Zaia, il politico che tutti voterebbero: perché piace così tanto a destra e a sinistra?

Luca Zaia continua a godere di un consenso che in Veneto appare quasi inattaccabile. I sondaggi più recenti lo danno al 72% di fiducia personale, con quasi un elettore su due pronto a sostenere la sua lista. Non si tratta solo di un primato numerico, ma di un fenomeno politico che va oltre la Lega e oltre gli schieramenti tradizionali. Zaia piace a destra e a sinistra perché incarna un profilo raro nella politica italiana contemporanea: moderato, rassicurante, capace di unire più che dividere. Non è un uomo di rottura, ma di equilibrio; non un leader che agita gli animi, ma che li ricompone.
La sua forza sta nello stile, più che negli slogan. In una terra che dalla stagione della Democrazia Cristiana in poi ha sempre prediletto figure centriste e non divisive, Zaia ha saputo interpretare l’anima moderata dei veneti. Qui l’elettorato non ama gli estremismi, non si riconosce nei toni urlati o nella contrapposizione permanente, ma apprezza chi sa raccontare la politica con sobrietà, chi media tra interessi diversi senza spaccare il tessuto sociale. È un approccio che abbraccia il mondo operaio, quello professionale e quello imprenditoriale, restituendo l’immagine di un presidente di tutti, non di una parte. Ed è proprio in questa capacità di “parlare a tutti” che sta la radice del suo successo duraturo: Zaia non divide in categorie contrapposte, ma tiene insieme, costruendo un consenso che non si logora nello scontro quotidiano.
Non è un caso che la sua popolarità superi i confini della coalizione di centrodestra. Tra gli elettori del Partito Democratico, oltre sette su dieci dichiarano di stimarlo. Un dato sorprendente se rapportato alla polarizzazione nazionale, ma spiegabile con la capacità di Zaia di radicarsi nel territorio e di costruire una narrazione del buon governo fondata sulla concretezza amministrativa, sulla vicinanza ai problemi quotidiani, sulla chiarezza comunicativa. La sua immagine pubblica non è mai stata quella di un politico lontano, arroccato nei palazzi, ma di un presidente che “sta tra la gente”, che si muove con linguaggio semplice, diretto, e che non fa della distanza istituzionale un muro ma un ponte.
Il picco di consenso del 2020, quando raggiunse il 92% durante l’emergenza sanitaria, è stato la conferma della sua statura di leader capace di gestire momenti critici con pragmatismo e senza cadere nella retorica. In quei mesi drammatici, Zaia seppe comunicare fermezza senza generare panico, mostrando un volto rassicurante in una fase di grande incertezza. Nonostante il tempo trascorso, quell’immagine si è sedimentata nella memoria collettiva, diventando parte integrante del suo capitale politico. Eppure il suo successo non si esaurisce in quella stagione eccezionale: da allora i livelli di gradimento si sono stabilizzati sopra il 70%, a testimonianza che il suo rapporto con i cittadini è strutturale, non legato solo all’emergenza.
Oggi, a distanza di anni, quell’onda non si è esaurita. La “Lista Zaia” rappresenta un contenitore che va oltre i partiti e si affida a un rapporto diretto tra persona e cittadini. In fondo è questo il cuore del suo successo: l’idea che Zaia sia più grande della Lega, quasi un marchio autonomo, il volto di un Veneto che si riconosce in uno stile politico sobrio, concreto, vicino. È raro, in Italia, che un leader regionale diventi un simbolo a sé stante, capace di scavalcare le logiche di partito e di incarnare direttamente una comunità. Ma nel caso di Zaia è ciò che è avvenuto: la sua figura è diventata sinonimo di stabilità, continuità e pragmatismo.
I veneti, in larga parte, lo rivorrebbero ancora perché in lui vedono non solo un amministratore efficiente ma un presidente che somiglia al carattere della sua terra: poco incline ai proclami, molto alla sostanza. Il Veneto è una regione laboriosa, che predilige il fare al dire, che diffida delle ideologie troppo astratte e preferisce la politica che risolve problemi concreti. In questo senso Zaia è percepito come lo specchio fedele di un’identità collettiva: non un leader calato dall’alto, ma l’espressione naturale del territorio.
Per questo Zaia rimane, oggi come ieri, il simbolo di una politica che non divide ma tiene insieme, che non alza i toni ma costruisce fiducia. La sua figura si è trasformata in una sorta di garanzia di stabilità in tempi incerti, un punto di riferimento che supera i cicli della politica nazionale. In un’Italia abituata allo scontro permanente, il Veneto continua a scegliere la via della moderazione, e in questa scelta trova nel suo governatore un interprete perfetto. Forse sta qui la spiegazione ultima del suo consenso: Zaia non è solo un uomo di partito, ma il presidente che i veneti riconoscono come proprio, quasi al di là della politica stessa.













