Sicurezza o libertà? Perché la sinistra diffida delle leggi securitarie?

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Nei giorni scorsi alla Camera è andato in scena l’ennesimo scontro infuocato fra Maggioranza e Opposizione sul cosiddetto “Decreto Sicurezza”.
Oggi si replica al Senato, ma la strada dell’approvazione sembra segnata.
Non mi dilungherò nell’illustrazione puntuale della nuova normativa, dei nuovi reati introdotti, e degli aggravamenti di pena.
Se siete interessati li potete trovare con dovizia di particolari in Rete.
No, quello su cui mi interessa ragionare è il clima politico, piazze comprese, che ha accompagnato l’iter legislativo del decreto.
In estrema sintesi Elly Schlein, Giuseppe Conte e gli altri leader delle opposizioni hanno parlato di “emergenza democrazia”, di “ripristino del codice fascista”, di “compressione dei diritti e delle libertà”.
Parole senz’altro pesanti; ma a far infuriare particolarmente sinistra e grillini sono soprattutto le nuove norme che possono spalancare le porte del carcere a chi effettua un blocco stradale, a chi adotta la resistenza passiva, a chi cerca di fermare con proteste o violenze la costruzione di un’opera pubblica.
Ma sono sicuri i leader della gauche di avere veramente il popolo alle loro spalle?
Certo Associazioni, Sindacati, studenti e rappresentanze di M5S, Alleanza Verdi Sinistra, Partito Democratico e Rifondazione Comunista, tutti uniti nel dire no “ad una svolta autoritaria senza precedenti”, hanno manifestato a Roma promettendo al Governo di “smontare le nuove norme nelle aule di Tribunale ma anche nelle piazze”.
Francamente non è che la cosa stupisca più di tanto; parliamo di militanti e trovo naturali le loro proteste.
Ma non sarei altrettanto sicuro del sostengo del complesso dei cittadini, e questo verrebbe confermato dal noto sondaggista Antonio Noto, secondo cui la stretta penale “rende elettoralmente”, perché anche gli elettori progressisti si incazzano se devono andare al lavoro o a prendere i figli a scuola e trovano la strada bloccata da quattro ecologisti che hanno deciso di incollarsi all’asfalto come patelle, o devono partire in treno e non possono perché qualcuno protesta occupando i binari.
E veniamo quindi al problema generale della sicurezza, che tanto turba Schlein e compagnia di giro, fino al punto da arrivare a gridare al regime.
Sicurezza? Bah, che noia.
Roba da destra. Da Fascismo in doppiopetto. Repressione travestita da legalità.
Che poi – diciamolo – cosa vuoi che sia un furto in appartamento, un’aggressione in stazione, un’occupazione abusiva?
È il folklore urbano, bellezza!
Non so se ci avete mai riflettuto, ma il diritto penale, fin dalla notte dei tempi, nasce per proteggere le persone, la loro vita, ed anche i loro beni.
Certo poi ci sono anche i diritti individuali e collettivi, ma storicamente la tutela degli stessi con le norme penali è stata introdotta tutto sommato in tempi abbastanza recenti (se si lascia stare la Magna Charta, che è altra cosa, di fatto dopo l’Illuminismo).
Fra le due posizioni, quella giustizialista e quella progressista, in mezzo ci siamo noi cittadini, che inevitabilmente siamo portati a chiederci : ma davvero garantire l’ordine pubblico è diventato un gesto sovversivo? Davvero proteggere i beni e l’incolumità dei cittadini è una cosa “di destra”?
Certo si può discutere se le norme penali siano adeguate o sufficienti per arginare certi fenomeni come i femminicidi.
Certo si può discutere se risponde a verità che le norme per contrastare assalti ai cantieri delle opere pubbliche (es. Tav), o blocchi stradali o ferroviari, siano “liberticide” come sostiene certa sinistra, ma per questo c’è la Corte Costituzionale, che avrà tutto il tempo per dichiararle contrarie alla Carta, e se del caso cassarle.
Come pure non mi sfugge che molti provvedimenti securitari nascono come risposte emotive a fatti di cronaca (stupri, omicidi, rapine), cavalcate da media e politica.
La sinistra, forse a ragione non lo so, tende a leggere queste norme come strumentali, dettate cioè più dal bisogno di “dare un segnale” che da un’analisi razionale dei problemi.
