22 Aprile 2024 - 9.44

Padova: quella statua della discordia

Erasmus

Mi sono chiesto spesso: perché gli alpini sono così amati dagli italiani?

Non è facile dare una risposta univoca.

Non credo perché si tratta di un corpo antico (i carabinieri furono fondati prima);  e forse neanche per la lunga penna nera sul cappello, perché,  a volerla dire tutta, sono sicuramente più coreografiche quelle che si muovono sul cappello dei bersaglieri. 

E probabilmente neanche per le leggendarie imprese compiute durante le guerre.

Io penso che paradossalmente la gente li apprezza perché li vede come persone normali, vicine, che amano marciare in parata, cantare in coro, se del caso (e lo è spesso) anche eccedere con vino e grappa. 

In parte sono percepiti come un gruppo un po’ folcloristico, composto da gente di estrazione prettamente montanara, quindi persone semplici, schiette, non amanti della guerra, ma capaci di grandi episodi di eroismo ed altruismo. 

Da non trascurare poi che gli alpini sono sempre presenti quando ci sono calamità naturali, e questo viene sicuramente apprezzato dagli italiani.

Ma la cose più belle sono forse i canti degli alpini, che più o meno conoscono tutti, e la grande adunata annuale che nessun altro reparto è mai stato capace di eguagliare. 

La verità è che chi è stato bersagliere, marinaio  ecc,  finito il servizio militare torna un civile, e non ha un particolare rapporto con il reparto, mentre chi è stato alpino resta alpino per sempre.

Detto questo, nei giorni scorsi ho seguito una vicenda che ha interessato l’Amministrazione della città di Padova, sulla quale credo sia utile fare qualche riflessione.

Sgombro subito il campo dicendo che il Sindaco Sergio Giordani, avendo capito che le polemiche all’interno delle sua Giunta avrebbero potuto creargli qualche problema ha, come si suol dire con un francesismo, “messo le p….e sul tavolo”, e ha deciso che si fa quello che dice lui, che poi è quello che era stato deliberato fin dall’inizio.

Sapete di cosa parlo?

Oppure la vicenda vi è sfuggita?

Poco male, ve la riassumo, ma con una piccola premessa.

Poche cose, in questa fase in cui l’Occidente sembra voler cancellare la sua storia ed i suoi valori, sembrano essere pericolose per la collettività come le statue, specialmente se in bronzo. 

Così, per esempio, a Milano quella raffigurante una madre che allatta un neonato (che, tra l’altro, sarebbe stata oggetto di donazione da parte della famiglia dell’artista) viene ritenuta portatrice di valori “non universalmente condivisibili” dall’apposita Commissione preposta alla valutazione e, quindi, ne viene bocciata la collocazione in luogo pubblico.

Cosa ci sia di più naturale di una madre con il suo piccolo attaccato al seno proprio non lo so!  Ma evidentemente alla cultura “gender” da fastidio anche questo gesto, forse perché lo può fare solo una donna “vera”.

A Padova invece il problema è nato sempre per una statua, però raffigurante un alpino, commissionata dal gruppo alpini di Padova e Rovigo in concomitanza con il centenario della fine della Prima guerra mondiale, da posizionare in un Parco della città.

E pensate un po’, ad un certo punto qualcuno si è accorto che l’alpino scolpito sarebbe “armato” nientemeno che con un fucile. 

Immediate le polemiche che hanno spaccato la Giunta di centro sinistra guidata dal Sindaco Giordani, con alcuni assessori contrari al posizionamento della statua in un luogo “in cui giocano i bambini”, proprio perché “armata”. 

Non so se mi sono spiegato bene; la statua alta circa due metri ritrae un alpino con la tradizionale divisa, in piedi mentre con una mano scruta l’orizzonte, e con l’altra regge il moschetto appoggiato a terra.

Prima domanda: ma a questi Amministratori è cosa ignota che gli alpini sono un corpo militare, e come tali sono naturalmente dotati di armi individuali?

Immagino lo sconcerto che tali discussioni devono aver provocato nel mondo delle penne nere, tanto da indurli a precisare: «Siamo un corpo militare e abbiamo sempre lanciato messaggi di pace, ma quello è un monumento storico e mica possiamo togliergli l’arma dell’epoca”. 

Caspita, mi sembra un ragionamento tanto logico!

Per non dire che il Veneto è pieno di statue dedicate agli alpini, ma evidentemente  la presenza di quel fucile  disturba i cosiddetti “pacifisti” padovani.

A questo punto sarebbe interessante sapere se questi “pacifisti” la volevano proprio una statua a ricordo degli alpini.

E se sì, come avrebbero voluto che l’alpino fosse ritratto; magari seduto per terra mentre gozzoviglia con un fiasco di vino in mano?

Per venire poi alle “ragioni” che hanno provocato il putiferio, vale a dire che non sta bene che dei bambini vedano un’arma, io la trovo semplicemente priva di senso.

Ma quei bambini non li vedono i nostri militari impegnati in “Strade sicure” mentre stazionano magari davanti alla stazione ferroviaria o in qualche altro punto della città, avendo ben stretto in mano un fucile mitragliatore?

Non le vedono le pattuglie dei carabinieri che fermano le auto avendo i mitra in mano?

Non consentiamo a quasi tutti i pargoli di giocare con gli smartphone con videogiochi in cui domina la violenza?

Suvvia, siamo seri!

Se vogliamo fare polemica per la polemica va bene tutto, ma per cortesia non arrampichiamoci sugli specchi, e quella del fucile esposto agli sguardi dei bambini ha proprio il sapore di una polemica strumentale.

Guardate che lo so bene che la pace è un bene da salvaguardare.

Ma non mi va bene un pacifismo che prospetti l’idea che l’agnello si consegni indifeso al lupo, che lo possa sbranare a volontà sinché la sua voracità non sarà sazia.

Non mi va bene fare la fine di Abele, offrendo l’altra guancia agli aguzzini, ai carnefici, agli uomini-bestia che scatenano le guerre, e che producono  stragi e  stupri, come quelli che abbiamo visto in questi ultimi tempi.

Per non dire che ho la sensazione che spesso si tratti di un pacifismo, come dire,  suggerito dalla politica; nel senso che vedo animi molto accesi ad invocare la pace in Ucraina e a Gaza (quindi pro Putin e contro Israele), ma afoni di fronte a guerre tragiche come quella che da anni insanguina ad esempio il Sudan.

Un pacifismo che non si pone neppure il dubbio che privare un popolo delle armi significa trasformare gli aggrediti in vittime innocenti dell’aggressore, impedire loro di difendere se stessi, i propri familiari, il proprio Paese, la propria libertà; in altre parole che la rinuncia alle armi finalizzata alla pace si chiama in realtà resa.

Se ci pensate bene non è altro che una fuga dalla realtà, da un momento storico in cui, piaccia o non piaccia, tutti gli Stati si stanno armando, e la storia ci insegna che, da che mondo è mondo, le armi prima si producono, e poi inevitabilmente si usano.

Ma se in questa situazione qualcuno a Padova si sente il cuore in pace solo perché si oppone alla statua di un alpino col fucile, va bene così.

Per quanto mi riguarda ha fatto bene il Sindaco Giordani ad imporsi, perché io credo che quella statua sia la dimostrazione   dell’attaccamento alle tradizioni e ai principi che contraddistinguono le penne nere: un bagaglio che, a mio avviso, merita di essere tramandato di generazione in generazione.

Erasmus

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