16 Luglio 2018 - 8.24

IL FALLIMENTO DEL PARCO DELLA PACE: DIVENTERÀ IL PARCO DEGLI AMERICANI

Il parco dei vicentini è Campo Marzo, se proprio vogliamo essere generosi potrebbe esserlo Parco Querini. Il Parco della Pace? No, non fa per noi.
Cerchiamo di andare con ordine e vediamo prima di tutto se e come i vicentini utilizzano i parchi, magari confrontando quello che succede tutti i giorni all’ombra dei Berici con quello che si può vedere in altre città europee.
Bisogna aver viaggiato un po’, certo, ma credo che un buon gruppo di amministratori deve dare un occhio in giro prima di prendere decisioni. E allora va detto subito che, in molte città europee, la cultura del parco è diffusa: la gente ci passa il tempo libero, occupa i prati per consumare colazioni all’aperto o anche uno spuntino nella pausa per il pranzo prima di rientrare al lavoro, vanno in bicicletta nei vialetti, corrono, fanno sport. A Vicenza non funziona così. Campo Marzo è stato abbandonato da tempo e ad usarlo non sono i vicentini, o almeno non sono i cittadini normali: restano alcuni italiani accampati sotto uno degli alberi più frondosi, perché non hanno altro domicilio stabile, rimangono gli acquirenti di droga che cercano gli spacciatori, generalmente stranieri, che in questo modo si guadagnano da vivere.
Sarà una questione di clima, sarà una questione di cultura o di abitudini, ma i vicentini nei parchi non ci vanno e comunque non ci vanno nel modo in cui lo fanno gli abitanti di tante città che vivono una cultura più anglosassone o più Nord-Europea. A Parco Querini gli unici abitanti in continuo sviluppo sono i conigli, liberati da proprietari stanchi di raccogliere palline di escrementi nelle loro case. Ci sono sporadiche apparizioni di sportivi intenti alla corsa, ma non si è mai vista la frequentazione del parco in modo stabile. I vicentini cuociono bistecche sul barbecue nel giardino della loro villetta di periferia, si trovano al ristorante piuttosto che al bar, bevono un’ombra alle spalle della piazza, portano i bimbi al parco giochi, ma i parchi non li frequentano per nulla, non li vivono.
Il modello attorno al quale dovrebbe essere costruito il Parco della Pace è notoriamente il Tempelhofer Feld di Berlino. Si tratta dell’aeroporto storico della capitale tedesca, quello che divenne famosissimo con il ponte aereo messo in piedi per rifornire la città dopo la costruzione del muro e dopo che Berlino Ovest rimase, di fatto, un’isola dentro il territorio della Repubblica Democratica Tedesca. L’aeroporto è stato chiuso nel 2008 e l’area è tornata alla città. Eppure i berlinesi erano abituati a questo luogo, dal momento che era una zona per sfilate militari e parate, prima di essere un aeroporto, e gli stessi berlinesi lo affollavano nei fine settimana molto prima che vi atterrassero gli aerei. Ora sono sei chilometri di pista ciclabile o per fare jogging, 386 ettari di spazio per grigliate all’aperto in una zona relativamente centrale, facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici – quelli che portavano all’aeroporto, appunto – e con il quale la gente ha sempre avuto familiarità.
Prendetevi un minimo di tempo e seguitemi in un piccolo giro delle città europee. Uno dei più affascinanti parchi urbani è il Vondelpark di Amsterdam: grande, pieno di laghetti e corsi d’acqua, si apre appena a sud dell’area dei musei. Non nell’area del Ring dei canali, quindi, ma in una zona centralissima e vicina alle principali attrazioni turistiche. Eppure sono i cittadini, gli abitanti, a rendere vivo quel parco. Vogliamo dare uno sguardo a Parigi? Non parliamo nemmeno della centralità assoluta dei Campi Elisi, non diciamo neppure che i giardini delle Tuileries sono collocati fra Place de la Concorde e le Piramidi del Louvre, ma certo possiamo ricordare che il Jardin de Luxembourg è incastonato dentro la città come di più non si potrebbe. Ed ecco allora che i parigini, usciti dal lavoro, si fermano sulle seggioline di legno e ferro e consumano qui la loro baguette al formaggio. Certo, potremmo dire che il Bois de Boulogne è piuttosto periferico, ma ovviamente è servito dal Metrò, ed è qui che si gioca il torneo Roland Garros. Solo per chi non lo sapesse, è a due passi dallo stadio Parco dei Principi e questo ha contribuito a creare abitudine.
Vogliamo forse chiederci dove si trovi Central Park a Manhattan, o Hyde Park a Londra?