Questo viene definito “populismo penale”: cioè l’uso della giustizia penale per guadagnare consenso, anche a costo di sacrificare principi liberali o costituzionali.
Ma ormai è chiaro che per certi ambienti progressisti la sicurezza è un’ossessione da borghesi, anzi, peggio: da reazionari.
C’è un’intera galassia politica che, quando sente parlare di “ordine pubblico”, reagisce come Dracula con l’aglio.
Però se per caso gli occupano il loft a Centocelle, ecco che chiamano l’amico Magistrato.
Nel frattempo, il cittadino comune – quello che vive nelle periferie, lavora, paga le tasse, non ha il bonus cultura né il reddito di cittadinanza – guarda e si domanda: “Ma io, in questo Paese, ho diritto almeno a tenere la porta di casa chiusa a chiave?”.
C’è poi un altro fattore da non trascurare; quello che una parte della sinistra distingue tra legge e giustizia.
Nel senso che secondo questo sentimento le leggi possono essere formalmente “legali” ma “ingiuste” (pensiamo alle leggi razziali o alle leggi contro i sindacati del primo ‘900).
E di conseguenza un eccesso di legalismo e repressione può allontanare dallo spirito democratico e progressista.
E a tal riguardo c’è un provvedimento previsto dal Decreto sicurezza su cui vorrei attirare la vostra attenzione; quello relativo alle occupazioni abusive delle case.
Parliamo dalla casa, il bene cui gli italiani probabilmente tengono di più, quasi fosse un bene sacrale.
Le cronache degli ultimi anni hanno palesato che le occupazioni abusive sono veri e propri atti di sciacallaggio che colpiscono soprattutto i soggetti cosiddetti “fragili” e, in particolare, le persone anzianeche, in molti casi, dopo essere state dimesse dall’ospedale, o di ritorno dalla visita ai figli, trovano la propria abitazione occupata, con la serratura della porta di ingresso sostituita. Risulta chiaro che dietro molte di queste occupazioni si nasconde un vero e proprio racket organizzato, gestito dalla criminalità, per segnalare ai soggetti malintenzionati i nominativi dei residenti in questi alloggi ed i loro spostamenti, anche temporanei, proprio ai fini dell’occupazione dell’immobile.
Vi dico la verità; magari solo per mero calcolo politico mi sarei aspettato che a sinistra si plaudisse alla nuova norma che consente il reintegro nel bene del proprietario espropriato, senza cioè dover aspettare i tempi infiniti di un processo.
Invece, a meno che mi sia sfuggito qualcosa, non ho sentito nulla.
Evidentemente si tratta di non tema che, se toccato, fa saltare sulle sedie Fratoianni e compagni.
Forse a loro pare brutto sgomberare chi si è preso una casa non sua.
Ma come: ci spiegate che “la casa è un diritto”, ma poi difendete chi le ruba? Forse perché, in fondo, il diritto alla casa è bello… purché paghi qualcun altro.
La Schlein? Silenzio radio. Forse non voleva disturbare l’ala movimentista del partito. O forse sta ancora cercando un compromesso tra la legalità e l’autogestione anarco-condominiale.
D’altronde quella è l’area politica in cui milita Ilaria Salis, la Giovanna d’Arco del diritto alla casa, un simbolo, una martire che teorizza la legittimità di occupare case non abitate.
Con questi riferimenti, con una Salis che è stata addirittura eletta all’Europarlamento, cos’altro aspettarsi?
La sicurezza, per loro, è il problema! Non la soluzione.
Intanto il Paese va avanti. Tra rapine, aggressioni e case sequestrate da abusivi, chi vive nella realtà finisce per votare quei partiti che almeno non minimizzano certi fenomeni; quelli di destra.
Che magari non saranno perfetti, che magari risolvono poco, ma magari esagerano con il ricorso alla legge penale, ma almeno non ti dicono che se ti svaligiano casa è colpa tua, perché hai avuto l’arroganza borghese di possedere qualcosa.
La verità è semplice: quando lo Stato smette di proteggere i cittadini, i cittadini cambiano lo Stato.
Anche con il voto.
E se la sinistra vuole davvero capire perché perde – ovunque in Europa, e da anni – forse dovrebbe partire anche dalle chiavi di casa.
Umberto Baldo













