molte sedie lasciate polemicamente vuote dai Consiglieri delle opposizioni Pd e 5 Stelle.Ma Luca Zaia, bisogna riconoscerlo, non è uomo che si arrende di fronte alle difficoltà, e nei giorni scorsi ha lanciato il suo nuovo piano di lotta contro la “melina” romana.Per carità, nessun ricorso alla piazza, nessuna minaccia di tipo “catalano”; Zaia resta per un percorso pacifico, basato sulla legalità.Ma cosa ha pensato il nostro Presidente?Che se a Roma si continuerà a “menare il can per l’aia” la Regione Veneto porterà in approvazione, “una ad una”, le singole materie su cui si è richiesta l’autonomia, chiedendo al Consiglio Regionale di trasformarle in leggi.  Leggi che, Zaia lo sa bene, verrebbero impugnate dal Governo giallo-rosso avanti alla Corte Costituzionale.In pratica il Governatore vorrebbe, “gandianamente”, creare un ingorgo presso la Suprema Corte, “riempiendola di lavoro”, con tutto ciò che questo comporta, anche e soprattutto in termini di ritorno mediatico.Capite bene che in questo modo Zaia, che già viene considerato imbattibile dagli avversari, tanto che il PD veneto “spera” di poter sfidare la Lega alle elezioni del 2025, l’anno prossimo non avrebbe neppure bisogno di fare campagna elettorale.   Ci penserebbero i media a lanciarlo verso l’ennesima riconferma a Palazzo Balbi. Ma come sempre succede in politica le cose non sono mai del tutto lineari, e per capire meglio cosa “bolle in pentola” bisogna analizzare bene lo scenario, che presenta sempre luci ed ombre.Cominciamo dal Governo.Il Ministro Boccia sembra avere le idee un po’ più chiare del precessore Barbara Lezzi. Il cui obiettivo sembrava principalmente quello di “mettersi di traverso”.Boccia dice che il suo fine è quello di far partire l’autonomia; ma come?Dalle sue dichiarazioni del 3 ottobre in Commissione Parlamentare si capisce che preventivamente dovrebbero essere fissati i “livelli essenziali delle prestazioni sociali” (Lep). Ma l’idea guida di Boccia è che al centro del progetto non dovrebbe esserci il principio di “efficienza”, bensì quello di “perequazione” tra le Regioni.Sempre secondo il Ministro è necessario, parole testuali, “il raccordo con tutti i fondi pluriennali d’investimento col vincolo ad essere destinati alle aree più in ritardo. Non  solo tra sud e nord, ma anche tra le diverse aree del nord. È uno schema non semplice che sottoporremo al Parlamento. So bene che dobbiamo correre ma dobbiamo costruire un meccanismo che tenga. Noi l’autonomia differenziata che è diversa da quella speciale, la vogliamo davvero. La cornice unitaria ci serve per tenere dentro tutti, anche il sud. Non si può pensare di farla contro qualcuno”.Si sa che il linguaggio dei nostri politici è sempre un po’ criptico, ma pur con le dovute cautele se fossi Zaia e Fontana mi porrei qualche domanda.In effetti, mi sembra capire, ma io non sono sicuramente all’altezza di interpretare compiutamente il Boccia-pensiero, che l’obiettivo principale del Ministro sia quello di spostare le risorse disponibili verso le aree/Regioni meno sviluppate.E questa non dovrebbe essere certo musica per le orecchie di chi guida Veneto e Lombardia, che rischiano di vedere dirottati i fondi pluriennali di investimento verso le solite “aree sottosviluppate”, per usare un termine in voga nella Prima Repubblica. Indovinate un po’ quali siano queste Aree!Lo strumento promesso da Boccia in tempi brevi è un disegno di “legge quadro”, la cui stesura dovrebbe vedere il coinvolgimento delle Regioni che hanno già iniziato il percorso per il riconoscimento dell’autonomia differenziata prima del passaggio in Conferenza Stato-Regioni.Come sempre, la vera volontà del Governo giallo-rosso di portare a termine il processo di autonomia regionale lo si vedrà leggendo bene i testi che verranno prodotti. La prima impressione, a pelle, è quella che Boccia abbia in testa una “legge omnibus” che metta insieme tutte le richieste delle regioni italiane. L’Ugo Tognazzi di “Amici miei” forse la definirebbe una supercazzola!C’è poi da considerare il fronte veneto, che per la Lega di Salvini rischia di diventare un “fronte interno”.Perché, inutile negarlo, negli anni la Lega i Veneti li ha illusi più di una volta: prima con la secessione, poi il basta tasse, il “paroni a casa nostra”, per finire con il referendum per l’autonomia.Logico, dopo tante promesse, che qualcuno cominci a pensare che fino ad ora non si è ottenuto niente.Ed è su questo “malessere” che si inseriscono i nuovi “venetisti”.Che, guarda caso, il 22 ottobre, in concomitanza con la conferenza stampa di Zaia, hanno promosso una grande manifestazione nel cuore di Venezia: sul ponte di Rialto.   Con il chiaro obiettivo di segnalare a Roma che il Veneto non dimentica e non arretra, e che la questione autonomia non è marginale; è una priorità.    Promotori dell’evento i presidenti di tre sigle “venetiste” di primissimo piano: l’ex consigliere regionale Marino Finozzi leader del “Comitato Veneto Autonomo Subito”, Edoardo Rubini dell’ “Associazione Europa Veneta” e Palmarino Zoccatelli del “Comitato Veneto Indipendente”. La Liga Veneta (Lega) ha dato il suo appoggio alla manifestazione; significativa la presenza del presidente del Consiglio regionale del Veneto Roberto Ciambetti e di numerosi consiglieri regionali tra cui Stefano Valdegamberi,  Luciano Sandonà, e Alessandro Montagnoli.Cercate in Rete le foto di questa manifestazione!Sono emblematiche.  Sullo sfondo di un cielo terso, il Ponte di Rialto  pieno di stendardi rosso-oro.   Sul parapetto del ponte campeggiavano due “bandieroni”, con la bestia che fino a qualche anno fa sembrava ansiosa di nutrirsi di meridionali (ricordate il “Leon che magna el tèron”?), ma che adesso sembra ritornata ad essere solo il simbolo di un evangelista e di una Repubblica millenaria, quella di San Marco, con la sua terraferma.Certo al momento questi nuovi sostenitori dell’autonomia del Veneto, molti sul modello sud tirolese, non sono ancora in grado di impensierire il Salvini del “prima gli italiani”, ma, e forse questo Luca Zaia lo ha capito,  rappresentano il segnale di un ribollio, di un rigurgito che cova nel Veneto profondo, e che potrebbe trovare orecchie attente anche nella delusione dei cittadini di altri territori del Nord.Sottovalutarlo potrebbe essere un grave errore.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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