Bene, adesso chiediamoci dove sta per sorgere il Parco della Pace a Vicenza: lungo strada Sant’Antonino, in una zona della città dove nessun vicentino ha l’abitudine di spingersi se non per andare verso Caldogno. Non è zona di transito, non è zona dove si abbia abitudine ad andare, non è un luogo e, dopo la costruzione della base americana Del Din, se possibile, è diventata un “non luogo”, un posto da frequentare ancora meno.
Ma per parlare di Parco della Pace bisogna partire dai dati concreti: lo scorso 7 giugno, a tre giorni dalle elezioni, sono stati assegnati i lavori per realizzare la zona verde ad un raggruppamento di imprese che ha Euroambiente srl come capofila: rispetto alla base d’asta di oltre nove milioni di euro, l’offerta vincente consente un ribasso di circa il 22 per cento, fermandosi intorno ai sette milioni di euro. Si tratta di utilizzare questi sette milioni di euro per trasformare un’area da oltre 600 mila metri quadrati in un parco. Ci dovranno essere piastre polivalenti per fare sport, un cono visuale sulle montagne, corsi d’acqua, alberi che dovranno crescere per sostituire la landa desolata e piatta di quello che era l’aeroporto civile e militare di Vicenza. Un luogo che non rappresenta una abitudine per i vicentini, perché in gran parte era riservata da sempre a scopi militari e alla base della Quinta Ataf dell’aeronautica militare e perché ovviamente non erano tanti nemmeno i vicentini abituati ad entrare per salire su un aereo. Erano talmente pochi i clienti anche del volo Vicenza-Roma che l’iniziativa è stata abbandonata dopo poco tempo.
Improvvisamente i vicentini si approprieranno di questo luogo, una volta che avremo speso sette milioni di euro per metterlo in piedi? Potrebbe essere, ma io sono scettico. Qualcuno aveva fatto un conto della serva, dicendo che ci vorranno trecento mila euro solo per la manutenzione del verde, lo sfalcio dell’erba. Ma ci rendiamo conto che quattro vasi di fiori collocati sui ponti di Vicenza sono stati bruciati dal sole perché nessuno aveva i soldi per andare a bagnarli con sufficiente frequenza? Ci rendiamo conto che – ogni anno – scoppiano polemiche perché non si riesce nemmeno a tagliare l’erba nelle aiuole e nelle rotatorie, tanto da rendere difficoltosa o pericolosa la circolazione? Pensiamo davvero che un parco, lasciato a se stesso, possa rimanere frequentabile dopo un paio di stagioni di incuria?
Già oggi si discute della necessità di stabilire un presidio fisso di polizia a Campo Marzo, per tentare di mettere sotto controllo i problemi di piccola criminalità e di spaccio. Al Parco della Pace cosa dovremmo inventarci? Le giubbe rosse e le guardie a cavallo?
In conclusione, il timore non del tutto infondato è che si spendano sette milioni di euro per ottenere un parco enorme, poco usato, fonte di grandissimi problemi e che i vicentini non sentiranno mai come proprio.
La nuova amministrazione propone una revisione del progetto di solo parco: qui vorrebbe realizzare una infrastruttura a servizio della protezione civile. Si pensa ad una sorta di piastra, dotata di tutti gli allacciamenti possibili, in grado di ospitare una grande tendopoli in caso di necessità e di eventi calamitosi. Posizionare questa infrastruttura dentro il parco, peraltro, avrebbe il vantaggio di indurre la protezione civile a svolgere nell’area buona parte delle sue attività di esercitazione e istruzione. Il vantaggio sarebbe quello di creare, con il tempo, l’abitudine a frequentare l’area, rendendola viva e vissuta, senza trascurare il fatto che proprio dal volontariato potrebbe arrivare quella manodopera preziosa per curare la manutenzione del parco.
Da più parti è stato anche proposto di continuare ad usare l’area come aviosuperficie, un po’ come accade a Thiene. Potrebbe essere utile per far atterrare e decollare elicotteri e piccoli aerei, utili per emergenze di carattere sanitario, ma anche per l’istruzione di chi vuole il brevetto di volo, e per l’aviazione da diporto.
Ma lo sapete come finisce davvero? Finisce che ad usare il parco saranno loro, quelli che ce lo hanno di fatto portato: gli americani. Basterà creare un varco nella recinzione della base Del Din che affacci sul parco e lasciare che gli americani facciano gli americani: prenderanno una coperta e si stenderanno nel prato, useranno il barbecue e cuoceranno Hot Dog e Hamburger, porteranno i bambini e si godranno il Parco degli Americani. Ah già, visto che qualcuno non gradisce il nome Parco della Pace, propongo proprio questo nuovo nome: Parco degli Americani.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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